Deerhunter – Fading Frontiers

by MonkeyBoy (Vinylistics)

13 Novembre 2015

I Deerhunter sono una di quelle band per cui è lecito spendere il termine di ‘icona’ del cosiddetto indie rock. Certo, il fatto che il leader e cofondatore Bradford Cox sia dichiaratamente omosessuale, abbia la sindrome di Marfan ed una mal celata attitudine da sociopatico, ha nutrito molto il mito attorno al gruppo di Atlanta. Ma dal 2001, anno della fondazione, i Deerhunter hanno donato all’umanità sprazzi di grande musica rock sperimentale; dall’esordio Turn It Up Faggot passando per Microcastle fino al loro indiscusso capolavoro Halcyon Digest abbiamo assistito ad un crescita pressoché costante, oltre che ad altrettanti cambi di formazione. La centralità del ruolo di Cox è sempre stata nota ma ha assunto un’importanza decisiva nell’ultimo Monomania del 2013, un rabbioso e forse un po’ confuso manifesto di delusione sentimentale che ha creato un primo punto di svolta per la band.

Fading Frontier, settimo album per Cox & Co., cambia di nuovo le carte in tavola. Prima di tutto vanno registrate l’uscita del chitarrista Frankie Broyles e la conferma di Josh McKay al basso. Accanto al polistrumentista e frontman Cox, trova ovviamente spazio l’altro fondatore Moses Archuleta alla batteria mentre Lockett Pundt si divide come sempre tra chitarre e tastiere. Guest d’eccezione sono James Cargill dei Broadcast ai synth e Tim Gane degli Stereolab al clavicembalo elettrico. Producono i Deerhunter assieme a Ben H. Allen III (al lavoro, tra gli altri, con gli Animal Collective) che torna dopo ben 5 anni da Halcyon Digest. Per la prima volta la composizione è stata un momento maggiormente corale, in cui tutti hanno dato il loro contributo. Ad Astra è stata composta da Pundt, che duetta con Cox in Breaker stabilendo un precedente unico. Definito dalla stessa band americana il disco più complesso ed allo stesso tempo più accessibile della loro carriera, focalizzato su melodie e strutture, ha come influenze dichiarate INXS, R.E.M. e Tom Petty.

Deerhunter

Per approcciare Fading Frontier è necessario fare un salto indietro al 2014, quando un incidente stradale costringe Bradford Cox ad una lunga convalescenza in ospedale in cui, anche a causa di uno stato psicofisico di base non propriamente ottimo, deve ripensare la sua vita, obiettivi raggiunti e futuri compresi. Da quell’episodio, dai giorni di paura prima ed immobilità poi, nascono i prodromi di questo LP, in cui non si fa fatica a riconoscere un mood più positivo che in passato. La produzione ed i nove brani riflettono la solarità del momento, la ritrovata vitalità e la consapevolezza acquisita, stridendo con la cupa aggressività di Monomania. Non è un caso che il primo singolo estratto sia stato proprio Snakeskin, un pezzo allegro e movimentato nel suono, al solito cupo e depresso nei testi (“I was born already nailed to the cross, I was born with a feeling I was lost”). A metà tra funky e psichedelia, rappresenta uno degli episodi migliori del disco. Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda troviamo Breaker, altro singolo ed altra parentesi piacevole, che oltre al sopracitato duetto Cox/Pundt alterna un giro di basso ossessivo ad un riff di chitarra leggero ma la cui struttura cambia ben poco risultando un po’ piatta e prevedibile.

 

 

Purtroppo non sarà l’unico momento in cui la delusione prevarrà sull’esaltazione. In realtà le cose cominciano anche piuttosto bene con All The Same. È un inizio confortevole ed illusorio allo stesso tempo, un indie rock di stampo piuttosto classico che nonostante la chitarra jangle finisce quasi per essere il più sperimentale del lotto, che prende spunto dal racconto di un amico del padre di Cox – che ha cambiato sesso e ha perso tutto – per aprire uno squarcio sulla vita privata del frontman, per la prima volta mai così naïf ed aperto al mondo: “Take your handicaps, channel them and feed them back, until they become your strenght”. A seguire ci capita davanti Living My Life e qui sono dolori...continua su Vinylistics

 
 

    video

  • Deerhunter - Snakeskin
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