Il solitario coltivatore di accordi: Marco Iacampo

Intervista a cura di Mirco Salvadori

4 Marzo 2015

Indubbiamente il tempo passa e lascia segni visibili e soprattutto invisibili, si chiama maturazione. Una sorta di processo naturale che trasforma la visione e rende più coscienti, pronti ad accogliere il cambiamento. Il tempo è trascorso anche per Marco Iacampo trasformando un lontano ragazzo elettrico in uno dei più interessanti cantautori italiani: Good Morning Old Boy!


Partiamo da questa frase: “l'intimità del cantautore solitario”. In quali di questi termini ti ritrovi, che valenza hanno e quali proprio non appartengono al tuo percorso.

Sicuramente sono tutti termini che mi appartengono. Non so se è dove voglio stare, sono in continua evoluzione. Sicuramente ho una creatività solitaria e una visione personale della musica, ma ho sempre più bisogno di uscire da questo schema, che continua a suonarmi un po’ stretto, anche se per molto tempo mi è servito.

 

Una strada lunga, la tua. Parecchi ricordi e irrinunciabili cambiamenti. Ce la faresti a descrivere con calma la tua vita artistica dall'inizio (leggi Lex Nigra) fino ai giorni nostri, cercando di focalizzare con dovizia quali son stati gli stimoli che ti hanno condotto per quelle strade.

 Domanda impegnativa, laboriosa. Cercherò di risponderti brevemente ma comunque in maniera esaustiva. Dirò che Lex Nigra, Elle, Goodmorningboy sono stati tentativi di adattarmi ai linguaggi in cui parlava il mondo musicale che avevo attorno. Ovviamente li filtravo con quello che era il mio vissuto, ma in molti casi il linguaggio influenzava in modo ingombrante quella che era la mia vera vocazione musicale ed espressiva. E’ difficile trovare in questi tempi di “linguaggi pacchetto” la PROPRIA via di comunicazione. Penso che la canzone nuda e l’uso di chitarra e voce abbiano facilitato un percorso di avvicinamento all’essenza creativa personale. Usando pochi strumenti e d uno schema base come la canzone si ha molte possibilità per scegliere veramente ciò che vuoi dire e come lo vuoi dire.


Durante questo tragitto hai lasciato dei segni tangibili in formato cd. Quali quelli per te più significativi e perché.

Valetudo. Il mio ultimo disco. Forse è una questione di coscienza.


Parliamone.

Valetudo è nato dalla necessità di partire da ciò che ero. Di trovare con pochi strumenti espressivi una forma bella, affascinante, misteriosa e inesauribile. Penso che ogni volta che ascolto questo disco, ancora ritrovo queste caratteristiche. È un disco di canzoni, ma anche di tanta musica. I due strumentali del disco sono una dichiarazione di intenti futuri. E’ stato registrato in un luogo familiare e portato avanti con gente di casa. E’ stato un po’ ritrovare la via. Ho anche lavorato molto grazie a questo disco. Un centinaio di concerti in quasi 2 anni.

Iacampo si sente parte di questa “nuova scena cantautorale” italiana? Come la considera?

Ne faccio parte per questioni anagrafiche e storiche. Trovo sia un trend naturale, di ricerca di linguaggio della mia generazione. Poi su ogni cosa si possono attaccare le etichette e sovrastrutturarle, ma penso che nella nuova canzone italiana ci sia qualcosa che dal basso esprime un bisogno di centralità della persona. Cosa fondamentale, primo passo per costruire una comunità.


Cosa ne pensi del dibattito sviluppatosi attorno ad essa tra detrattori ed estimatori.

Cazzate.


C'è qualche nome in particolare con cui senti di avere delle affinità?

Non particolarmente. Non sono mai stato legato particolarmente alla scuola Italiana e penso che la mia canzone parta più dalla parola e dal suono, che da altre canzoni. La nuova canzone italiana parte dalla assimilazione della scuola dei grandi cantautori per renderla personale e a volte migliorarla. Io parto dal nulla. Ho sempre ascoltato roba da fuori.


Nuovissimo Canzoniere Italiano, Veneto Contemporaneo, due momenti di aggregazione musicale ai quali hai contribuito in modo più che rilevante. Ci spieghi cosa sono stati e se intendi ripetere tale esperienza.

Nuovissimo canzoniere italiano è stata un felice intuizione. Un grande festival a Milano al Magnolia, 6 ore di chitarra e voce con 30  “nuovi cantautori” di tutta italia, 2500 presenze tra il pubblico e molto coinvolgimento. Oltre tutte le aspettative. Abbiamo cercato di rifarlo, ma l’energia se n’era andata soprattutto la concentrazione (anche quella personale) per continuare senza risultare stucchevoli e dare un senso vero ad una seconda edizione. Veneto Contemporaneo è stato invece un tour di cantautori Veneti per tutta la regione, che ha cercato raccontare il territorio sotto un altro punto di vista. L’urgenza di contatto e la necessità di confronto tra i protagonisti di questa manifestazione hanno reso l’esperienza moooolto costruttiva. Tanto che Veneto Contemporaneo continua, si sviluppa e stiamo mettendo a punto un progetto che darà voce non solo ai cantautori ma anche a tante altre realtà di questa regione, da quella imprenditoriale a quella agricola, da quella dell’associazionismo a quella culturale. A breve qualche notizia in più.


Ho avuto modo di ascoltare una tua bella versione di una canzone di Dalla. Ha un suo peso, nel tuo modo di comporre, l'esperienza storica di quei musicisti/scrittori o il tuo proporre musica con testi in italiano è decisamente altro?

Altro, si. Ho cercato di ascoltare e ho apprezzato molto alcuni cantautori e riconosco in Dalla una maestria e una musicalità senza paragoni, ma quando parto a comporre e a creare parto da un luogo ed un’esperienza formativa completamente diversa.


Come compone e cosa contiene un testo firmato da Marco Iacampo: realtà, intimistica immaginazione o criptica liricità?

Cerco di far passare quello che voglio dire in maniera non diretta. Dev’essere assimilabile ma non comprensibile del tutto. Gioco con i suoni e il loro significato. Non so se sia poesia. Le lingue qualunque esse siano hanno dei punti di forza e delle debolezze ma sono sempre in evoluzione. Se ci si affida ad un discorso oggettivo non si arriva da nessuna parte. Lo faccio continuamente durante il giorno, ma non nelle canzoni. (ci penso) ….oppure si passa dall’altra parte, magari sarà il mio prossimo territorio di ricerca. Qualcosa di diretto tipo  “why don’t we do it in the road”.


Ho ascoltato anche dei brani strumentali nel tuo ultimo disco, come mai questa scelta.

Come ti dicevo prima è quasi una dichiarazione di intenti. Sono tanti anni che vorrei darmi alla musica strumentale e basta. Ci sto pensando seriamente. Mi fa stare più tranquillo (sorrido). Mi da molta libertà e sicuramente è meno intellettuale per come la farei. Sarebbe come disegnare o dipingere. Le parole dopo un po’ scassano.


Parlando di realtà, come ti sei districato nella giungla delle etichette indipendenti italiane, qual'è il tuo rapporto con il mondo della distribuzione.

Ho un rapporto da lunghissimo tempo con Paolo Naselli Flores di Urtovox. Mi ha chiamato al telefono di casa, tanti anni fa, quando ancora si usava farlo, per propormi di lavorare con lui. Sono ancora in Urtovox e continuo con Paolo a cercare nuove strade di promozione. Li fuori ci sono tante realtà, forse troppe e non c’è un vero mercato. E’ un ambiente tutto senza regole codificate. E’ un terreno fertile per poter stravolgere le cose in qualsiasi momento. Ma personalmente ho bisogno di paletti e in questo ambiente è difficile trovarli. Bisogna darseli.

 

 

Seguendo il tuo percorso, vedendo come ti muovi, viene da pensare che l'indipendenza e la coerenza siano per te vocaboli che hanno ancora valore. Qual'è il tuo sentire nei confronti di certe realtà musicali italiane che, al contrario, agiscono sui due fronti a scapito della qualità.

Ci sono i veri artisti e i fantocci. Io sono un contadino.


Secondo te la figura dello scrittore sonoro comunque contro ha ancora un senso, il suo messaggio può ancora venir recepito come succedeva ai tempi di Manfredi, Lolli, Guccini o il primo De Gregori, tanto per citare alcuni nomi e stili diversi.

Naaa…ho una mission che si forma piano piano e che mi fa stare bene. Ciò che desidero sempre più è mettere in campo cose belle. Che vuol dire tutto e niente, ma è così. Scrivere “contro”, di quei tempi era un trend, fatto di una coscienza più sociale e culturale che personale. Non sto sminuendo, ma penso che stiamo andando avanti. Se devo fare qualcosa “contro” non è musica, ti tiro un cazzotto.


Veniamo ai live. So che i tuoi concerti sono numerosi, parliamone.

Si, la formula musicale che ho usato per Valetudo, il duo chitarra e voce con violoncello, è molto adattabile. Funziona per tante situazioni ed è ritmica e melodica allo stesso tempo. Ho suonato parecchio, a terra come in bei palchi, club e teatri. L’italia è sempre bellissima da girare, soprattutto nei posti piccoli di provincia dove si incontra una grande umanità e una bellezza diffusa. Perché si va in luoghi protetti, dove la gente ha voglia di ascoltare e partecipare.

 

Qual'è il tipo di pubblico che ti segue e che rapporto hai con esso?

E’ molto eterogeneo, ragazzi, ragazze, adulti, appassionati di musica, bambini. Non mi sento di avere chissà che rapporto, se non attraverso le mie opere. Per il resto è tutta roba privata, difficile da condividere con chiunque.

 

Cosa, secondo te, è cambiato in questi anni rispetto alla fruizione musicale. Come ti 'ascolta' il pubblico più giovane.

Sicuramente si ascolta meno il suono..peccato...la musica è più una cosa di concetto. Xe un casin… Per fortuna si suona ancora dal vivo. Spero che la musica ritorni ad essere una questione viva  e mutevole, di strada. Com’è ancora in certe parti del mondo.


Quali i tuoi programmi futuri.

Ho ultimato le registrazioni del mio prossimo disco e sto aspettando di farlo uscire. Sto lavorando a Veneto Contemporaneo assiduamente. Sto cercando nuove vie, come artista, come uomo.

 
 

 
 

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