Recensione a cura di Mirco Salvadori

PELI misura di tutte le cose, madre di tutte le battaglie

il nuovo libro di Francesco Forlani per Fefè editore

28 Agosto 2017

Nomadi e senza fissa dimora rotolano al pari di tumbleweeds lungo i vasti territori del pensiero, sospinti dall'impetuoso vento di una scrittura che non concede tregua ma soffia, si insinua, penetra in ogni dove spostandoli con delicatezza o violenza dal luogo da loro scelto per rintanarsi, leggeri ma ingombranti alla vista. Ma si, proprio loro, i Peli così brillantemente – forse sarebbe il caso di dire brillantinamente - descritti da Francesco Forlani in un paphlet tanto misuratamente piccolo (cm.10xcm.15), quanto infinito per estensione di argomenti trattati, fitto di rimandi ed esempi, tuffi in un passato colmo di dissertazioni capaci di creare, a loro insaputa, futuribili link da usare come ingresso per ulteriori mondi abitati dalla filosofia, dall'arte, dalla storia, dalla sociologia, dalla psicanalisi, dallo spettacolo e potrei continuare avanti e avanti. Tutti luoghi comunque abitati dai Peli, creature dis-a(r)mate una volta sottratte al loro luogo natìo, sia esso l'Origine du monde di Gustave Courbet o l'incolta barba del Drugo così magnificamente esposta nel Grande Lebowski di Joel Coen.

 

Come riuscire a formulare una teoria pilifera partendo da Parmenide e Socrate per giungere fino a Caroline de Bendern (cito realmente i primi e ultimi nomi letti nel testo), modella prestata alla protesta del Maggio parigino che, e lo sapremo solo a fine lettura, sotto la maglietta nascondeva ascelle perfettamente depilate. Tutto ciò passando per – segno parzialmente e in random - Taricone, Man Ray, l'immancabile Freud, la Medusa, Sciascia il Leonardo oltremodo amato dal nostro autore, l'altrettanto amato chef stellato Davide Scabin, la coppia infelice Julia Roberts e Lady Gaga e quella più interessante e risolutiva formata da Gilles Deleuze e Felix Guattari, i due francesi che hanno contribuito a darmi una risposta plausibile, almeno fintanto non avrò la possibilità di chiedere direttamente allo scrittore casertanparigintorinese il segreto del suo veloce e sorprendente nomadismo pilifero-letterario.

Ripartiamo quindi da Mille Plateux, no no cari amici musicofili, non l'etichetta discografica tedesca ma il libro scritto nel 1980 a quattro mani dal filosofo Gilles Deleuze e dallo psicanalista Felix Guattari nel quale si descrive il concetto di rizoma. Per meglio capire compio un'operazione – giusto per riprendere lo scritto forlaniano – simil diegematica e riferisco quanto letto e poi stampato dall'autore riguardo il rizoma... praticamente (e volgarmente) copio-incollo: Il rizoma collega un punto qualsiasi con un altro punto qualsiasi, e ciascuno dei suoi tratti non rimanda necessariamente a tratti dello stesso genere, mettendo in gioco regimi di segni molto differenti (…) il rizoma è un sistema acentrico, non gerarchico... Come dire, lasciamo che l'argomento principe – i Peli – venga trasportato ovunque, vengano i bulbi piliferi sommersi e nascosti, scompaiano pure dalla visuale (lettura), si giunga a toccare altri lidi, si usi in modo sistematico e magistrale l'etimologia dei termini che ci aiuta a comprendere e viaggiare oltre la soglia del tempo reale, si lasci la mente vagare lungo affascinanti rotte filosofiche che prevedono approdi su atolli ricoperti di attraenti irresistibili scivolosità e forti effluvi olfattivi, teniamoli sempre sotto controllo pur distogliendo lo sguardo, torcendolo – e qui vado in repeat simil diegematico – per giungere a percepire, analizzare descrivere l'essenza stessa della propria natura (Forlani-Foucault = effeffe) ovvero, riprendendo in termini botanici il vocabolo, rizoma come pianta che è radice, radice come quella contenuta alla base del pelo, quella invisibile ancora che non è mai stata realmente e volutamente issata a bordo nel lungo e meraviglioso vagare forlarizomatico tra le decine di isole del pensiero da lui descritte.

Volutamente, forse con un pizzico di perfidia lascio al lettore il piacere della scoperta, lascio a colui che vorrà aprire le pagine di questo piccolo ma decisamente esteso atlante del credo pilifero il compito di penetrare l'intrico di folta e colta vegetazione cresciuta per nulla spontaneamente ma coltivata con estremo amore e rispetto da uno scrittore che da sempre cerca il pelo sull'uovo pur non avendo mai avuto peli sulla lingua. Questa è una pubblicazione destinata agli esploratori dei mondi nascosti, mondi esistiti che sempre esisteranno, percorsi intricati, im-penetrabili, amati e odiati, coltivati o semplicemente eliminati, fredde lucide superfici sulle quali dissoluti scivolare o lussureggianti piantagioni capaci di distribuire il piacere della vita.

 

 
 

 
 
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