Rituali cosmici

intervista a cura di Mirco Salvadori al duo qqqØqqq

17 Aprile 2018

Giungo da ere remote, tempi nei quali la chitarra era l’unico strumento capace di smuovere l’animo, con solerte assiduità tento di mantenere viva la spinta che da sempre mi pone avanti rispetto quanto succede lungo i vasti territori percorsi dal suono. Uno dei modi migliori per mantenere intatta la mia curiosità e l’inesauribile voglia di scoperta, è il contatto con i giovani soundartists, uno scambio impagabile di esperienze che aiutano a capire quanto e come è cambiato, cambia e probabilmente cambierà l’approccio al suono di contenuto.
Questo è il resoconto dell’incontro avvenuto presso l’Associazione Culturale NEO di Padova, nell’ambito di Strategie Oblique, rassegna curata da Giuliana Placanica che indaga lungo i territori poco battuti del suono di confine.

Da quale bisogno è nato il progetto del duo qqqØqqq

Tommaso: Non è stato un vero e proprio bisogno o una necessità premeditata, il progetto si è disegnato da solo. Abbiamo iniziato a suonare, quasi come se per entrambi fosse arrivato il momento nella nostra carriera musicale di coniugare le sonorità che ci rappresentano.
Inoltre io e Carlo ci conosciamo dai tempi in cui Myspace la faceva da padrone ma all’epoca non abbiamo mai avuto modo di vederci di persona, è stata un po’ anche una possibilità per concretizzare un incontro e iniziare a lavorare ad un progetto assieme.

Carlo: Penso sia nato da bisogni nascosti individuali. Per me è stato un piccolo passo per riprendere ad uscire di casa, tra le altre cose. Come detto da Tommaso, io e lui non ci eravamo mai visti di persona. Conoscerlo e suonarci assieme mi ha aiutato molto. Il resto lo ha già raccontato lui.

Al centro delle lettere che compongono il vostro nome c’è uno zero barrato: l’assenza. Parliamone

Tommaso: L’assenza è una caratteristica fondamentale di ciascuno di noi, il classico “vuoto da colmare” che alberga in ognuno. Il simbolo che compone il nostro nome può indicarne anche l’assenza di un modo per pronunciarlo.

Carlo: Quando ho pensato al simbolo dell'insieme vuoto, pur sapendo quanto fosse abusato in ambito musicale fra titoli di canzoni e nomi di gruppi, ho deciso di intenderlo in maniera un po' sardonica e malinconica. Ho interpretato il termine "insieme" non dal punto di vista matematico, ma relazionale, quindi come "stare insieme". Accostando quest'accezione alla parola "vuoto" l'idea era
di riferirsi al vuoto interiore che si prova anche stando, appunto, "insieme" ad altre persone.

Live electronics, chitarra, effetti e… un flauto traverso

Tommaso: La collaborazione con Alessandra (Zyklus) all’interno del nostro album è nata quando ho ospitato gli Ice Pick (altro suo gruppo) a suonare ad una serata che organizzai a Marghera; mi ha entusiasmato il suono del suo strumento. Il flauto è un elemento che richiama una sonorità più “antica” rispetto alla forte componente elettronica delle nostre tracce. E’ stato molto bello lavorare con lei, ne è nata davvero una forte amicizia.

Carlo: Alessandra è una persona a cui siamo fortemente legati, sia umanamente che musicalmente. Il suo flauto nel nostro brano è un canto consolatorio, uno sbuffo di vento. È leggerezza che eleva e ridimensiona i pesi di ciascuno.

Qual è stato il vostro incontro con il genere rock e come è cambiato nel corso del tempo il vostro rapporto nei suoi confronti. Mi spiego, lo avete sempre vissuto come una modalità sonora scontata, da cavalcare seguendo comunque il suo andamento o cercate di coniugarlo con linguaggi diversi, non scontati.

Tommaso: A dirla tutta non abbiamo mai avuto un distinto obiettivo di voler affermare un genere per il nostro progetto; certo ci siamo concentrati su sonorità maggiormente ambientali, viste anche le passate esperienze di ciascuno. Le influenze rock/post-rock nel nostro suono credo derivino più dalle capacità tecniche e mentali di Carlo e di come abbia incastrato certi giri di chitarra piuttosto che altri.

Carlo: Personalmente non mi è mai interessato un genere in particolare. Direi che le influenze derivanti dal rock siano più una casualità che un'intenzione. Se dovessi menzionare un genere derivante dal rock a cui sono particolarmente legato direi che si tratta di quel mare di merda che è il black metal, ma sono piuttosto schizzinoso a riguardo. Secondo me tra l'altro è qualcosa che emerge ascoltando ciò che facciamo, pur essendo molto velato.

Quanto conta nel vostro suono la componente elettronica e perché avete sentito il bisogno di inserirla nelle vostre tracce

Tommaso: L’elettronica è uno stile musicale che mi ha sempre appassionato, è completamente libera da schemi e si può stendere su qualsiasi forma sonora. Sono un po’ profano dell’elettronica di composizione più classica e personalmente idolatro i suoni eterei. L’elettronica che esce dai miei strumenti è entrata subito in sintonia con le chitarre riverberate di Carlo.

Carlo: Ciò che suoniamo è frutto dell'unione delle cose che più rappresentavano ciascuno di noi. Il progetto è nato con l'elettronica, non è stato qualcosa di deciso a posteriori. Non è escluso che in futuro questa cosa cambierà (sia dal punto di vista dell'elettronica che della chitarra). In passato è già parzialmente avvenuto con un set acustico che prima o poi registreremo.

Quando componete cercate di mantenervi lontano da modelli conosciuti o avete dei riferimenti costanti per voi irrinunciabili

Tommaso: Io sono appassionato di musica dub e roots, cerco di dare delle sfumature simili per i suoni bassi e in alcune percussioni, con tutti i limiti tecnici degli strumenti. La dub è un po la musica psichedelica dei neri, la nostra musica non è dub, però un velato riferimento al genere cerco di infilarlo in ogni traccia, credo che aumenti l’effetto trascendenza.

Carlo: Sono estremamente legato a musica che riesca ad evocare un senso di intimità, solitudine, malinconia e silenzio. Ovviamente non ricerco esclusivamente questo, ma diciamo che sono le sensazioni che più sento risuonare in me.

Se pronuncio le parole Slow Trip, come le traducete, una volta applicate al vostro suono.

Tommaso: Lento e ripetitivo.

Carlo: Tommaso mi ha rubato le parole di tastiera. Fun fact: “lento e ripetitivo” è l’esatta espressione che usammo in sala prove col primo gruppo che ebbi a 15 anni per descrivere un po’ una mia tendenza nell’inventare giri di chitarra e nella resa dei pezzi.

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Una delle componenti fondamentali del viaggio è l’immaginazione che in voi si manifesta attraverso l’uso massiccio della miscela psichedelica. Perché questa scelta e quale sogno intendete narrare a chi vi ascolta.

Tommaso: Credo che questo aiuti molto a distaccarci dalla realtà oggettiva e di trovare una soggettività condivisa in quello che stiamo suonando, la cui unica diversità è il tipo di strumento che abbiamo per le mani. Il sound di ciascuno è personale ma funge da buon collante per l’altro.
Non so se ci sia una volontà narrativa, il nostro è più un coinvolgimento rivolto alla percezione dei suoni. Forse il concetto è più concreto di quanto possiamo credere.

Carlo: Mi piace pensare che una persona che ci ascolta possa trovare uno spazio in cui rifugiarsi dal mondo per riprendere fiato. Il fatto che il suono sia avvolgente e ripetitivo ha innanzitutto su di noi un effetto rasserenante. La malinconia invece spero possa incanalare una catarsi.

Parliamo del vostro ultimo lavoro

Tommaso: E’ stato composto e registrato in un tempo relativamente breve. Il lavoro più lungo sono stati la ricerca dei suoni e il reperimento dei campioni per la parte elettronica. Abbiamo sentito la necessità di dare una definizione più chiara ai nostri suoni dopo i primi ep “Insect’s Ritual” e “Cosmic Ritual”.

Carlo: Il disco è stato registrato al Velvet Recording Studio di Mestre (VE) da Luca Castellaro, con cui eravamo già amici e che ci ha seguiti con cura durante il travaglio. Abbiamo poi coinvolto la già citata Alessandra, con cui era nato da tempo lo scheletro del brano suonato assieme, e il Mostro H!U per l’ultimo pezzo del disco. Di Alessandra e dei suoi progetti abbiamo già detto e ribadiamo quanto ci piacciano, perciò vorrei sottolineare quanto apprezziamo anche quelli che coinvolgono il suddetto Mostro menzionato e cioè H!U e Ruina. Ci tengo particolarmente ad evidenziare il fatto che il nostro gusto esuli dall’amicizia che ci lega loro e che perciò vada preso sul serio e non come una posizione “di parte”.
Hanno poi contribuito al comparto grafico Martina Reggianini e Silvia Kuro, quest’ultima attiva anche musicalmente col progetto neofolk Murmur Mori; anche in questo caso, non me ne volere, ma consiglio vivamente di ascoltarli perché hanno moltissimo da dire e da dare.

Brani tipo “I perceive the peak so clearly...” tratto da questo disco, hanno le caratteristiche di racconti onirici, forse esoterici, avvolti nella dolcezza della malinconia. A che distanza vi tenete dalla realtà e perché.

Tommaso: In me c’è sempre una forte componente di ripudio nei confronti di alcuni tratti della realtà come in alcuni della mia stessa immaginazione, è inevitabile e comune che debba spesso spostarmi in una o nell’altra. E’ un discorso molto complesso. La soluzione migliore è sempre quella di mantenermi nella centralità dei due campi, almeno fino a che non avrò firmato l’armistizio.

Carlo: Penso di aver sempre avuto aspettative troppo alte nei confronti della realtà. Questo mi ha portato a trovare conforto nella solitudine come strategia difensiva per il dolore causatomi dall’incapacità di accettare e comprendere il mondo. Penso che da questa mia risposta, come da elementi delle precedenti, possa sembrare che io mi tenga a debita distanza dalla realtà, ma in verità non è così. Ho rischiato di farlo un po’ troppo in passato ma non mi odio più così tanto da avvicinarmi a quel limite nuovamente, nonostante non sia proprio semplice, specie quando sono sotto stress.

Quali sono le suggestioni che vi ispirano e come le trasformate in suono.

Tommaso: Io sono particolarmente sensibile ai paesaggi naturali, mi danno una sensazione di ordine e di ciclo continuo, tutto questo pretendo di rapportarlo al suono elettronico utilizzando timbri a cui dare una certa periodicità.

Carlo: Penso di aver risposto anche a questa domanda in maniera frammentata attraverso l’intervista, ma mi sento di fare una menzione particolare sottolineando l’importanza che il cielo ha per me, in tutte le sue forme. Più in generale sono affezionato a tutte quelle cose che riportano ai concetti di “rêverie” e “saudade” (chiedo scudo per i paroloni).

Quale coscienza si nasconde tra le vostre pietre roventi

Tommaso: E’ sicuramente una coscienza elementale e sentimentale.

Carlo: Un latente senso di colpa e una colossale incoscienza.

Avremo modo di vedervi dal vivo?

Tommaso: Abbiamo un po’ di date in ballo per continuare la promozione del disco, alcune certe, altre in attesa di conferma, il modo migliore per seguirci è tramite i social, oppure parlandoci di persona.

Carlo: Assolutamente si, anche se spesso ci sentiamo un po’ morti dentro. Siamo disponibili anche per feste di matrimonio, compleanni e funerali. Soprattutto funerali.

 
 

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