Report workshop sulle autoproduzioni video al Supersound

Faenza, domenica 25 settembre 2011

27 Settembre 2011
 - Pier

La domenica mattina al Supersound di Faenza è momento di discussione e confronto. Tra gli innumerevoli workshops presenti, sulla letteratura da ebook, sull’autoproduzione musicale, sui festival ecosostenibili, uno in particolare attira la mia attenzione, vista soprattutto la virata di Sherwood degli ultimi periodi.  
Si tratta del workshop sulle auto produzioni video organizzato da 45 Giri Film, che vede la partecipazione di Carlo Strata, filmaker attivo nella produzione di video clip ed Antonio Martino documentarista.
L’intervento di Carlo comincia con una panoramica sulla produzione dei video clip dagli anni 90, momento di picco per tali produzioni, e giunge ai nostri anni, che come sempre sembrano un disastro totale in termini di produzione. Causa principale è chiaramente la possibilità di condividere musica sulle piattaforme web, che ha tolto parte del sostegno economico alla produzione discografica e video.
Carlo Strata mostra alcune sue produzioni, dal video musicale a basso costo al costosissimo video clip da emmeTV. Tra le produzioni low budget uno in particolare attira la nostra attenzione: la band si chiama(va) Dejligt ed il titolo del singolo è Chop Chop (Brighton Grove).

La particolarità è la costruzione di un set cinematografico all’interno di uno scatolone, sufficientemente grande per contenere una gabbia con un canarino, un computer, una bottiglia di vino il tutto ben incollato e fissato ad uno spiedo, utilizzato per far roteare il set durante le riprese. Veramente ingegnoso e quasi senza prezzo!
L’intervento di Antonio Martino sembra invece glorificare la condivisione internet di musica, ma soprattutto di software per montaggio video. Ma la sua carriera è fuori dagli schemi produttivi di Strata.
Martino incarna la figura del regista-fonico-montatore-direttore della fotografia, un “fai da te” a tutto tondo che mette la tecnologia a disposizione di inchieste sociali. Più volte braccato dalla polizia a riprendere momenti scomodi ed arrestato, in luoghi come Chernobyl o nei sobborghi romeni e serbi. Glorifica i nuovi smart phone, perché provvisti di “buone” telecamere in grado di riprendere attimi di vita reale e in tempi rapidissimi di condividerli in internet.
Tra i suoi lavori, quello nei campi profughi nel Sahara, totalmente girato senza troupe nel deserto dell’Africa settentrionale, il titolo è “Fatma Aba-ad. Come ho imparato ad amare i Saharawi”.  Il modo con cui Antonio Martino lavora, a mio parere, è paragonabile a quello degli antropologi di prima generazione, quel metodo di “osservazione partecipante” che necessita della viva voce di un informatore, incontrato nel suo ambiente, registrandone volto e voce.

 
 

Link utili:
Carlo Strata
Antonio Martino
45 giri film

 
 
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