Il passaggio di testimone tra uno dei piĆ¹ grandi del rock e chi il rock sa suonarlo con cuore e coerenza

Robert Plant & The Band Of Joy / Ben Harper Live Report

Milano Jazzin' Festival - 20 Luglio 2011

25 Luglio 2011

Un passaggio di testimone tra uno dei più grandi padri del rock a chi il rock sa suonarlo ancora con cuore e coerenza. Si può così definire la serata soldout del 20 Luglio al Milano Jazzin Festival che ha visto susseguirsi sullo stesso palco Robert Plant, leggendario cantante dei Led Zeppelin, e Ben Harper il song-writer americano da molti considerato l’erede spirituale di Bob Marley.
Ad aprire l’evento, all’Arena Civica di Milano, location perfetta immersa nel verde di Parco Sempione, sono i The Bastard Sons of Dioniso. Senza nulla togliere alla loro esibizione, forse scelta non del tutto azzeccata visto il genere proposto dalla band trentina, più adatto forse in una cornice party punk studentesca.
Proprio quando il sole inizia a tramontare, sale sul palco Mr. Plant accompagnato dalla sua Band of Joy, storica formazione in cui militava ancor prima di dar vita ai Led Zeppelin, oggi completamente rinnovata con ottimi musicisti da Nashville. Devo esser sincero, curiosità e allo stesso tempo timore di una delusione mi assalgono prima che il tutto inizi. Son passati ormai più di trent’anni dagli acuti orgasmici e dal misticismo Zeppeliniano, e mi chiedo quanto oggigiorno una sua performance potrebbe reggere il confronto con i vecchi tempi. Ma quando partono le prime note di una Black Dog versione bluegrass mi rassereno: Robert Plant c’è, presenza e performance vocale non deludono. Sessant’anni suonati e una voglia di stare sul palco che si sente vibrare in ogni acuto, in ogni carezza vocale che concede agli spettatori. Un’ora e mezza di nuovi e vecchi successi, quest’ultimi molto più acclamati dal pubblico: è la tassa che si paga a cotanto passato. Sono completamente arrangiati in chiave country folk americano, genere che sembra aver toccato il cuore del vecchio frontman, ma non per questo meno piacevoli e coinvolgenti. Degne di nota Angel Dance, Down on the sea, What is and should never be, Misty Mountain Hop, Tangerine (dedicata all’anniversario di matrimonio del bassista Byron House festeggiato on stage con tanto di fiori e corone), Ramble on (con cui viene raggiunta la vetta più alta) e Gallows Pole che chiude in bellezza l’esibizione. Applausi a non finire accompagnano la sua uscita, meritati, assolutamente meritati. Che sia con gli Zeppelin o con una rinnovata Band of Joy, Plant resta un mito, un’icona inossidabile e vederlo in azione fa sempre un gran effetto.
Tempo mezzora per il cambio palco e Ben Harper è on stage. Ad aprire solo lui e la sua acustica con le note di “Burn one down”. L’atmosfera che si crea è davvero intima e per così dire “spirituale”. Entra la band. Ad accompagnarlo in questo tour che ha l’intento di promuovere la sua carriera solista, sono i Relentless 7 e si parte con un tuffo emotivo in “Diamonds on the inside”. Ben ringrazia ripetutamente, si inchina, interagisce e rapisce il pubblico: è un nuovo Peace Musician, di quelli che non si vedevano da anni, sa creare energia e allo stesso tempo intimità davanti a migliaia di persone come fosse in un club. Si passa dal blues folk melodico al rock più energico in cui Ben si sbizzarrisce con la sua lapsteel guitar in assoli da pelle d’oca. A tratti sembra ci sia lo spirito di Hendrix ad accompagnarlo su quel palco. Un chitarrismo sentito, libero e originale che  manda il pubblico in visibilio . Durante “Where should I go” pezzo composto con i Blind boys of Alabama si crea il momento più intenso dello show: dopo aver ammutolito volutamente il pubblico meneghino canta, senza l'uso del microfono, una strofa del brano. Il silenzio è assoluto e anche le persone più lontane dal palco riescono a sentire la voce potente del musicista californiano, percependo tutte le sfumature emozionali della sua timbrica. Si passa poi alla staordinaria “Better Way”, il cui ritornello “I believe in a better way” continua ad essere cantato dalla folla anche dopo la conclusione  del brano lasciando incredulo Ben e facendolo sentire come dice lui stesso “the luckiest man in the world”: è il giusto merito per chi la musica la propone dal più profondo del cuore. A chiudere un’ora e quaranta di memorabile live sono le dolci note di “With my onw two hands”, in versione acustica accompagnata dai sussurri del pubblico e dalla sua chitarra.
Si accendono le luci e i musicisti escono di scena su applausi a non finire. Come il resto del pubblico rimango estasiato, un  magnificat spirituale. Quando si assistono a eventi di questo calibro capisco che infine il Rock è ancora vivo e vegeto , grazie a musicisti che come Plant l’hanno creato e che come Harper continuano a diffonderlo e tenerlo in vita nel migliore dei modi.
Rock’n’roll is free

P.S. Unica nota negativa: fino all’ultimo momento si è sperato in una performance duetto Harper/Plant che non c’è stata, sarebbe bastato anche un minuto e non c’è dubbio che anche quel solo minuto sarebbe passato alla storia.


Setlist  :


Robert Plant and the Band of Joy


Black Dog
Angel Dance
What is and what should never be
House of cards
Down to the sea
Monkey
Tangerine
Bron-y-aur-stomp
In the mood
Please read the letter
Misty Mountain Hop
Ramble on
Gallows Pole

Ben Harper


Burn one down
Diamonds on the inside
Masterpiece
Number with no name
Rock’n’roll is free
Burn to shine
Lay there and hate me
Walk away
Forever
Don’t give up on me now
Ground on down
Dirty little lover
Where could I go
Better way
Ohio
Clearly Severely
With my own two hands

Filippo For Sherwood Live Reporter

 
 

Links utili:
it.wikipedia.org/wiki/Ben_Harper

www.benharper.com
it.wikipedia.org/wiki/Robert_Plant
www.robertplant.com

 
 
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