Wovenhand live report

Radar Festival, Bastione Alicorno Padova - 10 agosto 2011

12 Agosto 2011

Storicamente concepiti come luoghi di attraversamento e di difesa della città, porte e bastioni della cinta muraria che cinge la città di Padova, oggi sempre più spesso ospitano eventi culturali di vario genere. L’associazione culturale Carichi Sospesi di Padova organizza una rassegna di spettacoli davvero notevoli, non solo di teatro, in una cornice davvero suggestiva qual è il Bastione Alicorno in piazzale Santa Croce, che sembra essere fatta per ospitare esperienze di questo tipo.

Teatro, si diceva, ma anche tanta musica. E di gran qualità, curata dai ragazzi di Radar Festival, che hanno portato nomi importanti dell’indipendente internazionale e che pure confrontandosi con numeri non esagerati come pubblico, continuano a portare artisti di tutto rispetto. Come è accaduto ieri per il concerto di Wovenhand, capitanati da David Eugene Edwards, già frontman degli acclamati 16 Horsepower.

Un musicista che dal vivo è ancora più sorprendente. E forse sarebbe giusto dire, non solo lui.

Wovenhand è un trio che ha cinque dischi alle spalle, non tutti all’altezza in realtà, che arriva da Denver, Colorado. Musicisti di esperienza che sanno fatto il loro.

Ogni uno dei tre si evidenziava per scelte quantomeno originali. Edwards alterna la chitarra acustica a quella ritmica, per poi passare all’ukulele, presente in diversi momenti del set. Ma è la batteria che davvero sfornava sorprese in continuazione. Creativo sia nel suonarla che nell’allestirla, la sua batteria. E poi una tastiera, mai predominante, ma senza la quale non sarebbe stato lo stessa cosa.

La voce di David Eugene Edwards è però la vera protagonista, per quanto profonda e penetrante. Come si diceva, oltre a cantare, alternava diversi tipi di chitarre, come l’ukulele. E’ uno strumento che sta tornando molto in voga negli Stati Uniti, basti pensare che l’ultimo lavoro di Eddie Vedder (Pearl Jam) si chiama proprio come questa chitarrina che in realtà ha origini portoghesi ma nelle Hawaii ha subito una trasformazione diventando lo strumento che oggi ascoltiamo. Uno strumento tradizionale che ha trovato una nuova vita, si potrebbe dire. In realtà è stato sempre molto utilizzato, anche da Bob Dylan, tanto per fare un nome che toglie eventuali dubbi sulla questione.

Con “The speaking hands” il concerto decolla. Eseguita in modo impeccabile, ha letteralmente catturato l’attenzione dei tanti che assistevano. In questo suggestivo spazio murato, che già da solo crea l’atmosfera giusta per un appuntamento come questo, il suono non viene sacrificato, anche per l’ottimo lavoro fatto dai tecnici, perché non sempre i luoghi belli hanno anche una resa acustica adatta all’esibizione live.

L’energia, la forza della musica di Wovenhand coinvolge. Sia fisicamente, con tutto questo vibrare amplificato dallo spazio stesso, che dal punto di visto celebrale. Un viaggio che si consuma tra cavalcate e momenti sempre intensi ma intrisi di un’amara - dolcezza che è nelle corde di questo crooner  che più di qualcuno ha accostato a Nick Cave. In realtà non mi trovo troppo d’accordo con questo tipo di paragone, ma sono in minoranza.

Un altro bellissimo momento è rappresentato da “Iron Feather”, ma forse quello più intenso è rappresentato dalla bellissima  “Quiet Night Of Quiet Stars” di Antonio Carlos Jobim. Un classico portato al successo anche da Sinatra nel 1967, anno della definitiva consacrazione della bossanova come fenomeno non più locale ma mondiale. Ma eseguito così, davvero vive di luce propria. E’ presente anche in Ten Stones, e anche li fa la sua bella figura. Ma sentita eseguita ieri, tagliente e romantica, ha fatto il pieno di applausi.

Tanta gente, si diceva. E tutta entusiasta. Unica data italiana. Una bella fortuna non essersela persa.

 
 

Link utili:
www.wovenhand.com
www.carichisospesi.com
Nicholas Bastianello Photographer

 
 

    foto

  • Wovenhand live @ Radar Festival - Foto di Nicholas Bastianello
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