ReadBabyRead #35 del 25 agosto 2011

José Saramago: "Il racconto dell'isola sconosciuta" (2/2)

25 Agosto 2011

José Saramago

Il racconto dell'isola sconosciuta (parte 2 di 2)


per info su Franco Ventimiglia e Claudio Tesser:

www.letturaealtricrimini.it


Leggono: Franco Ventimiglia e Sarah Ventimiglia


Questo è un omaggio a José Saramago, scomparso il 18 giugno 2010, premio Nobel per la letteratura nel 1998, uno dei grandi scrittori e intellettuali del nostro tempo, comunista post-rivoluzionario, agguerrita voce radicale contro ogni antilibertarietà.

Chiedere al Re una barca per cercare l’isola sconosciuta significa intraprendere il viaggio più difficile, quello che non riusciremo mai a fare fino infondo, verso quell’isola sconosciuta che sempre siamo per noi stessi.
Il racconto dell'isola sconosciuta si legge tutto d’un fiato, così come Saramago l’ha composto. “Mi sono alzato dalla scrivania solo quando ho finito di scriverlo” dice in un’intervista. Ventinove pagine nell’accurata edizione Arcipelago Einaudi, con illustrazioni cartografiche tratte da l’Atlante di Battista Agnese del ‘500. Il tempo del racconto coincide con lo svolgersi della storia: discorsi diretti, indiretti, riflessioni, tutto in uno stesso ritmo regolato da un’abile punteggiatura, libera da ogni schema. Saramago non usa le virgolette per i discorsi diretti, usa le virgole al posto dei punti e i punti al posto delle virgole ed a volte non li usa proprio.
“Un uomo andò a bussare alla porta del re e gli disse, Datemi una barca.” Non fu facile per l’uomo che voleva la barca poter parlare con il Re, sempre impegnato alla porta degli ossequi piuttosto che a quella delle petizioni. Aspettò per ben tre giorni avvolto nel suo mantello dopo aver inoltrato la sua richiesta di udienza alla donna delle pulizie che a sua volta la inoltrò al secondo assistente, questi al primo assistente, che chiamò il secondo segretario, che a sua volta chiamò il primo e così fino ad arrivare al Re. Dopo un serrato confronto con il postulante, il Re acconsentì a dare la barca all’uomo che la voleva per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta. Con un biglietto da visita autografato dal Re si diresse al porto, ormai si trattava solo di scegliere la barca e trovare un equipaggio con cui partire…ma qualcuno aveva già deciso di seguire l’uomo che voleva la barca e lui nemmeno se lo immaginava…”proprio come del resto anche il destino suole comportarsi, è già dietro di noi, ha già allungato la mano per toccarci la spalla, e noi siamo ancora lì a mormorare, E’ finita, non c’è nient’altro da vedere, è tutto uguale”.
Il viaggio di Saramago alla volta dell’isola sconosciuta è il viaggio dell’autoconoscenza, senza psicologismi o spiritualismi di sorta, ma semplicemente il viaggio della vita, vivere e cercare di comprendere la propria vita, vedere con la voglia di guardare che significa conoscere, capire, “che bisogna allontanarsi dall’isola per vedere l’isola, e che non ci vediamo se non ci allontaniamo da noi, Se non ci allontaniamo da noi stessi, intendete dire, Non è la medesima cosa.” Il breve racconto è ricco di metafore ed allegorie che Saramago svela attraverso frasi dense come questa, offrendo al lettore una traccia per seguire più da vicino il suo pensiero ed il suo modo di leggere le cose del mondo, senza mai allontanare dall’atmosfera e dal ritmo del racconto. L’uomo che voleva la barca, sale sulla sua caravella con un fagotto: pane, formaggio duro di capra, olive e una bottiglia di vino. La prima cena sul castello di poppa, com’è bella la barca, ma non solo lei…iniziano le prime paure, non ci sono i marinai, la difficoltà di manovrare e governare l’imbarcazione, ma… se si sogna in due di raggiungere l’isola sconosciuta va a finire che si salpa davvero!

José Saramago è nato ad Azinhaga, in Portogallo il 16 novembre 1922. Il suo primo romanzo, Terra del peccato, del 1947, non riceve un grande successo nel Portogallo oscurantista di Salazar. Nel 1959 si iscrive al Partito Comunista Portoghese che opera nella clandestinità sfuggendo sempre alle insidie ed alle trappole della famigerata Pide, la polizia politica del regime. Negli anni sessanta Saramago diventa uno dei critici più seguiti del Paese nella nuova edizione della rivista "Seara Nova" e nel '66 pubblica la sua prima raccolta di poesie I poemi possibili. Diventa quindi direttore letterario e di produzione per dodici anni di una casa editrice e dal 1972 al '73 curatore del supplemento culturale ed editoriale del quotidiano Diario de Lisboa. Sino allo scoppio della Rivoluzione dei Garofani, nel '74, Saramago vive un periodo di formazione e pubblica poesie (Probabilmente allegria, 1970), cronache (Di questo e d'altro mondo, 1971; Il bagaglio del viaggiatore, 1973; Le opinioni che DL ebbe, 1974) testi teatrali, novelle e romanzi.
Il secondo Saramago (vice direttore del quotidiano Diario de Noticias nel '75 e quindi scrittore a tempo pieno), libera la narrativa portoghese dai complessi precedenti e dà l'avvio ad una generazione post-rivoluzionaria. Lo scrittore pubblica il lungo romanzo Manuale di pittura e calligrafia nel '77 e quindi nell'ottanta Una terra chiamata Alentejo sulla rivolta della popolazione della regione più ad Est del Portogallo. Ma è con Memoriale del convento (1982) che ottiene finalmente il successo tanto atteso. In sei anni pubblica tre opere di grande impatto (oltre al Memoriale, L'anno della morte di Riccardo Reis e La zattera di pietra) ottenendo numerosi riconoscimenti. Gli anni Novanta lo consacrano sulla scena internazionale con L'assedio di Lisbona e Il Vangelo secondo Gesù, e quindi con Cecità. Nel 1998 riceve il Nobel per la letteratura. Negli ultimi anni vive a Lanzarote, nelle Isole Canarie e fra le sue opere, oltre quelle già menzionate troviamo Viaggio in Portogallo, Oggetto quasi, Tutti i nomi, Il racconto dell'isola sconosciuta, La caverna, L'uomo duplicato, Saggio sulla lucidità, Poesie, Teatro, Don Giovanni o il dissoluto assolto e Le intermittenze della morte. Ma il Saramago autodidatta e comunista senza voce nella terra del salazarismo non si è mai fatto avvincere dalle lusinghe della notorietà conservando una schiettezza che spesso può tradursi in distacco. Il suo Portogallo, sia nello scenario del passato che in quello contemporaneo sembra rifarsi alla concretezza della vita e ai suoi risvolti fantasiosi inglobati in una grande storia di cui lo scrittore si fa specchio.


In calce vogliamo riportare un articolo, tra i tanti, del Saramago giornalista combattente sulla gravissima, vergognosa e allarmante situazione politica di regime in cui versa da anni il nostro Paese.


José Saramago
La Cosa Berlusconi

pubblicato su El País del 6 giugno 2009

Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese, significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Berlusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Berlusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Berlusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

Margareth (Saramago Suite), Intro
Margareth (Saramago Suite), Re Reggae
Margareth (Saramago Suite), Al Porto (breve)
Margareth (Saramago Suite), Al Porto (lungo)
Margareth (Saramago Suite), Il Cielo
Margareth (Saramago Suite), Il Sogno
Margareth (Saramago Suite), Outro

 
 

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José Saramago in un ritratto del fotografo Cameron Freye.

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