L’impercettibile profondità dell’esistenza

intervista a Daniele Bogon in arte Alley - a cura di Mirco Salvadori

1 Ottobre 2018

Tornano gli incontri padovani della rassegna Strategie Oblique in quel del Neo a Padova. Per gli appuntamenti autunnali e invernali Giuliana Placanica, curatrice artistica della rassegna, ha già programmato una serie di nomi chiave, sound artists che contribuiscono a mantenere attiva la scena italiana dedicata alla ricerca indipendente in area elettronica. Tra questi anche Daniele Bogon in arte Alley con il quale abbiamo scambiato questa interessante chiaccherata prima del suo intenso liveset.

Io partirei dal frame video che subito si nota sulla tua pagina ufficiale Facebook. Un’immagine che dice molte cose. Dopo aver spiegato cos’é – per chi magari non l’ha mai vista – vorresti descriverci ciò che sembra esprimere, ovvero l’essenza dell’immobile mobilità nella quale agisci.

L’immagine è un estratto del teaser che anticipava l’uscita del disco; nel dettaglio, si tratta dell’isola di Vulcano (Eolie, Sicilia) ripresa dalla terra ferma in slow motion in una giornata invernale.
Nel video, vi è il contrasto tra l’immobilità dell’isola e la quasi impercettibile mobilità delle onde; può capitare di sentirsi talvolta immobili come l’isola, ma osservando bene tutto intorno a noi continua a scorrere. L’ immobile mobilità è proprio questo, è il percepire oltre le nostre sensazioni che nulla rimane esattamente fermo, nulla persiste nella forma in cui è, nemmeno noi. Quando i nostri corpi (fisico ed energetico) vanno al passo dello scorrere “immobile” di quello che ci circonda allora nulla ci sembra davvero fermo e riusciamo ad esperire un senso di completezza profondo. E quando ci riusciamo, vediamo che dietro all’unica immagine che abbiamo sempre visto ci sono altre realtà che non avevamo mai considerato.

Come mai la scelta del suono neo-classico su base ambient piuttosto di altri ben presenti nella tavolozza di colori elettronici che abitualmente popolano il nostro ascolto.

Da un lato troviamo il fascino che la musica ambient ha sempre avuto su di me. Ho un profondo rispetto per quel tipo di sonorità, oserei dire un approccio sacro nel trattare determinate frequenze. Sono suoni che a mio avviso hanno più di un elemento di connessione con una dimensione “altra”, più profonda ed elevata.
Dall’altro lato c’è una componente di bellezza ed eleganza che ritrovo nel neo-classicismo musicale con il suono del pianoforte e degli archi che rieduca il nostro orecchio al bello e trovo che sia una pratica molto importante che ha effetti su diversi aspetti della nostra esistenza.

Cosa serbi tra le tue note, reale malessere ammorbito dalla lentezza ondivaga del suono o il classico e romantico (e pronunciamolo senza timore alcuno questo vocabolo) spleen.

Forse entrambe le cose, non saprei dirti con esattezza. Quello che posso dirti è che sicuramente nella fase di scrittura di un brano, il mio “sistema” (ovvero l’insieme di tutto ciò che in qualche modo mi definisce) agisce e reagisce verso il suono e il brano al quale sto lavorando e viceversa.
Credo anche che quello che c’è tra le mie note (e quindi anche i silenzi) non sia nascosto, ma al contrario rivelato. È una sostanza che arriva all’ascoltatore, bypassa i 5 sensi e crea risonanza con il suo essere, così come arriva a me nel momento in cui scrivo un brano o disegno un suono. Se vogliamo è il trasferimento di un’esperienza: prima arriva a me e poi a chi ascolta.

17 é il titolo del tuo primo album licenziato per Niafunken / New Model Label. Approfondiamo con calma, grazie.

17 è il numero della mia vita (nel vero senso della parola, è il giorno del mio compleanno!). Scherzi a parte, è un numero che ha sempre segnato le esperienze significative della mia vita. Al di là del significato simbolico del numero (di cui potremmo parlarne per ore), mi piaceva l’idea di dare un titolo che fosse prima di tutto un simbolo, che andasse oltre le lingue parlate e comunicasse in modo diretto e su diversi livelli. Non mi sono mai chiesto se andasse pronunciato in italiano, inglese o altro, è sempre stato un simbolo, fin da subito.

Fin dalla copertina che raffigura un grosso masso, forse un meteorite, si percepisce come una sorta di materialità legata all’essenza, profondità e al contempo spazialità del suono. Parliamone.

La pietra è un’immagine diretta, arriva subito, lascia poco scampo, forse spiazza anche un po’, mi piace molto; è estremamente materica, mi riporta alla base, alle origini, ad un punto zero. Allo stesso tempo è anche un ponte simbolico perché contiene gli stessi elementi chimici del corpo umano ma anche dei pianeti, delle stelle e dei corpi celesti. È la base, è il primo piano di esistenza, è struttura, è sostegno. Trovo che l’artwork esprima pienamente l’essenza di questo disco, essendo la sintesi perfetta tra la matericità della pietra così solida, pesante e concreta e il suo sfondo, una campitura cerulea che la porta ad un livello di astrazione metafisica. Tutto questo si ritrova nei brani dove l’elettronica più sofisticata abbraccia i suoni più concreti degli strumenti acustici.

Esiste un link (forse io amo pensare esista) tra lo splendido “noise” creato dalla tua band, i White Mega Giant, e la calma trasognata o finta tale che diffondi nel tuo lavoro

Musicalmente parlando non direi, non così evidente. Sicuramente rimane la radice strumentale ma in 17 trova un’altra soluzione. Anche nell’uso dei sintetizzatori (forse unico vero link se consideriamo lo strumento in sé) c’è stato un approccio differente fin dall’inizio della stesura del disco.

Non solo suono, mi verrebbe da dire guardando i visuals che ti accompagnano nel live. Sembra siano suddivisi in categorie: linguaggio e pensiero, insetti, animali, esseri umani, numeri, il tutto raffigurato con uno stile ben definito che profuma di grafica fine ottocentesca. Sveliamo il lato visivo di Alley.

L’aspetto visivo è importante tanto quanto quello sonoro. Per me le due cose vanno di pari passo, devono incontrarsi fino a fondersi in una cosa unica.
Riceviamo tantissime informazioni attraverso gli occhi e le orecchie, molte più di quelle che non pensiamo.
La divisione in categorie che hai notato è corretta. Il concetto che sta alla base del lavoro grafico è la rappresentazione di come ogni cosa sia interconnessa, dal minerale all’assoluto.
I visuals raccontano questa storia con il linguaggio delle stampe dal sapore vittoriano, un sapore curioso, scientifico, indagatore e a volte macabro. Questo mondo fatto di stampe antiche, viene vivificato attraverso l’uso di sfondi e texture digitali; in un certo senso è la stessa cosa che avviene con la musica, solo in chiave visiva.
La grafica nasce dal lavoro della designer Valeria Salvo, che ha saputo perfettamente tradurre in immagini le idee che volevo esprimere.

So che operi anche con altre realtà artistiche. Parlacene.

Si, recentemente ho avuto il piacere di collaborare con il Collettivo Flock, un’esperienza davvero bella sia dal punto di vista artistico che umano. Abbiamo realizzato l’opera ambientale “Osmosi”, un’installazione che ha preso vita all’interno dell’evento da loro organizzato “Discontinuo – an open studio” a Barcellona P.G. (ME).
Il confronto con artisti che lavorano in ambiti diversi è coinvolgente ed è un’occasione mettersi alla prova.
Inoltre, un’installazione ambientale rende ancora più evidente come il suono e l’aspetto visivo messi insieme possano creare un’esperienza profonda per chi la vive.
Oggi ci sono moltissimi strumenti per creare queste forme d’arte; è una materia che mi affascina molto e credo possa essere terreno fertile per le mie prossime sperimentazioni.

Cosa vuoi condividere durante i tuoi, per altro coinvolgenti, liveset

Ti ringrazio del “coinvolgenti” lo prendo come un bellissimo complimento. L’idea è proprio quella di portare il pubblico in uno stato diverso, una dimensione diversa fatta di intuizione, ispirazione e informazione; un tuffo nell’assoluto. O almeno, mi piace pensare sia così.

Domanda ‘intima’: cosa nasconde Alley tra le pieghe del suo suono, un segreto, qualcosa che vorrebbe dire ma é troppo pudico per farlo?

Permettimi di rispondere con una frase presente nei visuals del mio live: nell’impercettibilità dell’esistenza si manifesta l’anima.

Cosa vorrai fare e vedere e creare nella tua corsa verso il domani

Nessuna corsa verso il domani ma un percorso fatto di ascolti, in tutti i sensi.

 
 

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