Live Report SONISPHERE @ Autodromo di Imola 25/6/2011

We are everywhere

27 Giugno 2011

La defezione del secondo palco, e la conseguente cancellazione delle esibizioni di band interessantissime quali Skindred, Parkway Drive e Buckcherry, non ha tolto interesse al Day1 della prima edizione italiana del Sonisphere. L'arrivo all'Autodromo di Imola, raggiunto a fatica causa code chilometriche in autostrada, coincide con l'inizio del set de Mastodon: sempre statici sul palco come da copione, i quattro americano sembrano però più in palla rispetto alle media delle loro esibizioni live e alla scarsa resa del loro recente album dal vivo. Dopo un inizio un pò altalenante causato anche dai suoni non certo perfetti, l'esibizione dei Mastodon prende quota e, se la parte strumentale resta sempre di alto livello, stupisce la buona resa anche delle parti vocali, vero tallone d'achille della band. La conclusiva "Blood and Thunder" chiude quindi un set decisamente al di sopra delle aspettative.

L'attesissima esibizione di Rob Zombie viene rallentata dall'allestimento del palco: immagini di Frankenstein, Dracula, Uomo Lupo e King Kong, aste dei microfoni addobbati con scheletri e altre divertenti amenità a sfondo horror! Dopo un estenuante intro, e sotto una calura che inizia a diventare insostenibile, salgono on stage Piggy D, John 5 e Ginger Fish, tutti bardati come da copione in un improbabile mix tra il Wes Borland più pacchiano e degli straccioni reduci da una catastrofe post nucleare! Pochi secondi e appare sul palco anche mister Rob Zombie, ovviamente vestito di tutto punto e con l'ormai famoso braccio meccanico in bella vista. "Superbeast" e "Scum Of The Earth" pronti via scuotono subito il pubblico, fan di Rob o meno, grazie al groove inimitabile e danzante. La prova di Rob è si potente ma è innegabile che sia aiutato da calibrati "gain" di microfono.. Tempo di svestirsi degli abiti di scena, lamentarsi per il gran caldo e la posizione "alta" nel bill del festival e viene lasciato spazio una di seguito all'altra a "Living Dead Girl", "More Human Than Human", "Thunder Kiss '65" e al bis, acclamatissimo, di "Dragula". Show divertente ma l'impressione è che al chiuso, in un locale adatto, Rob Zombie possa veramente sfornare un concerto da 10 e lode!

Lo show che non ti aspetti, e tecnicamente forse il migliore della giornata, lo sfornano i californiani Papa Roach! Jacoby Shaddix e soci suonano in maniera quasi impeccabile per 45 minuti e ricevano consensi ed applausi oltre ogni più rosea aspettativa. Se la ballad "Scars" e la divertente "Hollywood Whore" vengono eseguite in maniera impeccabile, è ovviamente con le vecchie "Dead Cell", "Between Angels And Insects" e la conclusiva e acclamatissima "Last Resort" che gli animi si infiammano. Sugli scudi il batterista Tony Palermo, vera macchina da guerra dal groove non molto accentuato ma dal tocco potente e davvero trascinante. Qualche lieve indecisione da parte di Jacoby ma, a mani basse, la palma di miglior concerto della giornata va proprio ai quattro bacarozzi di Vacaville.

Tocca a Lemmy ed i suoi Motorhead e la calca nelle prime file inizia a diventare importante. Il set a disposizione della macchina da guerra di Mr. Kilmister viene infarcito ovviamente di classici senza tempo ("Ace Of Spades", "Overkill", "Going to Brasil", "Iron Fist"), e qualche calibrata incursione nel repertorio contemporaneo (la nuova "Get Back In Line"). Lemmy urla sempre come un dannato e percuote il suo basso come se fosse la cosa più naturale del mondo anche se, tra un pezzo e l'altro, il suo incomprensibile biascicare mette un pò di allegria: hangover dalla precedente serata o sveglia messa troppo presto? Impressionante la performance di M. Dee, vera macchina! Set divertente, forse in alcuni punti un pò ingessato, ma i Motorhead non deludono mai.

Il flop della giornata invece è dietro l'angolo e il premio come peggior live lo vincono gli Slipknot. Che qualcosa non tornasse lo si era capito nel momento esatto in cui la tuta rossa e la maschera di Paul Gray veniva posizionata appena davanti alla batteria. A mio parere non una mossa di buon gusto nonostante sia senz'altro apprezzabile che il ricordo del bassista scomparso lo scorso anno sia sempre vivo. Discutibile poi che il suo sostituto pare (dico pare non perchè non ne abbiamo una prova visiva, ma perchè anche come suono in se è davvero difficile captare una linea di basso nella marea di percussioni degli Slipknot) sia stato fatto suonare dietro il palco, oltre il tendone nero. Parlando del concerto vero e proprio invece, se è innegabile che il comparto sia davvero d'impatto ed entusiasmante (presenza on stage davvero adrenalinica, Clown e "Pinocchio" scatenati alle percussioni, volo d'angelo del dj Sid Wilson da un muretto a lato palco sopra la folla!), l'aspetto prettamente musicale lascia davvero il tempo che trova. Più di una volta era palpabile la confusione on stage, a volte chitarre e batteria/percussioni sembravano completamente slegate fra di loro e anche la performance del buon Corey Taylor sembra essere più sfiatata del solito. Nonostante questo grosso handicap, la performance degli otto dell'Iowa sembra davvero fare breccia nei tanti fans accorsi ad Imola, e l'esecuzione tutt'altro che perfetta delle varie "Psychosocial", "Duality", "People = Shit", "Eyeless", "Spit It Out" (con tanto di scontato "su e giù" del pubblico) e "Sic" vedono una partecipazione pressochè totale. Se lo spettacolo in se vale 8, l'esibizione nuda e cruda questa volta merita ahimè un inesorabile 4. La media matematica è 6, ci accontentiamo?

Alle 9.20, in leggero ritardo (l'unico della giornata per altro!) salgono sul palco gli Iron Maiden. La partenza è affidata all'estentuante intro di "Satellite 15" che sfocia in "The Final Frontier" e poi "El Dorado". Bruce Dickinson sembra subito in forma e anche la band macina bene lo stage. E' però con "2 Minutes To Midnight" che gli animi si scaldano sul serio e i numerosissimi fan deglla vergine di ferro si scatenano perdonando anche più di un "scream for me Modena!" che un disattento o poco informato Bruce urla a più riprese! Per il resto bisogna ammettere che uno show degli Iron è sempre uno show degli Iron con tutti i pregi ed i difetti del caso. Non mancano i classici, non manca Eddie sul palco, e non manca nemmeno qualche frecciata polemica di Bruce all'organizzazione.

In definitiva, al netto delle defezioni già citate a inizio report e qualche deficit organizzativo, una giornata con tanti alti e pochi bassi. Apputamento quindi all'anno prossimo per una seconda edizione già confermata sul suolo italico con la speranza di avere finalmente un secondo stage e con l'apporto di qualche miglioria per quanto riguarda la logistica/organizzazione in generale.

Davide "Head" Perletti For Sherwood Live Reporter

 
 

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