La crepa in basso a sinistra

pensieri sparsi su zapatismo e zapaturismo

5 Ottobre 2018

La polemica #dibattistafueraya che tanto ha fatto discutere i social nei giorni scorsi, dopo il reportage sullo zapatismo pieno di inesattezze e falsità dell'esponente del movimento Cinque Stelle, mi ha impressionato. E mi ha confermato che sempre più spesso si parla e si urla senza avere l'umiltà di conoscere l'argomento in discussione.

Non mi spaventa il dibattito, ma i toni arroganti e l'ignoranza. Sono abituato alle continue discussioni perché anche se adesso, quando non lavoro, sto a pensare alla famiglia e nel poco tempo che mi rimane a giocare con le parole ed il suono, per almeno una ventina di anni ho fatto militanza politica. A sinistra, nei movimenti di base, no global, contro la guerra, nei centri sociali, nei comitati ambientali. E ho imparato soprattutto una cosa da quell'esperienza: che la democrazia è una rottura. Per prendere una decisione devi discutere, poi discutere ancora, e ancora. Fino allo sfinimento. E devi sopportare le chiacchiere degli imbecilli e di quelli che fino a ieri ti davano dell'imbecille. Si perde un sacco di tempo e non è detto che passino le idee migliori, ma non c'è alternativa. Si urla, ci si scazza ed incazza e ci si prendono anche lunghe pause di riflessione fino alla prossima discussione. E poi si ricomincia fino a trovare la decisione migliore. Con lo zapatismo tutto questo è amplificato ancor di più. Ma lì si impara a discutere con lentezza sensuale, con la saggezza di chi ha visto molto, non dimentica niente, ma guarda le cose ancora con umiltà e innocente curiosità.

Nella Selva Lacandona si impara il pregio del silenzio, del saper aspettare, del camminar domandando, ovvero l'opposto di quello che succede nel cancan dei social. Perché a volte il silenzio serve ad ascoltare meglio.

“Shh, l’avete sentito? È il suono di una crepa che si apre in basso a sinistra.”

E tutto il rumore che fate non fermerà la fessura che si apre nel vostro arrogante muro di rancore e di odio.

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Dedicato agli zapaturisti

Mentre uscivamo dalla Selva Lacandona un vecchio Maya, guardando una costruzione in cemento sita ai margini della foresta, mi disse: “Come hanno ritagliato male il cielo qui”. Lo guardai perplesso, poi capii: il cielo è bene comune, quella costruzione è privata e ci priva. Ci priva di un spicchio di cielo. Poi aggiunse: “Per rimediare potremmo disegnare su quella parete la continuazione del cielo. Magari un cielo che contenga molti spicchi di cielo”.
Dopo averlo disegnato e mentre lo osservavamo soddisfati come se avessimo rimarginato una ferita passò un viaggiatore curioso che esclamò: “Che bel muro!”. Entrambi lo fissammo in malo modo e ribattemmo: “Che bel cielo vorrai dire”.

ps) in cielo le stelle sono infinitamente più di 5

 
 

Link utili :

Sta rottura de cojoni degli zapaturisti

note a margine su zapaturismo, selfie e strumentalizzazioni

Se la coca cola nei caracol zapatisti fa più notizia dei morti in mare

 
 

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