Fuoricampo

Pensieri sparsi di un disertore

15 Luglio 2018

Ho pensato mille volte di abbandonare i social, Facebook in primis, perché riducono il pensiero in poltiglia, perché estendono all’intero pianeta le porcherie che prima erano dette nei bar di paese. Poi desisto e li diserto a tempo, mi metto fuori campo per qualche periodo, ritornandoci solo per spargerci dentro alcuni pensieri o deliri. Così, per esorcizzare, almeno nella mia mente, gli abissi di immiserimento umano che Facebook & compagnia hanno spalancato.

Forse frequento troppo questo “non luogo”
dove ci sono ormai troppe cose che non sopporto
e per cominciare a fare una lista
partirei con quelle che finiscono in “ista”
aborro il fascista e il leghista,
ma mi infastidisce anche chi si proclama comunista
sospetto sempre sia un opportunista
come quello che si autodefinisce artista
poi c’è chi non è né di destra né di sinistra
io lo chiamerei semplicemente qualunquista
per non parlare dell’integralista
e non parlo solamente di religione
ma anche di chi nascosto dietro la tastiera
mi fa la morale anche stasera
perché preferisco l’incertezza del futuro
alla certezza di un passato già sicuro

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CAPIRE BENE LA GENTE NON È VIVERE

SCENA 1 (qualche tempo fa): arriva nel mio ufficio un corriere con un pacco che aspettavo con trepidazione: conteneva alcuni libri che non vedevo l'ora di leggere. Il ragazzo della BRT mentre mi consegna il plico chiede delle info sull'indirizzo della sua prossima consegna e mi osserva mentre estraggo il contenuto, «è in fondo alla strada a destra» rispondo.
Mi ringrazia e si complimenta per l'acquisto: «Capolavoro “La macchia umana”, l'ho letto in lingua originale».
«Beato te che conosci l'inglese così bene, da dove arrivi?»
«Dal Gambia»

SCENA 2 (oggi) sento schiamazzi nel piazzale dello stabilimento dove lavoro, esco per capire cosa succede. Tre miei colleghi stanno urlando ad un ragazzo che ha parcheggiato il furgone leggermente fuori delle strisce e lui li manda a quel paese. Di contro le urla diventano di stampo razzista: « torna a casa tua negro, ignorante, bastardo!» Mi avvicino e riconosco il ragazzo del Gambia mentre si sta allontanando, allora chiedo ai miei tre colleghi: «Sapete chi è Philip Roth?». Mi rispondono con tre No incazzati.

FINE DELLA STORIA

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SONO UNO SMEMORATO

Ho scoperto una cosa seria: mi dimentico le cose.
Sono uno smemorato cronico.
Sono uno smemorato che si dimentica di essere “radical chic” ogni mattina alle 6 (da oltre 30 anni) quando mi alzo per andare a procurarmi un reddito.
Sono uno smemorato che si dimentica di essere “buonista” visto che spesso desidero di vedervi tutti ridotti in povertà, ma poveri davvero. Non quel tipo di poveri che già siete, non poveri con la mercedes fuori in cortile e la miseria dentro.
Sono uno smemorato perché dopo decine di anni da militante per i diritti delle persone e dell’ambiente e contro qualsiasi governo si sia succeduto non ne ricordo uno peggiore di questo.
Sono uno smemorato che si dimentica del fiume di cattiveria che sento ogni santo giorno quando rientro la sera e rivedo la vita negli occhi curiosi di mio figlio.
Sono uno smemorato che si sforza di non dimenticare che una vita degna è diritto di tutti.
Sono uno smemorato che si sforza di portarsi dentro quella memoria ereditata che spesso sembra sia stata dimenticata.

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SONO UN NAUFRAGO

Ho sempre parlato poco e in certi frangenti amo la solitudine e l’introspezione, però non mi sono mai sentito così chiuso e introverso come ora.
Perché?
Quando mi sforzo di socializzare con “la gente” ho spesso la sensazione che la cattiveria sia diventata ormai “una forma mentis”. Si parla di assassinare il prossimo come si parlasse del meteo: si dice “basta buonismo”, “li ammazzerei tutti”, “lascia che anneghino”… come si dicesse “domani piove” o “ci sarà temporale”.
Così invece di interagire frequentemente me ne sto in disparte, apro il mio taccuino e scrivo, annoto sensazioni, così, per evadere dalla socializzazione obbligatoria che spesso la vita ti impone. Evadere non per qualche forma di venerazione per il silenzio o per la parola scritta, ma perché provo vergogna per come, in molti casi, si può trasformare l’animale umano.
Scrivere, e poco importa se bene o male, è diventato un po’ come mettere le cuffie, un modo per isolarmi, per non sentire. Anche se quando alzo gli occhi mi rendo conto che sono solo un naufrago che tenta affannosamente di aggrapparsi ad un salvagente disperso in questo terribile mare che tanto poi bisognerà affrontare.
Fine della pausa, vado.
Coraggio

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SONO FUORI DAL TEMPO

“ se dici sempre la verità prima o poi ti smascherano” cit.

In un batter d’occhi.
A volte capita proprio così.
Nel tempo infinitesimale/infinito di un batter di ciglia all’improvviso capisci.
Che non hai tempo perché sei fuori dal tempo.
Ne perdi troppo ad analizzare, a filtrare, a comprendere
e finisci per non stare a tempo con i tempi.
Vuoi essere sempre sicuro di ciò che fai, dici e scrivi
ed invece, oggi, dovresti imparare a non provar vergogna ad essere semplicemente qualunquista e dire falsità e faziosità.
Sei fuori dal tempo perché hai una cassetta degli attrezzi così pesante da portare
che ti sfinisce stare a discutere, postare, twittare e non vedi l’ora di staccare.
E in un batter d’occhi, appunto,
nel momento in cui la palpebra copre l’iride ed oscura la pupilla,
riesci finalmente a separare il fluire dal capire
e a ritrovare il movimento, il “Rapid Eyes Movement” bloccandoli,
per recuperare il tempo di tornare a sognare una diversa realtà
anche nel tempo della “post verità”.

 
 

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