ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.

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Sofocle: “Antigone” (4/6)

4 Giugno 2015

ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.


ReadBabyRead #232 del 4 giugno 2015

Sofocle
Antigone (traduzione di Massimo Cacciari)

(parte 4 di 6)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast


Legge: Francesco Ventimiglia


L’Antigone di Sofocle non è un testo qualunque. È una delle azioni durature e canoniche della storia della nostra coscienza filosofica, letteraria e politica.
[George Steiner]


Antigone, una tragedia liquida
di Claudio Tesser

La genesi dell’operazione è semplice: da molti anni, almeno 30, non ascoltavo Bitches Brew di Miles Davis e mi è venuto il desiderio di farlo.

Non scopro nulla di nuovo affermando che si tratta di un lavoro superbo, un vertice della produzione musicale del ‘900 e fin dalle prime battute, dalle prime vertiginose aperture sonore ho pensato: “sarebbe una colonna sonora perfetta per una tragedia greca”.

Del perché possiamo anche parlarne; Davis in quel periodo era più che mai alla ricerca delle sue radici, razziali, spirituali e così, presumo, nacque quella musica dagli echi ancestrali e contemporaneamente futuribili, che narra un movimento che percorre i secoli, che muove la terra e i popoli e che si lancia in avanti e guarda al cielo, agli dei antichi e alle forme della coscienza allargata.

Davis in questo suo momento pare ci voglia trasmettere e parlare, attraverso la sua musica, di qualcosa di molto antico e ancora sconosciuto e ciò che è sconosciuto, anche se appartiene e proviene dal nostro passato più remoto, proprio in quanto sconosciuto, va di diritto a collocarsi nel nostro futuro in una speciale linea di continuità che attraversa il nostro presente nel quale possiamo accogliere ogni istanza e urgenza di ricerca e riflessione.

È così anche nella tragedia greca dove le parole pesano come sbozzate dal silenzio e gettano i loro enigmi, passioni, pensieri universali e profondi davanti a noi affinché perpetuamente ci si possa ricordare di loro e con loro confrontarsi.

Immagino queste parole come severe e salde imbarcazioni traversare il mare conturbante e imprevedibile delle note davisiane, dialogare alla pari, con lo stesso volume di suono, dileguarsi, riemergere, sovrapporsi e poi fuggire rapide nel silenzio.

Ecco, sopra scritta, come dicevo, la genesi del lavoro che presentiamo da questa settimana in avanti per altre cinque settimane; non so se effettivamente servivano queste spiegazioni ma mi è stato chiesto di farlo e non era cortese rifiutare; aggiungo, perché Antigone?, perché è un testo bellissimo, perché parla finalmente di etica, di morale, perché ci indica che gli dei non amano né la protervia né l’arroganza.

Infine riporto una citazione da “Il mondo del silenzio” di Jacques Picard:

La musica è silenzio che, sognando, inizia a suonare.”


Claudio Tesser


LA PAROLA CHE UCCIDE
di Massimo Cacciari

(continua dalla puntata precedente)

(...) È il Coro che si interroga sulla relazione tra positività del diritto, artificio della legge e mondo divino. Antigone, invece, vuole esclusivamente fare ciò che deve, e che le leggi lo consentano o meno costituisce per lei un problema solo nella misura in cui il suo fare la condanna a morte. Antigone non si oppone a Creonte in quanto questi separerebbe l’agire politico dalla pietas dovuta ai congiunti, secondo il nomos dei padri; la sua non è una “critica” al potere di Creonte in quanto “secolarizzato”. Il logos di Antigone, “semplicemente”, non ha nulla da dire a quello di Creonte, se non che è nulla. E proprio in ciò si stabilisce la relazione essenziale: poiché è evidente che una parola “trova” la propria relazione necessaria con quella potenza che, sola, ha il potere di darle morte. Cosi le parole dei due grandi antagonisti possono rivelare la propria energia soltanto annichilendosi reciprocamente.

Quanto Antigone non è il messaggero di un nuovo diritto e la sua parola è “dis-misura” rispetto a ogni legge della polis, tanto Creonte non è semplicemente il “sofista” che pensa la legge come mero artificio umano. La sua parola decisiva suona piuttosto: che salvezza si trova soltanto nella polis saldamente organizzata. La struttura della polis non garantisce solo il perseguimento dell'utile di ciascuno. La polis salva. La polis perciò è manifestazione del divino, dono divino. E chi la spezza offende gli dèi, chiamando sul suo capo la più tremenda punizione. Il Coro avverte subito quale baratro, nel Tempo che di tutto è signore e che di tutto si prende gioco, una tale idea può spalancare: guai a credere che quel dono possa appartenerci una volta per sempre, guai a farne un possesso sicuro. Allora la polis diviene essa stessa dio. E noi finiamo con l’idolatrarne la potenza. Questo sommo pericolo Creonte non prevede e perciò vi precipita, illudendosi che le leggi che emana siano assicurate “naturalmente” all’origine divina della polis. Il suo Zeus è diventata la polis - ed egli lo afferma esplicitamente: nessuna invocazione allo Zeus protettore della casa potrà distoglierlo dal suo “dovere” e questo Zeus potrà continuare a “godere” della sua fede solo se non si rivelerà in contraddizione con ciò che il sovrano ritiene essere il “bene comune” della città.

Ma anche Antigone ha il suo Zeus. Non è necessario “tradire” il testo con la violenza che solo un altro greco come Hölderlin poteva permettersi per capire che in quei versi fatali, 450 sgg., «OU GAR TI MOI ZEUS EN HO KERYXAS TADE... » ne va di un principio infinitamente “oltre” non solo allo Zeus che immagina Creonte, ma anche a quello che il Coro onora. Lo Zeus di Antigone fa segno al divino senza forma e senza nome. E si badi: le leggi non scritte degli dèi non possono essere intese come quelle leggi che gli stessi dèi hanno decretato; no, esse «sempre vivono e nessuno sa quando apparvero». Ma gli dèi hanno nascita, si distribuiscono le parti, comandano con leggi non scritte, di cui tuttavia si conosce l’origine, poiché appunto da loro provengono. La Legge di Antigone è «degli dèi» perché gli dèi per primi vi obbediscono. È la Dike eterna e increata che sta nell’Impenetrabile, nelle tenebre di Ade. Non la tocca la debole luce dell’intelligenza dell’uomo - ma neppure la penetra il fulmine di Zeus. E il Coro, come avverte la catastrofe che prepara per la città la parola di Creonte, cosi però intuisce anche il sommo pericolo immanente in quella di Antigone: a nome di quale dio ella parla? Non soltanto, è chiaro, ella non sa ascoltare le parole della polis - ma il suo Zeus è davvero quello stesso della città? O la sua parola fa segno all’Archè che nessuna parola potrebbe contenere? (...)  

Massimo Cacciari

(segue alla puntata successiva)


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

Miles DavisShhh/Peaceful [Miles Davis]
Miles DavisIn A Silent Way/It’s About That Time [Joe Zawinul/Miles Davis]
Miles DavisPharaoh’s Dance [Joe Zawinul]
Miles DavisBitches Brew [Miles Davis]
Miles DavisSpanish Key [Miles Davis]
Miles DavisJohn McLaughlin [Miles Davis]
Miles DavisSanctuary [Wayne Shorter]
Miles DavisFeio [Wayne Shorter]

 
 

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Un’immagine della messa in scena di “Antigone” a cura del “Living Theatre” (1969), basata sulla lettura che della tragedia aveva dato Brecht nel 1948 (Foto di DIAZ Marie Jésus).

 
 

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