Calibro 35 - Momentum, sulla strada dell’urgenza

In anteprima la recensione del nuovo album

22 Gennaio 2020

Un album come Momentum è difficile da comunicare ai fan se la band si è affermata con un preciso sound, soprattutto in Italia dove il pubblico cambia con difficoltà opinione. Ma mi fido degli ascoltatori dei Calibro 35: ritengo siano differenti perché educati alla musica di qualità, e quindi abbiano la capacità di seguire il gruppo nelle sue presenti e future evoluzioni.

Momentum è un lavoro di fatto oltre che di parola, coglie appieno l'attuale momento storico musicale, facendo sue onde e influenze che stanno cambiando la scena mondiale. Probabilmente è l’Lp più a fuoco della band milanese dai tempi delle prime uscite proprio perché si discosta da quel che son stati, parlandoci di quel che saranno, innovano radicalmente la loro storia. Le vibes da poliziottesco, sia chiaro, nelle intercapedini del suono rimangono, ma sono inacidite, coagulate come lo sporco che esce da ognuno di noi davanti ai moderni repentini mutamenti. Fraseggia sull’umanità per esorcizzare questo lato oscuro, e nel lato jazz si respira l’atmosfera lacustre dei Portico Quartet di Isla.

Le tracce urban prendono a mano libera da quanto elaborato da Dilla, Madlib, unito ai sapori mediterranei di Fid Mella e Godblesscomputers. Diventa un rap che strizza l'occhio a quel movimento squisitamente statunitense (e capace di far numeri) promosso da Lamar, J Cole e Freddie Gibbs. Rap acculturato, se vogliamo usare questo termine, ma che non si dimentica delle origini street, legate alla strada. Così in un cerchio che si chiude torniamo alle stesse vie polverose, sporche, criminali, urbane ma ricche di tempesta ed impeto dei Poliziotteschi, come se per tutti gli artisti citati fosse l'asfalto il sommo capo a cui riferirsi lasciandosi guidare senza certezze.

L'ambiente è importante e la parte digitalizzante non manca di essere inserita nella discussione con la sorprendente Fail It Till You Make It, secondo singolo estratto ma vero brano rappresentativo dell'intera struttura geometrica di Momentum, tanto audace che pare di ascoltare i Justice di Civilization immersi in una densissima jam con un Isaac Hayes d'annata. Riferimenti troppo azzardi? No, perché se da una parte i Calibro hanno saputo fare del loro eclettismo cifra qualitativa riconosciuta nel mondo black, venendo campionati da pesi massimi, le citazioni sono utili a far scoprire al pubblico altri mondi e dimostrare le ispirazioni siano ponderate e affinate a dovere.

Qui arriviamo al motivo per cui la band può essere considerata avanguardia e metro di paragone con quanto nel Bel Paese venga musicato nei rami dell'eccellenza: il suono parla per loro, e quando la parola scorre sopra gli strumenti diventa essa stessa strumento. Le canzoni fanno immaginare giornate spese a camminare sui marciapiedi, intrisi di caffè nei bar, diggin' nei negozi di dischi; ricordano le corse fatte per essere puntuali al lavoro, la fatica di stare fino a tardi a sbrigare pratiche e i soldi guadagnati e spesi; spesi per quel live, quel disco, quella serata a prendersi una sbronza colossale; i minuti scorsi in tram fra neon baluginati slavati e sacrestie di persone in cui non ti riconosci; nelle cene di piccoli gruppi inconsistenti in bar di provincia con le spine a mezz’asta ma che sono la tua famiglia; lo stremare a fine diretta delle uggiose domeniche di dicembre svuoti di energia e pieni di essenza; la città che non dorme e sotto sempre ribolle esagitata, zampilli di lava, insonne, senza nessun culto se non quello dell'urgenza del bisogno di esserci per creare. L'orizzonte scrutato oltre l'oscurità delle viscere domicili notturni.

 
 
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