Il Buio, "La Città Appesa" - Recensione

Il rock racconta ancora la contemporaneità

16 Novembre 2019

Un album del genere è un disco coraggioso. Un album che va ben oltre tutta la poltiglia che oggi viene definite musica indipendente, musica che in verità è solamente un’operazione di marketing per unire la patina dei progetti pop a quella dei prodotti pop. Una scrittura che ancora una volta ha perso la sua sincerità e freschezza per finire nel calderone sole-cuore-amore. Musica per finti alternativi destinati solo a cazzeggiare, a darsi finte arie culturalmente impegnate e basate su un perenne struggimento bohemien tratteggiante arie vissute. Una perpetua “pressammale” fiacca e superficiale.

“Figli del sistema, vittime devote alla produzione e al consumo, al sacrificio dei sogni”.

Questa è parte del testo di Tetano, terza canzone del nuovo album de Il Buio che torna dopo svariati anni sulla scena con un lavoro denso, sentito, autentico. Un disco forte, diretto, potente nelle liriche quanto nel suono.

La Città Appesa si può dire sia la media descrizione di una media città italiana, di una media città veneta (regione del gruppo) dove l’urbanizzazione è metafora per le parole alienamento, solitudine, vuoto, rabbia sommessa e rapacità di intenzioni.

“Si annegano pensieri ogni venerdì / La felicità è una proiezione chiusa in un frame / Le case ammassate condividono un silenzio assordante / Una città che non sa cogliere non sa cambiare, rigenera i propri mostri e li lascia invecchiare”, così raccontano nella Title Track, dando bene idea del tema che lega (forse) tutte i vari pezzi di questo Lp: la condizione dell’essere umano moderno. Dell’essere umani digitalizzati e divisi da forme di comunicazione che per assurdo portano all’incomunicabilità. Ed è per ciò che questa esatta musica è veramente indipendente, alternativa, perché ridà senso e centralità alle parole, alla condivisione di esse tramite una forma di espressione artistica che si pone in netto contrasto con le attitudini dominanti. Se nel precedente L’Oceano Quieto (2013) si dava cifra del nero che sgorga del vivere quotidiano di ognuno di noi, dalle brutture che i nostri occhi imprimono sulle nostre memorie, nel nuovo operato si espande la narrazione a un insieme di luoghi e flussi homo sapiens; ad una civiltà che forse ha perso le sue energie (o le sta perdendo) collettive.

La Città Appesa non è un album fatto per continuare semplicemente a fare musica, è un disco che nasce da una serie di urgenze che si percepiscono a pelle ascoltandolo, uno struggimento molto blues per un disco di rock oggi verà rarità. Un disco che non dimentica di curare il sound come fanno certi cantautori tutto testo e poca musica, ma che nei crescendo d’intensità, nelle esplosioni energiche coinvolge per i suonie nelle parti strumentali continua a raccontare quanto detto precedentemente.

Possiamo continuare ad ascoltare solamente prodotti del marketing, oppure darci al senso dell’arte più puro e ruvido: l’ascoltare l’urgenza comunicativa di un altro o altri esseri umani che hanno bisogno di note e strumenti per farlo e dare maggiore senso al processo.

“Nonostante la pioggia battente”

Consigliato a chi: vuole smetterla con le cazzate e ascoltare finalmente una band che racconta l’attualità come si deve, assieme ad uno sguardo al futuro prossimo.

Ascolta l'album!

 
 
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