Brunori Sas live report

Radar Festival, Bastione Alicorno Padova - 20 Luglio 2011

22 Luglio 2011

A fine Marzo del 2009 crollavano 20 metri di mura cinquecentesche nel Bastione Alicorno. In molti sudarono freddo anche se la primavera stava per sbocciare.
Passò qualche giorno e all'inizio di Aprile, dopo mesi di tam tam internautico, usciva l'esordio solista del cantautore cosentino Dario Brunori in arte Brunori Sas. Si intitolava schiettamente “Vol.1”, aveva un bambino urlante in copertina vestito con una canotta dal motivo anni '80, la foto a colori leggermente virati, i testi diretti e disadorni, la musica (come definirla se non) tipicamente italiana.
Aveva da subito riscosso un ottimo successo. Osannato dal pubblico, coccolato dalla critica e pluripremiato in concorsi che contano (Premio Ciampi nel 2009 e Targa Tenco nel 2010 come miglior esordio).

Romanticismo, intimismo personale, disillusione, ironia e nostalgia venivano raccontati con sonorità retrò e con una autoralità basata tutta sulla sintesi. Prendete la carne e spolpatela fino all'osso e se possibile limatelo ulteriormente; prendete una storia normale di un italiano normale in vacanza negli anni '80, raspatela, raschiatela. Cosa rimane se non paletta, secchiello, cotta estiva, falò, chitarre, Pertini e Bearzot? Un po' del nostro cuore era rimasto paralizzato in un normalissimo “31 Agosto” con “una storia che nasce e un'estate che muore”.

Il 17 Giugno 2011 è uscito “Vol.2 – Poveri cristi”, Brunori ha cambiato decisamente strada e finalmente è arrivato a Padova.
Dal 22 Giugno c'è qualcosa di nuovo che anima la nostra città a misura di vecchio. Si chiama Radar Festival ed è nato dallo sforzo comune di alcune realtà che fanno tanto, lo fanno bene e che ha come obiettivo quello di “di dare a Padova un cuore pulsante di musica e arte dalle forte evocazioni europee”. Repeat, Afraid, Wah Wah Club, Mela di Newton, Mettiche e Pop Corn gridano assieme: “Let the revolution begin”. È un buon inizio.

Arrivo al Bastione Alicorno mentre il gruppo spalla saluta il pubblico. Tutta colpa di una tessera Arci che non riuscivo più a trovare. Questa struttura, da cui si accede tramite un sentierone intelligentemente illuminato, tutta archi e pietre a facciavista, è senza ombra di dubbio una fra le più belle ed affascinanti della città.

Prendo una birra e rimango un po' irrigidito dal cd che sta andando durante il cambio palco. Per fortuna Brunori sale sul palco. Solitario. L'irritante sottofondo diventa sempre più sottofondo. Lui si sistema la camicia grigia, pulisce i suoi occhiali importanti, abbraccia la chitarra, si avvicina al microfono: “ai nostri concerti mettiamo sempre una intro new-epic-metal. Serve per riscaldare il pubblico”. Che ride.

Brunori spiega che questo nuovo album Poveri Cristiè una specie di Via Crucis...speriamo sia almeno un po' meno noiosa”. Attimo di pausa con sguardo alla ricerca di concentrazione. Bastano pochi accordi per capire che si tratta de “Il giovane Mario” la prima traccia del nuovo disco. È triste forte. Gioco d'azzardo, scommesse, lotterie, illusione, speranza. È la storia di un aspirante suicida. La sua voce roca e sgraziata la rende ancor più malinconica.
Per fortuna alzo la testa e dalle grate in alto vedo le mutandine di due tipe. Mi distraggo e mi riprendo con gli applausi che accompagnano la fine della canzone.

Entra la band. La Sas è al completo.

Partono con “Fra milioni di stelle”, l'ultima traccia dell'album. C'è una soave voce femminile, ma la sala è già troppo piena per riuscire a vedere qualcosa. Decido di usare solo le orecchie, anche perché, come confermerà il fotografo, il palco è praticamente al buio.
L'audio è quello che è. L'ambientazione molto più che suggestiva non aiuta. Ridendo il suono denso e pieno di echi viene ribattezzato (è proprio il caso di dirlo) “Effetto Wojtyla”. Il fonico smanetta e la situazione migliora leggermente.

Onanismo spinto e poesia vanno di pari passo” è la fase che introduce "Italian Dandy" e noi torniamo adolescenti quando vivevamo amori da 200 poesie. È un tripudio e un po' rimango stupito dalla risposta del pubblico.
Il batterista è irrequieto e prova a dare qualche colpo di assestamento mentre c'è gente che si siede sul palco. Brunori non perde l'occasione: “Fico. Mi sembra di essere ad un concerto degli Ac/Dc”.

I padovani sono devoti a Sant'Antonio, ma “Paolo prega Dio e Padre Pio”. Il pubblico si lancia sul ritmo incalzante di questa canzone. Accenni di danza, gambette che partono seguendo le linee del sax.

Arriva "Rosa" che è forse una delle tracce più significative di Poveri Cristi. Ritmo allo stato puro. Anch'io comincio a muovermi e riconosco che rende molto di più dal vivo che dal disco.
Applausi.
Scusate, ma ho la capacità di ossigenazione di Califano” e tutti riprendiamo fiato con "Una domenica notte". Dura un attimo, insufficiente a calmare il cuore, perché arriva “Come stai” e tutti la stavano aspettando. Piccolo orgasmo collettivo sui “na – na – naaa”.

Quando il pubblico fa gli applausi lunghi noi facciamo le canzoni pessime” ed è, effettivamente, un po' così perché tocca a “Lei, lui, Firenze” che non è propriamente la mia preferita.
Un tizio che mi ha visto prendere appunti mi si avvicina e mi dice che fra il pubblico c'è Alessandro Grazian. Uhm. Grazie per l'informazione.
Se applaudite anche a questo brano svuota pista, bhe, è fatta”.

Su un tappeto di flauto quasi medioevale parte quella sorta di valzer che è “La mosca” poi arrivano “Tre cappelli sul comò” che ha una coda quasi noise. “Se fai bordello alla fine di un brano significa che fai sperimentazione” scherza Brunori che congeda la band e da solo ci canta “Il pugile”.

La band torna per “Animal Colletti”. Sono esplosioni. Poi, di un tratto, si fermano. Bloccati. Immobili. Una paio di minuti e la gente comincia già a distrarsi. Esplodono. È un fulmine che spaventa più di qualcuno.
Brunori si asciuga la fronte e si avvicina al microfono: “Scusate, ma il nostro tempo è determinato” frase che arriva dopo aver confessato che paga i suoi collaboratori ad ore. Ridiamo amaro.

Guardia '82” arriva a conclusione. Di tutto. Vedo l'estasi in tanti occhi. Me la godo tutta. Sono quelle storie che mi hanno sempre carpito l'attenzione.
Scappano dal palco.
Ritornano.
Salutano chi sta “3 metri sopra il cielo” e dedicano loro una canzone ispirata ai romanzi di Moccia. È un inedito che si intitola “Con lo spray” e racconta adolescenti che scrivono frasi d'amore sui muri con le bombolette e i politici fanno di peggio; professori che si incazzano perché i ragazzi scrivono sms durante le ore di scuola; genitori che rimpiangono le vecchie generazioni, ma i preti fanno di peggio.
Magnifica.
Su “Costantino è un po' recchione” salgo a fumare.
Dietro di me inchini ed applausi per la Brunori Sas.

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Link utili:
www.radarfestival.it
www.brunorisas.it
www.myspace.com/brunorisas

 
 

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  • Brunori sas live @ Radar Festival - Foto di Boz
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