Intervista a Leonardo Vittorio Arena a cura di Mirco Salvadori

L'arcipelago notturno dei 101 sogni

Leonardo Vittorio Arena incontra Giacinto Scelsi

28 Agosto 2016

Cercare di avvicinarsi all'universo della musica contemporanea senza quel senso di disagio diffuso tra chi usualmente percorre altre vie sonore è sensazione diffusa. Si viene a contatto con una realtà paludata che usa il termine ricerca al pari di uno scudo dietro al quale nascondersi e rendersi invisibile, quasi difendersi da un mondo altro che può contaminare una purezza creata in anni e anni di irreale isolamento. Il viaggiatore che giunge sotto le alte mura di questo impenetrabile castello, il più delle volte lo fa seguendo il richiamo che proviene proprio dall'interno di quelle mura. Voci che appartengono a pochi e magici visionari divenuti, magari a loro insaputa, maestri dei maestri. Tra questi uno in particolare, un 'non-maestro' per definizione, una voce da sempre fuori dal coro e per questo poco valutata dai colleghi dell'epoca: Giacinto Scelsi (1905-1988), il compositore che si firmava con un cerchio sospeso sopra una linea, colui che ha viveva in bilico sulla linea indefinita che unisce suono e pensiero filosofico. Due componenti fondamentali che accomunano Scelsi e Leonardo Vittorio Arena, filosofo, accademico e studioso di Storia delle Religioni, docente di Storia della Filosofia Contemporanea e Filosofie Orientali all'Università di Urbino, autore di una vasta serie di saggi e romanzi pubblicati dalle maggiori case editrici italiane, con all'attivo monografie su John Cage, David Sylvian, Robert Wyatt e Brian Eno. Instancabile ricercatore sonoro armato di iPad, a volte come Atman Sound Project, a volte assieme ad altri musicisti contemporanei.
E' da poco uscito per l'instancabile CRAC Edizioni un interessante volume dedicato al musicista italiano, Scelsi: Oltre l'Occidente, una lettura non immediata ma illuminante che ben descrive la componente filosofica orientale insita nell'opera del Conte di Ayala Valva.
Ne parliamo con l'autore.

 

Un cerchio ed una linea, al di sotto di questi due segni un centinaio di pagine dedicate ad un anticipatore visionario, colui che si definì un postino che riceve messaggi da trasmettere, e si accinge a consegnarli. Dopo le biografie su Sylvian, Wyatt, Cage e Eno, ecco un altro volume dedicato alla figura di Giacinto Scelsi. Quale il motivo che ti ha indotto a scrivere questo testo.

Soprattutto, una simpatia e un’affinità nei confronti di Scelsi, outsider a tempo pieno. Non tanto una identificazione, però. Nella scelta tra musica e filosofia, imponderabile, ho scelto la seconda. Da qui le divergenze, che non sono di intenti, bensì di mezzi, detto in generale. Poi l’Oriente, che pure mi accomuna a Scelsi. Anche l’idea di un messaggio da recapitare, come dici, mi pare buona analogia. Direi il non-metodo di Scelsi. Lo spirito di una comunicazione da mente a mente, come si direbbe nello Zen: dal musicista all’ascoltatore e viceversa. Da cuore a cuore.

 

Scelsi: Oltre l'Occidente” si intitola la tua pubblicazione. Un intenso, a volte difficile e per nulla scontato viaggio dentro ed attraverso un mondo colmo di suoni e spiritualità. Quale e a che livello è iniziato il dialogo tra Leonardo Vittorio Arena, docente di Storia della Filosofia Contemporanea e Filosofie Orientali e il 'non-musicista' Giacinto Scelsi.

 Nel mio libro Nonsense o il senso della vita avevo scritto che la musica è l’organon del nonsense, indicando i musicisti che più si erano accostati all’approccio “nudo”, non logico-formale: Terry Riley, Webern, Cage. Un collega mi disse: “Manca Scelsi”. Cominciò da lì: la mia curiosità ne fu più che stimolata. Scelsi doveva essere trattato. La distinzione tra musica e filosofia mi è sempre parsa angusta e, con i miei limiti, ho tentato di superarla. Scelsi, come Cage e altri, mi ha dato strumenti. Nei 70 credevo che la filosofia si trovasse nella musica: elettronica, classico-contemporanea e prog rock. Ce n’era abbastanza per iniziare il dialogo.

Il titolo stesso lo suggerisce: “Oltre l'Occidente”, un confronto continuo ad altissimo livello tra il suono di un innovatore e un pensiero che fa capo ad una serie di discipline filosofiche orientali di non semplice acquisizione. Riusciresti, da accademico ma anche da ricercatore sonoro quale sei, a descrivere questa particolare relazione?

 Ci provo, indicando alcuni tratti in ordine sparso. La concezione diversa del musicista, che non è un virtuoso, e si abbevera alle fonti del suono, cercando di diventare nudo, alieno ai generi, alle mode e agli stili, per dar corpo alla sua essenza – attraverso un non-metodo. Qualcuno che non presume di essere qualcosa, si siede davanti allo strumento e suona, come Scelsi, quello che viene, l’improvvisazione radicale; lo stesso se si trattasse di una conferenza, una relazione, una lezione. Qualche spunto c’è, poi si procede verso il nulla, un panorama di orizzonti sterminati. Non lo direi buddhismo, brahmanesimo o taoismo, anche se è tutto questo.

 

Il redattore a questo punto fa una pausa e “scende a terra” per chiedere al Leonardo Vittorio Arena sperimentatore sonoro, un parere sul Giacinto Scelsi studioso 'avanguardista' sonoro e sul mondo della musica contemporanea che in quei tempi lo ha sempre tenuto alla lontana, un mondo tutt'ora chiuso, che difficilmente si apre al dialogo con culture musicali altre. Mi riferisco, per esempio, a certa musica elettronica ritenuta impresentabile perché di derivazione popolare.

 L’artista nonsensical non distingue una elettronica colta dall’altra; si muove secondo gli umori del momento, i suoi, mediati dallo spirito del tempo. Amo lo Scelsi che insisteva sullo stesso accordo al pianoforte, secondo l’autobiografia, o sulla stessa nota, il compositore; egli non cerca, trova, sempre con umiltà. Lo Scelsi che rincorreva il non-suono e ammette di non averlo raggiunto. Ne ho ascoltato i nastri registrati all’ondiola alla Fondazione Scelsi e ne amo la non collocabilità. Lo Scelsi wabi/sabi, distaccato, che non ricerca la perfezione, né il prodotto finale. Lo Scelsi che poteva servirsi di un synth e non lo fece, inattuale fino al midollo. Il suo carattere chiuso, introverso, lo emarginò, più che i suoi brani. Lo Scelsi prigioniero del suo karma, per dire, che non sgomita per farsi sentire. Lo Scelsi che vorrebbe essere trasmesso in Rai, e se ne frega pure. Lo schizo-Scelsi, se mi si passa il termine. Sublime, dal mio punto di vista. Un esempio e un modello.

 

Rimanendo in argomento e secondo il tuo parere, chi in ambito contemporaneo deve qualcosa al compositore e Conte di Ayala Valva.

 Se parliamo di filiazione diretta, non saprei. Su altri piani, potrei dire Cage stesso, Demetrio Stratos, restando italici e non, perfino Stockhausen, ma non vorrei allargarmi. L’omissione di nomi ovvi non è ovvia. Passando al rock, azzardando, molte cose di David Sylvian, e di Fennesz. Pazienza, se qualcuno storcerà il naso! A onta di contraddizione, direi che Scelsi è quanto mai presente e assente nel mondo della musica contemporanea.

 

Mi rivolgo ora all'insegnante, anche se non è questa la tua materia, ovviamente. Una guida veloce all'ascolto del compositore ligure.

 L’estetica è ramo della filosofia, quindi, perché no? Anziché una meticolosa lista dei brani “indispensabili” per capire “veramente” Scelsi – attitudine dalla quale rifuggo – e in spirito scelsiano ne nomino uno solo: i Canti del capricorno, sul quale si potrebbe restare una vita intera per trarne spunti, musicali e non. Accenno anche alle composizioni per una nota sola, magari consigliandole dopo l’ascolto dei Canti, i quali non mi pare siano stati sondati a fondo – con l’anima dico, non con la musicologia.

 

La classica domanda di chiusura che non si risparmia nessuno, men che meno ai docenti universitari, meglio ancora se ricercatori musicali sul campo: programmi letterari e musicali futuri?

 I più immediati; altre opere sulla mia filosofia del nonsense e del nudo (e qui bisognerebbe scrivere un'intervista a parte-n.d.r.); un panorama della filosofia giapponese moderna e contemporanea; attività da solo e in gruppo, con artisti e performer visivi, all’insegna della improvvisazione radicale; i miei ipad hanno sostituito ingombranti sintetizzatori e computer inaffidabili. L’anno prossimo, un libro sulla filosofia di Ryuichi Sakamoto. Con una formazione “classica”, in trio, con violino e piano, sto suonando musiche di Scelsi e Gurdjieff – a novembre saremo a Roma, alla Fondazione Scelsi. Sono su Facebook e su wordpress, il nome per intero. I miei libri li presento in duplice veste: filosofica e musicale, parlo e suono.

 

 

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA:

Giacinto Scelsi – Il Sogno 101 - Quodilibet

 

CONTATTI:

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leonardovittorioarena.wordpress.com

 

 
 

 
 

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