A Human Letter from the Air

un’intervista con Bvdub a cura di Mirco Salvadori

7 Marzo 2018

Traduzione di Diana Marrone ( GO TO THE ENGLISH VERSION)       

***************************************************************

Un vortice, è un vero vortice di suoni, sovrapposizioni, loop; una irresistibile danza elettronica, un furioso scompiglio interiore in continua ascesa. Si entra cercando con lo sguardo il confine, il margine che permetta all’ascolto di non andare alla deriva nell’oceano di suono nel quale, da subito, ci si ritrova immersi. Basta qualche minuto però e la paura della deriva scompare per lasciar spazio al profondo piacere dell’abbandono, del tuffo nella nuova visionarietà di un suono che mantiene bene in vista (e in vita) il termine ambient trasformandolo in poderosa e fresca ondata sonica da abbracciare con un intenso tuffo, fin dentro le sue più intime e profonde correnti. Brock Van Wey in arte Bvdub è il maestro di cerimonie che ci accompagna in questo viaggio, una delle voci più autorevoli e interessanti dell'ambient contemporaneo slegato da schemi cattedratici, un alchimista che conosce a fondo la leggerezza e il fascino prodotto dal sussurro digitale e dal soffio del vento sonico.

Per prima cosa, ritorniamo agli anni ’90 e all’essenza delle vostre passioni per i vinile e il djing. Quali sonorità hanno rappresentato i vostri punti di riferimento, che tipo di musica ha plasmato voi ed i vostri interessi e come l’avete tradotta nei vostri dj set?

Sono sempre stato un po’ fuori moda circa i miei gusti musicali dato che ero attratto molto più dagli interstizi, direi più da musica da mattina presto piuttosto di quella che di solito gira nella sala principale. Persino agli inizi, dove impiegavo la quasi totalità del mio tempo in queste piccole ‘stanze laterali’, luoghi nei quali le cose erano molto più intime e personali e dove i dj suonavano musica molto più coraggiosa,quella che rappresentava il loro vero amore, non quella che era necessariamente la più popolare. Era lì che potevi ascoltare e sentire la musica che non avresti trovato da nessuna altra parte. Ho fatto il mio primo mixtape il giorno che ho comprato i piatti - non era carino (ride), ma il primo mixtape ufficiale in vendita era 120 minuti di puro ambient - una durata che nessuno avrebbe suonato allora, dato che si sarebbe stirato troppo facilmente ed il suono sarebbe risultato distorto. Ma per me significava che dovevi trattarlo ancora meglio, con più cura ed amore. Intuisco che l’affezione di prendersi del tempo per raccontare storie iniziò veramente presto (ride, di nuovo). In seguito ho iniziato a pubblicare diverse collezioni di mixtape: ambient, deep house e deep techno - ognuno con la propria storia da dire. Ogni serie stessa sarebbe stata composta di ogni tipo di tape, diciamo da 3 a 5, e insieme avrebbero dato il sapore dell’intera opera anche se ciascuno sarebbe stato come un vero e proprio capitolo. Ogni mix, e la serie, raccontavano una storia molto precisa, non ho mai fatto un mix ‘per fare un mix’ o semplicemente per procurarmi delle date. Doveva avere una ragione precisa per esistere, e io dovevo avere qualcosa di specifico da dire - qualcosa avendo in mente la speranza di entrare in comunicazione con qualcun altro che avrebbe compreso così che entrambi avremmo ricordato che non eravamo soli in questo mondo. Ed è esattamente quel che faccio ancora oggi con la mia musica. E’ un po’ lo stesso che accade con i miei djset live… raccontano sempre una storia precisa e sono essi stessi la loro narrativa. Se li ascolti dall’inizio alla fine, capisci cosa voglia dire…ma c’è anche da dire che il mio stile da dj e la musica che mettevo non era tremendamente popolare a San Francisco (o in California), con molti che la trovavano fosse troppo basata solo sull’ambient (persino i miei set house), essendo tremendamente inframmezzata da troppe interruzioni ambient - oppure era percepita come troppo complicata in genere. Nonostante ciò, non ho mai cambiato il modo in cui li facevo, non è stato mai importante per me quante persone li trovassero interessanti. Per me è importante essere compreso dalle persone giuste.

Un altro passo indietro: San Francisco, la città che noi percepiamo sempre come la culla della psichedelia o, per i meno giovani, il posto dove gruppi come i Tuxedomoon o i Residents hanno iniziato a farsi conoscere, un posto che ha avuto un impatto cruciale sulla loro formazione.
Cosa succedeva di nuovo ed originale nella musica a San Francisco negli anni ’90?

Beh, apparentemente sono decisamente tra i meno giovani, dato che non ho mai sentito parlare dei Tuxedomoon o dei Residents esattamente come loro sicuramente non avranno mai sentito parlare di me (ride). Sono di certo d’accordo che San Francisco sia stata la culla della psichedelia ben prima degli anni novanta e anche durante tutta la loro durata, del pari. Per dirla semplice, la scena rave a San Francisco in quegli anni corrispondeva al rock psichedelico dell’era, e noi eravamo la nuova brigata degli hippy, portavamo avanti il nostro nuovo sogno di utopia. Quelli prima di noi lo facevano con le chitarre mentre noi adoperavamo i synth e i piatti, ma l’idea era la stessa - sognavamo di creare una contro-cultura e una società per noi stessi, lontana dalla negatività e dall’inferno che c’era fuori. Non mi ero mai trovato in un alveo d’amore così intenso. Non ci sarebbe stato mai più niente di simile successivamente. E’ certo che la Bay Area avrebbe avuto i suoi artisti, dj e sonorità che l’avrebbe resa differente da qualsiasi altro posto - anche la differenza tra California del sud e del nord ere come il giorno e la notte. Penso però che la cosa più originale sia stata l’intera scena in sé. Era una delle più forti nel paese, e nel mondo. Era, come tu dici, molto legata agli ideali di psichedelica, che non erano solo fondati sul coinvolgimento delle droghe ma sugli ideali che le circondavano…condivisione, apertura, positività, unità. Non era soltanto qualcosa che si esaurisse nell’uscire la sera e strafarsi. Era invece tutto intorno alla connessione con l’altro, con la musica e con la scena nel modo giusto. Non è che la gente organizzasse party senza motivo o uscisse così a caso - erano molto seri, ossessionati, quasi militanti sugli ideali della scena e tutti noi cercavamo di raggiungerli. Era un momento di pura illuminazione. C’erano volte in cui eravamo lì lì per raggiungere quell’utopia e volte in cui la raggiungevano ed ancora altri. I livelli raggiunti dalla scena, e la comunità che fu in grado di costruire, non sarebbero mai stati raggiunti in seguito. E, mio dio, noi avevamo davvero ottima Ecstasy…nessuno fa droghe così buone come in Nord California (ride).


Poi tu però hai rotto con tutto questo. Hai venduto la tua collezione di dischi e sei partito per la Cina. Cosa successe, cosa andò storto, cosa successe in quel settore della musica in cui in quel periodo ti trovavi d’accordo e…perché la Cina?

E’ stata San Francisco a cambiare completamente, punto. Tutto quello che rappresentava, che la rendeva grande, era andato. Tutte le belle persone sparite, la scena conquistata da orde di dj, organizzatori e persone che facevano le cose per le ragioni più sbagliate. C’era gente che faceva i dj solo perché era ‘figo’ o perché avrebbero fatto sesso, o altri che facevano i party solo per cercare di fare soldi, e tutto era diventato esattamente l’antitesi disgustosa di quello su cui era fondata l’intera scena. L’unità si trasformò in divisione, la condivisione si tramutò in egoica avarizia - semplicemente, tutto si sgretolò in mano alle persone peggiori. Ho cercato di oppormi a ciò e di combattere per molti anni, continuando a fare i miei eventi, cercando di mantenere in vita qualcosa di buono ma alla fine la città era troppo intasata da quel che era il peggio della scena - tutto era diventato ciò che avevamo cercato di combattere per anni. Non potevo farmi venire un infarto una volta di più vedendo come tutto era crollato e, come tanti prima di me, anche io pensai alla fine di non avere altra scelta che partire e lasciarmi tutto alle spalle. Vendetti tutti i dischi che possedevo, 7000 più o meno, e mi trasferii in Cina. Avevo amato il cinema cinese per un sacco di anni e volevo essere più vicino a quella cultura e a quella terra da cui era nato - in più immaginavo che se dovevi andare via dalla morte della musica underground di San Francisco, dovevi farlo andando il più lontano possibile. E la Cina era il posto più lontano dalla scena dei rave degli anni novanta che potessi trovare (ride). Inoltre, chi non ama il cibo cinese?

Ci racconti come le esperienze ed i ricordi di momenti differenti della tua vita ti sono utili ora: il tuo periodo nei sobborghi, il tempo trascorso nella Bay Area e quello in Cina. Che impatti hanno sul tuo suono?

Ogni singolo secondo della mia vita impatta sul mio suono…dalla vita veloce e sporca dei Tenderloin a San Francisco, alla depressione lenta nei sobborghi, alla vita in Cina che è allo stesso tempo isolata e veloce da rompersi la noce del collo, e adesso, certo sono ad un altro inizio adesso, un ancor più solitario inizio in Polonia. Faccio solo storie sulla mia storia - cose che ho vissuto, i modi in cui vedo la vita, e il modo in cui la vita mi ha trattato, in pratica, per il meglio o per il peggio. Le mie esperienze, i miei ricordi e i momenti differenti della mia vita sono la mia musica. Molte persone mi chiedono come riesca a fare così tanta musica…ma se la musica è la tua vita, come puoi smettere? Come puoi non avere qualcosa da dire?

Scrivo qui una sola parola: ambient. Puoi spiegare cosa significa, come è entrato nella tua vita e come sei riuscito a coniugarlo?

Per me è entrato nella mia vita grazie a Structures From Silence di Steve Roach che, qualcosa come 35 anni dopo, è ancora uno dei migliori album ambient mai fatti, se non il migliore. Prima di allora non avrei mai potuto immaginare che la musica senza ritmo, così astratta, potrebbe aver provocato quello che provoca. Non feci altro che ascoltare la title track di quell’album per mesi capendo come, per la prima volta, una musica così amorfa, apparentemente ‘semplice’ potesse fare quello che faceva. Da quando ho capito, in quel momento, cosa potesse fare veramente ‘l’ambient’ non mi sono mai voltato indietro. Non solo iniziai a fare il dj ambient ma questa sonorità rimase la maggiore forza ed influenza dietro qualsiasi altra cosa che ho fatto, anche la deep house che non tutti apprezzavano (ride). Per molti questo genere è qualcosa che puoi ascoltare come sottofondo, o qualcosa che può comporre il tuo ‘ambiente’ nel senso di spazio. Personalmente non sono d’accordo con questa definizione, questa musica richiede maggiore concentrazione e la totalità della tua attenzione. Per me non è musica da sottofondo… è il più importante di tutti i primi piani. Penso che la mia versione di ambient lo spieghi molto chiaramente. L’ambient non è per tutti. Non è per chi ha poco coraggio ad affrontare cose difficili e pericolose, e più di ogni altra cosa non è per gente che non sta bene con sé stessa - i buoni e i cattivi. E’ per persone che si conoscono e a cui non dispiace conoscere ancora di più. Molti passano l’intera vita a distrarsi dall’orrore meraviglioso della vita e dalla pura realtà di cui sono fatti - molti pochi vogliono abbracciare tutto, la vita stessa e loro in purezza. Questi sono gli ascoltatori dell’ambienti. E lo fanno.

A questo punto non posso non chiederti cosa pensi di Brian Eno.

Chi non ama Brian Eno? (ride)

Sei considerato uno dei più importanti rappresentanti del nuovo ambient come artista con radici ben salde nella club culture, qualcuno che non si è mai mischiato con la comunità accademica: cosa ne pensi? Pensi sia una definizione offensiva o pensi ti calzi a perfezione?

Sì, penso che calzi alla perfezione, mi trovo a mio agio. La considero un complimento, anche se pensano sia un insulto (ride). Onestamente, a me importa solo della mia musica e cerco solo di esprimere quello che posso. Se devo in qualche maniera essere considerato come una nuova evoluzione dell’ambient o della narrativa musicale, beh allora è un onore e sono felice di accettare. Questa musica è la mia vita e le ho dato tutto per circa 30 anni. Quindi se ho in qualche modo influenzato la nostra musica, quel che facciamo, o dove stiamo andando, posso morire felice, non importa come definisco quel che sono. Sono stato sempre nella parte più difficile del business, mai una distrazione. Con questo non voglio dire che ci sono i buoni e i cattivi. Ogni guerra ha bisogno dei suoi soldati e dei suoi generali. Entrambi. Io sono solo uno di essi e non l’altro. Prendo tutto nella musica con una prospettiva emozionale, mai accademica, quindi sì, sento la separazione dalla comunità più ‘accademica’ anche attraverso situazioni più personali. Le volte che ho avuto contatti con il mondo ‘accademico’, mi sembrava di essere come l’acqua e l’olio (ride). Ho una storia molto differente dalla maggior parte degli artisti ambient in tutti gli aspetti - dalla mia vita musicale a quella personale. Ma fino a che condividiamo l’amore per la musica, non c’è niente altro che importi davvero. Almeno non a me.

Ho sempre cercato di capire il motivo per la tua passione per il suono introspettivo. Hai iniziato con i rave e i djset house…

Anche allora, i promoter si lamentavano della musica che suonavo - ‘troppo deep’, ‘troppo emotiva’, ‘troppo triste’, ‘troppo’ qualcosa, davvero. Ha sempre raccontato storie di cuori spezzati, di dolore, con momenti occasionali di speranza e gioia penso, lo stesso come la mia musica ora. Penso che gli organizzatori dei parties volesserol’assenza di pensiero nella gente che frequentava i loro clubs…Ma io ancora ricordo che appena finivo di suonare in un party, il promoter veniva da me e diceva, La gente sembrava confusa quando suonavi…non sapevano cosa fare. Ma va bene. Tra dieci, venti anni…capiranno. Sei solo nato al momento sbagliato, figliolo. Non cambiare mai quello che fai, magari sarà il mondo a sintonizzarsi. Le persone erano veramente avanti a quel tempo erano, certo, gli artisti che facevano la musica che suonavo, io facevo solo del mio meglio per suonarli con risultati variabili (ride). Ma le sue parole mi colpirono davvero. Non le ho mai scordate fino ad oggi…Tutto quel che posso fare è quello che provo, e quello che provo è giusto. E’ così che questa musica mi ha allevato. E a differenza di come ho trattato terribilmente i miei meravigliosi, altruisti e adorati genitori, per la madre crudele che è la musica sono stato un figlio coscienzioso da giovane. Se devo essere onesto, non so come qualsiasi musica di qualcun altro non possa essere introspettiva. E’ come compilare il tuo diario, ma tuttavia qualcuno riesce a tenerlo impersonale. E allora non scrivere niente, cazzo. Davvero, non so come sia possibile tutto questo. Fare musica è la forma più pura di auto-esame…la riflessione su ogni aspetto della tua vita che non puoi tradurre a parole. Ogni vittoria, ogni fallimento, ogni dolore, ogni gioia, ogni sogno che hai avuto ed avrai, è tutto lì per essere raccontato. Quindi io mi sforzo molto di più a capire come sia possibile che la musica di qualcuno non sia introspettiva che il contrario. Porca miseria, davvero non riesco a capire perché questo tipo di gente faccia musica. Tuttavia, questa è la bellezza della musica, ognuno ha il suo modo di farla, le sue ragioni. E per ogni ragione che hai, troverai uno con le sue ragioni per ascoltarla.

Qual è stato il tuo percorso come compositore? La scelta nella composizione musicale, i loop vocali, la stratificazione e molte altre caratteristiche che definiscono il tuo processo sono il risultato di uno studio o sono sempre stati spontaneamente presenti nella tua cifra compositiva? E’ sbagliato dire che tutto nacque quando pubblicasti Resistance is Beautiful per Darla?

Beh, Serenity fu un album ancora più importante, ma anche per questo non lo direi. Andrei parecchio più indietro nel tempo per vedere dove il mio suono ha iniziato a materializzarsi, tuttavia penso che tu puoi catturarne spezzoni anche nei miei primissimi lavori, persino nella prima traccia che ho fatto. Direi che il lavoro fatto per la mia, ora defunta, etichetta (Quietus) fu dove si formò la direzione che poi ho preso, parecchio prima qualsiasi cosa su Darla Records - che ha senso, perché l’etichetta iniziò in pratica per me e altri al fine di pubblicarci musica che altre etichette avevano abolito per essere ‘troppo’ questo o ‘troppo’ quello. Tutte parole ‘troppo’ familiari per me (ride). Il mio percorso come compositore è non avere percorsi - la mia testa fa quel che cuore dice, sono solo lì che aiuto i due a connettersi in qualche maniera. Non ho mai deciso consciamente di fare nessun tipo di musica, traccia o album. Sapevo solo cosa avevo bisogno di raccontare, non avevo idea del come. Alla fine è come una esperienza extra-corporea, mentre guardo in qualche modo che tutto accade. Alla fine non posso neanche dirti come faccio. Ero solo lì a farlo. Se fai cose sapendo cosa vuoi fare o come vuoi farlo, finisci con qualcosa di costretto a entrare nella scatola angusta che hai già creato per essa. Mi interessa solo dire la storia che ho bisogno di dire. Come puoi sapere prima del tempo come ha bisogno di essere raccontata? Se lo sai, perché mai annoiarti a dirla? Se hai chiamato un tuo amico per dire qualcosa che dovevi tirare fuori dal tuo petto, pianifichi prima le parole da dire? Certamente no. Se lo fai, allora potresti anche parlare da solo. Sai già ogni parola che vai a dire in ogni caso.

I tuoi studi di strumenti classici come il violino ed il piano da ragazzo rappresentano un’esperienza utile nel tuo sviluppo musicale?

Certo. Sebbene non abbia mai ascoltato musica classica e abbia solo apprezzato suonarla, ha comunque avuto un impatto enorme. Dall’apprendimento della composizione fino a suonare quella di altri, dallo scrivere i miei pezzi per assoli, duetti, trio, quartetti e persino nel tentativo di scrivere un’intera sinfonia (cosa che non mi riuscì), tutti quegli anni nella musica classica mi portano a tutto quello che faccio oggi, consciamente o meno. Ho sempre detto che non hai bisogno di un’educazione classica per fare musica - e di certo è vero - ma penso che puoi notare chi ce l’ha.
C’è una relazione tra la musica e come è costruita dalla base alla sommità che non capirai mai veramente a meno di spendere tutti quegli anni o decadi infernali (ride)

Come si è sviluppata la tua composizione e quali eventi l’hanno resa così magistralmente profonda ed emozionale?

La mia cifra compositiva cresce semplicemente mentre faccio. C’è un tempo in ogni vita d’artista dove finalmente l’abilità tecnica raggiunge la visione, e si è capaci di creare qualsiasi cosa che passa per la testa, piuttosto che essere limitati da quel che le mani son capaci di fare. Quando arrivi lì, il limite è il cielo. Ho vissuto una vita a tratti meravigliosa, ma veramente disastrosa. Immagino sia questo a creare storie magistrali (ride).

Senza dubbio la tua musica ha alti dosaggi di dolce tristezza, qualcuno la chiamerebbe anche spleen. Puoi spiegarci la ragione per cui questo stato d’animo è così caratteristico nel tuo lavoro?

La vita è triste, è dannatamente dura. La maggior parte del tempo ti fotte ed intrinsecamente è resa senza significato per il fatto che esiste la morte. Tuttavia, ogni tanto, ti autorizza a vivere piccole dolcezze. E ti fa attaccare qualche significato in questo viaggio lungo il suo sentiero. Dato tutto questo, fai tesoro di queste dolcezze che citavo da ultimo ancora di più. Non puoi conoscere una senza l’altra.


Quali sono i suggerimenti che ti ispirano a creare?

Vivi la tua propria vita e racconta la tua propria storia. Se non hai niente da dire, non aprire la bocca.

Pensi che ci sia qualcosa tipo una ‘nuova scuola ambient’ che si ispira al tuo suono o da altri artisti come ad esempio Rafael Anton Irisarri? Siete in contatto?

La gente mi ha detto questa cosa, quindi magari è vero (ride) ma personalmente non so. Di solito non mi autorizzo ad ascoltare musica, dato che lavoro su me stesso da dovunque per 8 o 12 ore al giorno, ma ancora più importante, non voglio neanche ricevere alcuna influenza inconscia dalla musica che ascolto - e conscia o no, quell’influenza arriva. L’unico modo per prevenire ciò è vivere in un vuoto musicale - almeno è così che funziona per me. Quindi, magari, non sono la persona più giusta a cui fare questa domanda…ma sì, ho sentito di cose simili in giro che sono chiaramente influenzate dal mio suono. Talvolta sono lusinghiere, altre volte no. Fai la tua musica e trova la tua voce. C’è una linea molto sottile tra influenza ed imitazione. Rafael è un buon amico quindi sì, abbiamo un sacco di contatti. Immagino che ci siano un sacco di artisti che ricevono una grande influenza da lui, la sua musica ha fatto davvero tanto per caratterizzare quel che, penso, chiamino ‘nuova scuola ambient’ e lui è una parte molto attiva della scena come insieme - invece io sono semplicemente chiuso in casa tutto il giorno facendo del mio meglio per non parlare con nessuno (ride). Se non hai mai visto un live di Rafael, fatti un favore e rimedia subito. E’ onestamente qualcosa tra le più intensi, avvolgenti e vere esperienze che potresti mai avere. Ho visto i nostri nomi citati insieme in diverse discussioni, da persone che volevano dire che facciamo qualcosa di buono, e anche da persone che pensavano l’esatto opposto (ride). Non posso davvero dirti se ognuno di noi rappresenti qualcosa di ‘nuovo’, e dubito che lui possa dirtelo, ma la sua è musica che proviene dal cuore, al par mio. Se questa è la definizione della ‘nuova’ scuola ambient allora mi sta bene, e non so che cazzo sta facendo la ‘vecchia’ scuola (ride).


Una domanda per gli amanti del sound porn: che strumentazioni usa bvdub?

…tutte quelle necessarie.
Jean-Paul Sartre, Dirty Hands, Atto 5, Scena 3

Tu pratichi il Krav Maga, una sorta di tecnica militare di kickboxing per l’autodifesa ed il combattimento, se non sbaglio. Come si sposa con l’intensa melodia che riesci a creare nei tuoi lavori? Oppure questa disciplina magari ha a che fare con la tua altra dimensione, quella dei beat, connessa con il nick East Of Oceans.

Beh, sei sia in errore che nel giusto (ride). Mi sono allenato con il Krav Maga per circa 5 anni fino a che il mio corpo ha ceduto per le troppe punizioni ricevute negli anni e ho dovuto fermarmi - tuttavia ancora aiuto altri ad allenarsi quando posso. Se il Krav Maga è stato una parte fondamentale dei miei allenamenti, la più grande è venuta dopo dal Muay Thai. Desideravo ci fosse qualche profonda connessione filosofica tra la musica ed il combattimento, ma il succo del discorso è che non hanno niente a che fare l’una con l’altro. E’ solo che mi piace combattere. In un ring contro un altro uomo, uno scenario totalmente primitivo e brutale, nel contempo completamente puro e onesto, è qualcosa di stupendo in sé. La musica è una terapia ma sul ring c’è un altro livello di cura. Potresti anche avere scoperto di avere due giorni di vita e ancora non aver una cura in questo mondo ma quando ti trovi di fronte alla purezza del combattimento, tutto il resto scolora. E’ una bellezza di tale purezza e senza briglie che soltanto quelli che la amano capiscono, davvero è una delle più fantastiche ed autentiche cose al mondo, e in quei momenti tutto della vita è vero e onesto. Come ogni altra cosa che vale la pena nella vita, tuttavia, la ottieni a caro prezzo. Quasi ogni parte del mio corpo è scassata oltre ogni riparazione da quegli anni. Così come il mio cervello dopo gli anni novanta. Per entrambi ne è valsa la pena (ride).

Quanto della realtà che ti circonda decidi di far entrare nel tuo mondo artistico ed ottenere un impatto?

Faccio uno sforzo cosciente di avere davvero poco a che fare con il mondo reale per come è umanamente possibile - lo faccio di solito a detrimento del mio stato psicologico, ma siamo quello che siamo. Ma chiaramente tutto trova la sua strada nel mio subconscio, perché la mia musica è molto semplicemente la mia vita. Quindi immagino che ci sia certa vita che entri lì provenendo da qualche parte (ride). Ci sono stati davvero pochissimi momenti in cui ho fatto connessioni consce tra vita e musica nel senso che ho di proposito approcciato l’una in modo che si connettesse con l’altra. Ma davvero, una accade e l’altra pure. Non posso controllare una più di quanto lo faccia con l’altra.

Una curiosità, perché c’è la parola DUB nel tuo nome: non credo ci sia molto dub nelle tue tracce.

Zero dub nelle mie tracce.“bvdub” è semplicemente l’abbreviazione di ‘BVW’, le mie iniziali. E’ stato un nomignolo che mi è stato dato all’inizio degli anni novanta da un collega quando lavoravo in una pizzeria - qualcosa che mi colpì e che da allora uso.

Ho visto che sei andato in Polonia un mese fa. Viaggerai in Europa, hai magari piani di toccare anche la penisola italiana?

Mi sono trasferito in Polonia all’inizio dell’anno per concentrarmi full-time sulla musica che per me significa molto semplicemente chiudermi dentro nel mio studio notte e giorno e non avere alcun contatto con esseri viventi - ciò che facevo anche in America od ovunque io abbia vissuto (ride), ma qui lo faccio con ancora meno distrazioni, dato che non conosco proprio nessuno. Vivo un’esistenza ancora più solitaria; non pensavo fosse possibile. Devo dire che ha prodotto risultati psicologici e realizzativi che hanno gradi selvaggiamente variegati. Non amo niente più della possibilità di venire in Italia. Ci sono stato circa 30 anni fa quando viaggiavo con i miei genitori come un altro di quei ragazzini stupidi che non apprezzano quel che vivono.  Non mi piace viaggiare per il puro gusto di viaggiare - mi piace viaggiare per vedere e stare con la gente giusta. Magari le persone giuste riuscirò a trovarle in Italia, prima o poi, chissà. Io sarò lì in qualunque momento mi chiamino.

Ultima domanda: quale disco di bvdub raccomanderesti a Brock Van Wey?

Qualsiasi.

 
 

Diserzioni logo

 
 
loading... loading...