Recensione di Sonic Highways dei Foo Fighters

RCA, 2014

3 Dicembre 2014

L'ennesimo disco dei Foo Fighters.

Grohl e soci alle prese con un disco generato e creato dalla stessa sostanza di Sound city movie co-prodotto da HBO (quei geni dietro a Games of thrones e True Detective NDR).
Il risultato? Un rockumetary, prodromo prima e curiosa guida poi, alla comprensione del disco stesso.

Otto canzoni per otto città a stelle e strisce (Chicago, Austin, Nashville, Los Angeles, Seattle, New Orleans, Washington), per otto differenti studi di registrazione ed annessi personaggi di spicco della scena locale. Con Butch Vig nuovamente direttore d'orchestra.

L'America e l'essere americani ostentato ed osannato, l'apologia del viaggio on the road senza la lisergica visione di Kerouac in nome di una ricerca a tinte nostalgiche di quella musica che non c'è più, sullo sfondo di un'identità nazional-musicale assolutamente unica e variopinta come quella a stelle e strisce percorrendo queste Sonic Highways.

I testi, curati esclusivamente dall'ex Nirvana, sono un sunto delle interviste e delle conversazioni avvenute con i protagonisti della scena musicale di ogni singola città, o più ampiamente regione, la cui partecipazione alla registrazione delle rispettive tracks dovrebbe contribuire a tingerne le tinte e le sfumature. Canzoni geolocalizzate, praticamente.

Una macchina ben oliata, una quasi hit-machine, ma ormai (almeno in SH) eccessivamente asettica.
Belle, ma non eclatanti le comparsate presenti nei pezzi del disco. Non fraintendetemi, Something From Nothing, il pezzo d'apertura riprende il racconto di Buddy Guy sulle difficoltà degli esordi e solletica furbetta non poco l'orecchio. I am a River vive di reverberi floydiani, sette minuti lungi dall'essere noisi.

In the Clear invece, performata con la Preservation Hall Jazz Band, registrata a New Orleans per quanto anch'essa piacevole, sa leggermente d'incompiuta lasciando fare solamente capolino a quel tono quasi epico che ci si aspetta da una collaborazione con un orchestra.

Mi spiego, mettendola in termini puramente calcistici (passatemi la licenza) la squadra FF gioca ormai a memoria e riesce a portare a casa la “partita” anche quando non gioca benissimo, come in questo caso nonostante la collaborazione con i nuovi elementi presenti all'interno della realizzazione delle Tracks che risultano alla fine essere dei comprimari di lusso recitando una particina.

Ed è proprio questo il difetto principale di questo disco, trattasi ovvero “solamente” di un disco dei FF. Nato seguendo un concept sicuramente unico e nobile, ma quella che sarebbe dovuta probabilmente nascere come una sorta di opera enciclopedica, o più correttamente un mosaico magari, finisce purtroppo per perdersi dietro ad un impegno forse un po' troppo grande ed improbo. Un prodotto da catena di montaggio, la cui efficacia e affidabilità è indiscutibile, ma omologante ed “average”.

Ospiti importanti, incontro scontro con musicisti amici e l'appoggio fornito dal documentario che sicuramente aiuta e rappresenta il lato più interessante dell'opera.
Parte che però corre parallela al disco ed alla fine sembra pericolosamente una poderosa e piaciona forma di promozione per l'album (con tanto di un non troppo casuale cameo di Obama in tempi di crisi di consensi che odora tristemente di marchetta) che per quanto esteticamente ben riuscita, è più vicina ad accontentare un certo tipo di voyeurismo che ad essere narrativamente efficacie. Ma tant'è.

Alla fine, manca se vogliamo la brillante sperimentazione puramente artistica dedicata al progetto Sound city. Manca il brivido, l'emotività, l'eccitazione dei precedenti lavori, pur restando soltanto un buon disco.
Per il resto, i Foos sono come sono e Grohl resta indubbiamente uno dei personaggi più genuini e positivi all'interno del panorama musicale globale.

Va beh, ennesimo paragone calcistico, buona per l'impegno.

 
 

Links utili:
www.foofighters.com
Foo Fighters su FB - TW - YT

 
 

Articoli correlati

loading... loading...