Tra Underground e Indipendenza

come e quanto valgono ancora questi termini

26 Gennaio 2016

Venerdì 19 febbraio al Cs Django verrà presentato Black Hole, uno sguardo sull’underground italiano” (Eris Edizioni, 2015) e attraverso il racconto dell'autore Turi Messineo discuteremo di alcuni temi caldi riguardo all'underground italiano,: a partire da come i gruppi hanno dato vita alle varie “scene”, come questi si sono rapportati con gli spazi sociali, fino al cuore della questione, cioè come il termine underground si relazioni alla definizione di indipendenza musicale ed entro quali vincoli quest'ultima possa essere definita. Questi sono effettivamente due termini che esprimono concetti differenti il primo è legato all'etica DIY, dal basso e alle ristrettezze economiche, il secondo invece sebbene condivida queste tematiche è più incentrato sull'autodeterminazione e sull'autogestione delle band senza interferenze commerciali dall'alto. Per entrambi non è semplice nel 2016 darne un'immagine completa ed esaustiva, i parametri che valevano nei decenni scorsi sono ormai obsoleti, sia perché sono cambiati i generi e gli obiettivi dei musicisti, sia perché ormai si è sviluppato un framework di strumenti e processi che hanno reso labile il confine tra underground, indipendente e mainstream; vedi l'utilizzo sfrenato e abusato dei social, il declino dei cari vecchi modi di riproduzione analogica degli album o le nuove tecniche di marketing legate alla musica. E' palese che in passato era tutto più semplice, più locale e legato alle dinamiche di autoproduzione e autodistribuzione, parole chiave che hanno reso TVOR una fanzine nota in tutto il mondo e l'hardcore italiano una pietra miliare dell'underground globale, che hanno portato le Posse hip hop dalle crew cittadine ai grandi palchi e che hanno reso band di rocker in salsa italiana in grandi gruppi con cachet da capogiro. Al tempo gli slogan principali erano precisi e diretti – fuori dal mainstream – o sei Vasco Rossi o sei dei nostri, o suoni a San Siro o sei uno sconosciuto come tutti noi. Il rapporto era effettivamente più diretto,: tante band, piccoli palchi, una rete indipendente di distribuzione attorno alla quale gravitavano musicisti, grafici, street artist, promoter che si mettevano in gioco senza esperienza e soprattutto spazi sociali che riuscivano ad attrarre queste tribù urbane dinamiche, magari riuscendo a far sì che i temi sociali e politici permeassero nei testi e nelle canzoni.

Passa il tempo e la musica cambia. Quante etichette esistono al giorno d'oggi e quante di esse si definiscono indipendenti o underground.. e alla fine lo sono realmente? C'è da ricontestualizzare e ridefinire il concetto di indipendenza. Non basta più non essere una major per appropriarsi di questo status: anche realtà lontane dai circuiti mainstream riescono a riempire le platee di festival, teatri e sale concerti enormi, riescono alla stessa maniera ad entrare nei circuti editoriali e pubblicitari; ma non reca più alcuna importanza al giorno d’oggi suonare in un locale privato o in uno spazio autogestito che tenta di abbassare i prezzi il più possibile così da rendere l’accesso abbordabile a tutti? Sta proprio qui il nocciolo della questione: che sia da conferire il titolo “indipendente” a prescindere dalla dimensione, dal profitto raggiunto, da una connotazione “politica” delle varie label? L’indipendenza è ormai slegata dai canoni di auto distribuzione e auto produzione, dalle realtà e circuiti locali, senza per questo essere abbastanza “sotterranea” da definirsi underground?

Ne discuteremo per l'occasione al centro sociale Django assieme a Turi Messineo, autore di “Black Hole, uno sguardo sull'underground italiano”, che ripercorre la storia e i temi cardine delle scene italiane: dalla musica, grafica, graffiti, libri alla scelta veg, pure lui musicista con gli Values Intact, Whale’s Island e Onoda e collaboratore di Salad Days Magazine, poi Stokka direttamente dal progetto The Tasters assieme a MadBuddy e figura di spicco di Unlimited Struggle, Marco De Vidi scrittore per Il Manifesto e Vice Italia e infine Cento Canesio di Lobster Apparel e Marker Shop. Assieme ai loro contributi proveremo a delineare le varie caratteristiche e i diversi vincoli che definiscono le scene locali e underground e come esse sono cambiate nei tempi. We gonna rise above!

Carlo Geromel

(CsDjango – The Atom Tanks)

 
 

Evento associato:

Black hole, presentazione del libro

 
 
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