Palma Violets – Danger In The Club

by Aria (Vinylistics)

6 Maggio 2015

Tra le novità più interessanti del 2013 c’erano anche loro.

La giovanissima band di Lambeth (Londra) messa su piazza con ottime referenze firmate NME, che all’epoca inserì la loro Best Of Friends al primo posto nella classifica dei brani migliori del 2012, è riuscita con poca fatica a spianarsi la strada e a far parlare di sé. Come? Aggiungete al primo posto nella classifica dei brani migliori del 2012 di NME la nomination nella lista BBC sound of 2013, un bel contratto firmato con la Rough Trade e la produzione del loro disco-debutto diretta da Steve Mackey (Pulp). Ecco la ricetta perfetta per diventare una delle migliori brit band garage del momento, almeno sulla carta.

Che poi il loro 180 abbia lasciato alcuni di noi non pienamente convinti della situazione, è un altro discorso che poco ha a che vedere coll’indiscutibile dato di fatto che i Palma Violets lo hanno saputo fare e lo hanno saputo anche vendere, come si dice dalle mie parti (terronia mon amour).

L’altro ieri è stato pubblicato il sophomore Danger In The Club e considerato l’estro e la carica a cui i nostri londinesi ci hanno abituati, mai nessun altro titolo sarebbe apparso tanto adeguato e promettente. La situazione ci piace assai, no?

Più che altro però, c’è da farsi una domanda: per una band che tra le sue carte migliori sfoggia proprio quella di una notevole dose di vivacità ed esuberanza, date sicuramente e soprattutto anche da un’età giovane e una maturità ancora poco consolidata che va a beneficiare proprio questo aspetto “infantile” e sfacciato della loro musica, un secondo disco più maturo e compatto è davvero quello che ci aspettiamo da questa band? E’ davvero la direzione giusta per loro?

Lo so, lo so, qui siamo a livelli Marzulliani a cui lo stesso super Gigi risponderebbe di goderci la musica e di campare tranquilli e basta. Ma la domanda davvero non può essere soffocata, quantomeno per tutti quelli che hanno fatto di Best Of Friends la colonna sonora dei loro festini.

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Registrato presso gli studi Doghouse in Galles e prodotto da John Leckie (Radiohead e Stone Roses),Danger In The Club ha tutte le intenzioni di volersi differenziare dal precedente lavoro e di esplorare altri territori cercando comunque di non rinnegare e soffocare l’essenza dell’identità della band. Una bella sfida anche rispetto alla domanda che ci siamo posti prima e sono sicura che ora anche Marzullo vuole saperne di più.

Il disco si apre con un breve omaggio al famoso coro di Sweet Violets che proprio dolcemente ci fa cogliere di sorpresa dalla acceleratissima cavalcata punk-surf rock di Hollywood (I Got It) facendoci ritrovare subito la tanto cara amata atmosfera da festini arricchita da tanti spunti rockeggianti che portano i Nostri in un vortice di aggressività, cinismo e durezza che fa di loro dei veri fighi-stronzi-yeah che suonano con esuberanza e se ne fregano di tutto il resto. Stessa cosa vale per Girl, You Couldn’t Do Much Better On The Beach dal titolo provocatorissimo e il resto del testo anche di più e poi per la title-track che continua questo discorso facendo proprio da perfetto manifesto a questo disco così pesante e allo stesso tempo ben strutturato.

In realtà non so quanto “pericolo” ci sia effettivamente in questo disco che cerca, con numerosi spunti, di suonare duro ma che poi in realtà mostra i giovani Palma Violets per quello che sono. Dei giovani, appunto, che hanno fame e voglia di spaccare il mondo ma con le idee ancora piuttosto confuse come in Gout! Gang! Go! e English Tongue, due pezzi ben fatti ma che sembrano voler allungare il brodo di un discorso che non riesce a stare in piedi per tutta la durata del disco. Non mancano nemmeno episodi più sentimentali come Coming Over To My Place, una delle mie preferite, The Jacket Song Matador che danno a questo album una nota più personale e affascinante.

Il fatto è che però da metà disco in poi sembra che il vicino di casa sia andato nel garage della band a staccargli le casse. Belle le idee, gli spunti, i testi provocatori ma è tutto troppo poco sporco, troppo poco diretto. Sarà che sta arrivando l’estate e la voglia di festini sovrasta tutto il resto ma personalmente trovo che la brillantezza di questi ragazzi si sia un po’ persa a furia di voler confezionare un lavoro più solido e strutturato.

Io e Marzullo ci siamo rimasti un po’ “così”. Ma questo non ci impedirà ugualmente di scatenarci con i pezzi di una band che, tutto sommato, qualcosa “l’ha di nuovo saputo fare e l’ha saputo anche vendere”.

 
 

Vinylistics

 
 
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