Yato, ovvero Stefano Mazzei, fa uscire dai suoi dj set il flusso del suo ritmo e lo depone nel suo primo cd.

30 Marzo 2016

Yato
"Fuck Simile"
(Autoprodotto)

Yato, aka Stefano Mazzei, con questo primo album solista “Fuck Simile”, mette in comunicazione la sua arte, ibrido di visioni apocalittiche, elettronica spinta e umorale, danze disinibite per sfuggire al confine troppo contenitivo della forma canzone. La sua voce a volte singhiozzante, altre raccontante, altre ancora imponente, trascina il flusso dell’ascolto in un abisso musicale spaziale che cerca, una volta tanto, i fronzoli per raccontarsi. C’è molta leggerezza viva e attiva in queste tracce. Un’eccentricità, come ad esempio in “Ormonauti”, che si esprime sia con l’elettronica che con la poetica del cantautore, il quale viene risucchiato da questo vortice di suoni che martellano consapevoli la melodia sonora. “Servo di un’idea” allarga le vocali e dentro il fiume che si crea si costruisce l’immaginario branduardiano travolto dall’elettro noise a manetta e diventando ancora più pulsante nella versione remix posta alla fine del disco. La strumentale “Solo al piano solo” scivola via ridisegnando una strada che si conosce ma con toni delicati e più filiformi, con un finale voluttuoso e straniante ma che prosegue per questa strada immaginaria che arriva ad arrampicarsi per poi chiudere urlando alla vetta alta raggiunta. “Viziù” indossa i vestiti di tante persone che affollano un’unica anima sconvolta e rassegnata al male che le arriva addosso a schiaffi. Giocare così consapevolmente coi suoni della melodia della sua voce è disarmante, soprattutto per il flusso continuo che scorre, distraendo dal mondo e rimanendo dentro di esso come in una scatola. Le orecchie rimangono contente, in un equilibrio sullo stesso livello di gusto e destrezza per tutto il disco.

Francesca Ognibene

 
 
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