Il trio laziale Metamorfosi apre inesorabilmente le ali nel secondo album "Chrysalis"

2 Marzo 2016

Metamorfosi
"Chrysalis"
Mauna Loa Ed. 2016

Il trio laziale Metamorfosi, attivo dal 2005, ha avuto bisogno di qualche anno prima di trovare la condizione ideale per raggiungere la canzone perfetta, con nelle tasche delle soluzioni creative e negli occhi una visuale chiara. L’arrivo della cantante Sarah D’Arienzo nel 2010 ha certamente concretizzato le dinamiche di molti spunti di canzoni che stentavano a venire fuori dal bozzolo. La voce di Sarah, prima in italiano con “Chimica Ormonale” (aut. 2012) e adesso in inglese con “Chrysalis”, sfugge ai convenevoli perché arriva dritta al cuore. Il chitarrista Tyron D’Arienzo (forse il fratello) ha della sua uno stilizzato governo della melodia che equilibra e riesce a trovare la quadra anche quando si eccita, sbraita e gioca a yoyo come in “The Moon Is Kiddin Me”. Il batterista Gianluca Manfredonia sa far crescere la tensione e l’entusiasmo delle atmosfere che si prendono a botte pur di ergere la propria essenza unica. Il senso percussivo, melodico ed espressivo del disco fila elegante già dall’inizio con “Essence”. La modernità di questa canzone che la cantante guida tirando il filo della velocità, diventa il motore dell’emozione che si fa ora intensa ora leggera. La title track, vicina al rock in un salto di tono, si appropria di una certezza: affrontare fino ad accettare la crescita giorno dopo giorno. I cori gregoriani di “Gregor Samsa” in un breve intervallo portano indietro nel tempo ma “Levity” spinge l’acceleratore e la melodia si allunga e si fortifica come un alto castello medievale con le trombe nelle orecchie e i preparativi per la festa che pullulano. “Keep The Pain”, cantata a più voci in stile indie, mi ha ricordato la rotondità e l’ebbrezza dei Pecksniff. Ma non è ancora finita perché i nostri cambiano ancora in “Light”, dove portano la musica classica quasi destrutturandola e cristallizzando la rabbia giovane, grazie alla voce dei Sarah che sfonda ostacoli d’ogni sorta.

Francesca Ognibene

 
 
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