L'archivio Italiano Paesaggi Sonori

I mille territori di un'Italia che non si arrende

24 Giugno 2014

Una cosa è immaginarlo, così silenzioso nell'avvolgersi dei pensieri, altra cosa è percepirlo attraverso l'uso del suono e dei rumori che scaturiscono dal suo respiro. Sto parlando del 'vasto' territorio italiano e di quanto ancora ci sia da fare per valorizzarlo al meglio. Una sorta di ecologia acustica nata per scoprire contemporaneamente quanto di ancora inesplorato o poco conosciuto nasconda il paesaggio italiano e la nuova ondata di soundscapers che così bene lo dipingono.


Archivio Italiano Paesaggi Sonori, spiegate prego

Alessio Ballerini - Aips è un collettivo formato, attualmente, da 14 musicisti che spaziano attraverso le varie sfaccettature della musica elettronica, dall’ambient alla musica di ricerca, dall’elettroacustica allasoundscape composition..etc..

Realizziamo progetti cross-mediali, installazioni interattive, performance live, workshop, video arte. Durante i nostri workshop ci confrontiamo con i territori che analizziamo, di volta in volta, cercando di risemantizzare le comunità con cui entriamo in contatto, avvalendoci del suono principalmente.

Francesco Giannico - L’Archivio Italiano dei Paesaggi Sonori o per comodità A.I.P.S. (anche se come acronimo a volte mi dà un po’di organizzazione reduci di guerra, problemi miei, lasciate stare...) è un collettivo nazionale di artisti costituitosi nel 2010 e che opera nell’ambito della musica elettroacustica di matrice ambient nato con l’intento di promuovere il concetto di paesaggio sonoro messo a fuoco da R.M.Schafer attraverso workshop, live performances e mixed media e diffondere naturalmente il lavoro degli stessi artisti che ne fanno parte. Da pochi mesi siamo costituiti anche come associazione.

Chi sono gli ideatori di AIPS

 A – Io mi occupo di sound design, sound art e videoart. A volte utilizzo anche la grafica e il disegno. Mi piace mescolare vari media ed ottenere lavori stratificati. Mi sono avvicinato al tema del paesaggio sonoro grazie ad un esame che ho fatto all’università. Cercavo da tempo un modo per creare musica oltre all’utilizzo delle sette note ed ho scoperto un mondo con la soundscape composition e poi via via tutta la musica sperimentale del ‘900. Il mio background è a metà tra studi di music technology e autodidatta, un po' come i miei progetti, a cavallo tra la sperimentazione mandando in tilt i software e la precisione estrema di un sequencer (ho quasi terminato un progetto dalle sonorià synth pop molto diverso dalle mie composizioni passate…)

F- Sono, dicono, un musicista elettroacustico; e chi sono io per smentire la gente? scherzo naturalmente per dire che riconosco ben volentieri di essere un tipo decisamente ossessionato da particolari tipi di sonorità tanto da aver impostato persino la mia formazione in funzione del suono e della musica, scegliendo ad esempio ai tempi dell’Università una cosa senza futuro (naturalmente in senso professionale) come “Musicologia” alla fu ‘Università degli Studi di Lecce’, (ora leghisticamente definita “del Salento”) e dato che si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio, ho naturalmente perseverato specializzandomi prima in sound design e successivamente in comunicazione, web design e persino la progettazione di eventi culturali. Pur avendo fatto incetta di mille rivoli umanistici caratterizzati, si sa, dalla naturale propensione alla disoccupazione persistente, mi ritengo tutto sommato abbastanza fortunato perchè pur vivendo, come tanti coetanei, (ho quasi 35 anni), di mille situazioni precarie, alla fine mi occupo di svariati ambiti che rientrano in un calderone creativo che non mi dispiace, pertanto come dottor jekyll e mister hyde, di giorno insegno grafica e e web design e di notte mi trasformo in musicista elettroacustico, pubblico le mie releases e porto avanti con Alessio le attività dell’Associazione A.I.P.S. e della neonata etichetta Oak Editions.

Qual'è la spinta fondamentale che ha permesso la creazione di AIPS

A- Abbiamo pensato di creare Aips perché sentivamo la necessità di dar voce ad artisti che operano negli ambiti suddetti e che risiedono nel territorio italiano. Ci siamo trovati a discuterne tutti insieme nei social network e con Francesco ne ho parlato di persona (vivevamo entrambi a Roma). Sentivamo la necessità di unirci per diffondere una voce più forte.

F - Ricordo benissimo quell’anno perché chiudevo un capitolo personale della mia vita e contestualmente mi trasferivo a Roma dopo aver realizzato il progetto “Taranto Sonora”, quello che ritengo sia stato da un punto di vista della replicabilità un po’ alla base dei successivi workshop in ecologia acustica svolti con Aips per via dello schema utilizzato: un incontro frontale, soundwalks di gruppo, una performance collettiva finale. Tornando a noi, a Roma incontro un altro matto come me , Alessio Ballerini che veniva da un’altra serie di esperienze legate al suo territorio, quello anconetano ed il festival Lociverba. Che accadesse qualcosa era inevitabile, entrambi sentivamo nell’aria lo stesso mood di nostri amici e colleghi riguardo ad un certo modo di far musica elettronica e che affondasse le proprie radici in un tema più ampio e solido della semplice e ovvia trasformazione dall’analogico al digitale matrice di tanti festival italiani degli ultimi anni. Allo stesso tempo ci sentivamo e ci sentiamo immagino tuttora distanti dalla realtà accademica, nel senso della concezione talvolta paternalistica e inutilmente seriosa di alcuni circoli intellettuali istituzionali; non per questo rifuggiamo dalle istituzioni, anzi, le inseguiamo e cerchiamo sempre più spesso di dialogarci per cercare di costruire progetti più duraturi e concreti. Ad ogni modo, la caratteristica comune tra i futuri membri di Aips, era, e lo è ancora, la rivisitazione del territorio in chiave artistica attraverso lo studio del paesaggio sonoro. Di lì a breve abbiam cominciato a contattare un po’ di persone grazie al pluriosannato internet e siam riusciti a metter su un gruppo di lavoro che col passare del tempo si è, per via dei numerosi progetti svolti, affiatato sempre di più arrivando ad oggi a 14 persone iscritte all’associazione e sparse in tutta Italia.

Quali artisti compongono il collettivo, usano modalità diverse nelle loro proposte o il linguaggio è comune

A - Attualmente siamo in 14. Nella sezione apposita del sito Aips li trovate tutti con tanto di breve biografia e links. Siamo diversi, intendo nella ricerca sonora e non, ma la cosa che accomuna tutti èla volontà di sperimentazione.

F - Ogni artista all’interno del collettivo possiede una propria cifra stilistica e personale. Un comune denominatore è come dicevo prima la rivisitazione del territorio attraverso la rielaborazione del suo paesaggio sonoro. Questa frase può voler dire tutto e niente ma è davvero così: all’interno di quest’orientamento concettuale, ognuno utilizza i propri mezzi artistici per poter esprimere al meglio se stesso attraverso il suono e viceversa; possiamo avere a che fare con un’installazione multimediale, workshop in sistemi interattivi, ecologia acustica, live performances e più banalmente delle semplicissime releases a tema come nel caso del “Postcards from Italy”, lavoro corale curato dal prezioso Gianmarco del Re.


Come viene organizzato il lavoro

A - Io e Francesco coordiniamo le comunicazioni tra i membri. Ognuno è libero di proporre idee e progetti e naturalmente svilupparli. Per comunicare meglio, Francesco ha sviluppato un forum interno, creato ad hoc, in questo modo riusciamo a tenere traccia di tutte le idee che ci saltano in mente.

F - L’artista che fa parte di Aips si muove autonomamente ma lo fa all’interno di un ecosistema compatibile, un portale web e soprattutto persone e contatti con cui ci si può all’occorrenza confrontare. Non c’è una linea da seguire che valga in assoluto, ogni lavoro ha una storia a se: ad esempio nel caso della realizzazione della release collettiva ‘Postcards From Italy’ e dell’evento collegato a Londra e poi a Milano, Gianmarco del Re ha cominciato ad impostare la linea in modo direi estremamente curatoriale, meticoloso nel percorso da intraprendere con gli altri musicisti ma al tempo stesso lasciando loro la libertà più assoluta di muoversi, in questo modo sono emerse le peculiarità di ognuno, un esempio è l’installazione “costola” di ‘Postcards’ ed inserita all’interno di ‘Soundfjord’. Nel caso dei workshop la linea cambia ancora, ne ho fatti molti assieme ad Alessio, uno a Matera recentemente assieme a Nicola Di Croce e coordinato dall’ Università della Basilicata e alcuni da solo: lo schema è collaudato e per ora funziona: una open call, la promozione del territorio attraverso una chiamata alle arti in ambito sonoro, soundwalks e + live. Lo scopo è sulla carta quello di dire <<Ok, scopriamo il paesaggio sonoro di un luogo>> per poi in fondo rendersi conto che forse per la prima volta guardiamo e ascoltiamo un territorio che già vivevamo distrattamente. Quindi non si tratta di una scoperta ma al massimo di una riscoperta anche sealtrettanto entusiasmante.

Che accoglienza ha avuto il vostro lavoro in una terra, quella italiana, nella quale sembra non ci sia più posto per le proposte, passatemi il termine 'antico', alternative

A - Ci siamo armati di tenacia e volontà fin dall’inizio. I risultati sono arrivati un po' alla volta, ma quanto basta per spronarci ad andare avanti (probabilmente saremmo andati avanti anche se non ci fosse stato nessun riscontro). Proprio il mese scorso abbiamo ricevuto risposta positiva ad un avviso d’interesse per progetti da realizzarsi in Puglia e grazie ai finanziamenti riusciremo a realizzare ilprimo vero festival Aips. Verrà svolto a fine settembre, a Bari e Lecce. Presto tutte le news..

F- L’accoglienza paradossalmente è buona quando si passa per un ambito di formazione, come i workshop di cui parlavamo; forse anche perché si unisce l’aspetto del suono a quello dell’ esperienza “fuori” dagli schemi e ad una curiosità innata forse dell’uomo di scoprire alcuni posti nel modo più antico del mondo che è visitandoli. I problemi dal mio punto di vista sono per lo più culturali, legati al contesto e all’estetica musicale che si propone, ancora troppo poco incisiva nei cuori delle persone che hanno un’idea di underground e musiche alternative ancora molto legata a cose che con l’underground e le musiche alternative non c’entra affatto come ad esempio sua santità l’indie rock e derivati; persino la psichedelia risquote già più successo rispetto all’elettronica tout court perchè ibridata comunque da certi idiomi più famigliari all’abbecedario musicale della gente che in qualche modo ci si rispecchia.

Gli spazi nei quali vi muovete quali sono, agite in seno alle 'importanti' strutture culturali italiane o preferite agire nel mondo artistico indipendente

A- Entrambi. Come detto sopra, cerchiamo interazione e collaborazione con istituzioni, ma parallelamente collaboriamo con il mondo artistico indipendente.

F- Non abbiamo pregiudizi da questo punto di vista e se qualcuno ha interesse verso il nostro lavoro lo accogliamo a braccia aperte; quindi, che venga dall’ ”emisfero” istituzionale o da quello indipendente non ha importanza. La sanità culturale di un paese secondo me si misura nella quantità di possibilità di far cultura e dal livello qualitativo delle proposte. Aggiungo che probabilmente quando non funziona il circuito indipendente, nel senso che non riesce a mandare avanti proposte nuove valide o lo fa con approssimazione e poca convinzione, la cosa m’infastidisce di più, perché inconsciamente sento che dovrebbe rispetto agli altri circuiti osare un po’ di più da un punto di vista della proposta culturale, comprendo che sia complicato al giorno d’oggi ma diversamente il destino è un appiattimento verso il basso della qualità e della varietà musicale. Fondamentalmente penso questo ma poi mi ricordo anche che è un circuito povero, il meno corazzato finanziariamente e quindi rientro in letargo a pensare a come uscirne..

Quali sono le difficoltà che incontrate, se ne incontrate, nel proporre soundscape

 A - Il visivo è ancora il medium privilegiato. Pochi privilegiano il suono ed il soundscape. Negli ultimi anni, però, la situazione è cambiata, soprattutto in Italia. C’è maggiore attenzione ed i progetti che privilegiano l’arte sonora si sono moltiplicati. Spero che anche il nostro lavoro sia servito in tal senso.

F - Il soundscape in quanto tale non lo vivo come un problema, anzi, credo che faciliti l’accesso a certa musica, che rappresenti un buon veicolo per arrivare a concetti che non hanno a che fare solo con il suono in senso stretto. Secondo me è ancora paradossalmente un problema proporre un certo tipo di estetica musicale. Le istituzioni si aprono a fatica alle proposte in questo senso e quando lo fanno richiamano, anche se bravissimi, i soliti nomi arcinoti mentre nei locali , soprattutto quelli piccoli, per tirare avanti hanno bisogno dell’impatto col pubblico e l’elettronica anche se ibridata non resiste alla crisi, al massimo riesce ad intrufolarsi e con la scusa della psichedelia, si butta un drummer o un fiato nella mischia per confondere le acque, la gente sente il beat, un drone e si dimena, il gestore ringrazia per il numero di fedeli giunti. Tempo fa leggevo un post su facebook di un amico e collega comune e che durante un suo live elettroacustico lamentava il fatto di dover suonare sempre in posti sconclusionati, poco attrezzati ed organizzati in modo approssimativo; pur apprezzando la buona volontà dei gestori di quel locale mi rendo conto che abbiam fatto forse 3 passi indietro sotto il lato organizzativo col rischio di vanificare gli sforzi creativi. Come Aips ci troviamo ad affrontare spesso non solo l’organizzazione ma anche la comunicazione dell’evento, con una battuta mi verrebbe da dire che ci manca solo che ci affidino la logistica per poter ricoprire tutti i punti dell’evento.

Amerei un vostro parere sincero rispetto quanto viene fatto all'estero in fatto di soundscape rispetto a quanto avviene in Italia

A- Probabilmente ci sono più possibilità economiche e le persone sembrano più ricettive, ma credo che non ci sia maggior qualità. L’Italia è ricca di musicisti e ricercatori in ambito sonoro di valore.

F- Quella dei field recordings è una propensione introdotta in musica, come tantissime altre cose, dagli americani che anche antropologicamente parlando grazie a figure come Lomax hanno aperto la strada a nuovi modi di studiare il paesaggio circostante, sebbene il discorso su Lomax riguardi non la sperimentazione ma la folk music. Questo per dire che da quel lato dell’oceano non se la passano certo male in questo settore e di certo alcune situazioni sono a loro più consone, già collaudate. In Europa credo che il fenomeno ci sia ma secondo me è più denso d’ibridazioni, in tutti i settori e non riesce ad essere isolato per quello che è. Insomma nessuno viene a parlarci di soundscape composition: ci sono pochi accoliti che parefaccian parte di una setta che portano avanti queste istanze. Nessuno di noi è prete comunque...


Quali sono i vostri nomi esteri di riferimento, se esistono

A - In ordine sparso.. Chris Watson, Fennesz, Zimoun, R. M. Schafer, Brian Eno, Alva Noto, John Cage, Max Neuhaus, Ryoji Ikeda..

F- Barry Truax per me su tutti, uno dei grandi del World Soundscape Project fondato da R.M. Schafer ma anche Peter Huse e Howard Broomfield.

Domanda provocatoria: cosa direste a coloro che ritengono il lavoro dei soundscapers italiani per nulla innovativo e abbastanza infantile, molto lontano da quanto viene prodotto all'estero

 A - I nostri progetti sono sviluppati tenendo presente pratiche collaudate in passato da ricercatori ed artisti come R. M. Schafer o John Cage. La ricerca sul paesaggio sonoro e la cross medialità progettuale, per esempio, durante le performance collaborative realizzate con non musicisti, sono lo sviluppo già intrapreso da Cage nei suoi lavori. Noi ci avvaliamo di mezzi molto più potenti dei nostri predecessori e per questo le possibilità d’interazione ed i risultati possono essere differenti ed ancora più stratificati. Proprio un anno fa abbiamo avuto la conferma che il nostro lavoro è apprezzato anche all’estero, difatti uno dei nostri progetti, “Postcard from Italy” è stato presentato come installazione negli spazi di Sounfjord a Londra e come performance al cafè Oto, sempre a Londra. Un’intera serata dedicata a noi, eravamo in nove a suonare. Ringrazio Gianmarco del Re, che ha contribuito a diffondere il soundscape italiano con numerosi articoli su Fluid radio ed ha fatto in modo che i progetti a Londra si potessero fare.

F- Non direi nulla, l’innovazione a tutti i costi fa male e non credo che debba essere quello il fine ultimo di un’associazione come la nostra. Ovvio che non credo corrisponda al vero; ascolto quello che viene prodotto fuori e qui in Italia e la qualità c’è anche a casa nostra ma siamo carenti in altri settori: come circuiti fidelizzati entro cui poter organizzare i live di un certo tipo oppure la distribuzione dei dischi di label che lavorano prevalentemente con edizioni limitate. Il boss della Porter Records all’epoca dell’uscita del mio disco “folkanization” mi ripeteva sempre “too much music out there and so few people who purchase music”

AIPS dispone anche di una label relativamente recente, la Oak Editions. Cosa intendete proporre con questa nuova etichetta

A- Oak è la naturale evoluzione di Aips. L’idea è quella di diffondere i nostri lavori e di artisti che apprezziamo, facendo attenzione a come pubblicarli, ovvero, con packaging curati e a volte mescolando la musica con l’arte a tutto tondo. Come l’edizione ultra limitata di Pietro Riparbelli o la mia pubblicazione con S. Candelaresi, dove musica, video e scrittura si intrecciano.

F - La definiamo un’Art Music Label e quindi in sostanza non solo musica elettroacustica, ambient e di confine ma anche packaging curati, artwork ricercati.

Una parola sull'ultima vostra produzione, una raccolta decisamente interessante

A- Francesco potrà spiegare meglio questa release dato che ne ha preso parte direttamente. Posso dire comunque che il prodotto finale risponde alla domanda provocatoria che ci hai fatto sopra.

F- Si, il buon Fabrizio Garau di The New Noise ha curato questo particolare progetto che prendendo spunto da una definizione di Attilio Novellino ha preso il nome di “Dronegazers”. E’ una raccolta di 8 tracce musicali realizzate rispettivamente oltre che dal sottoscritto anche da Enrico Coniglio, Attilio Novellino, Giulio Aldinucci, Alberto Boccardi Cristiano Deison, Easychord ed inpiù una traccia collaborativa realizzata da tutti i “Dronegazers”. Fabrizio la definisce una ricognizione sull’underground di casa nostra.

Progetti, previsioni e buoni propositi per il futuro

A- Come riportato sopra, il festival che realizzeremo in Puglia. Prima del festival andrò in residenza per un progetto improntato sul soundscape e non. www.bioculture.it

F - Ci sono già delle nuove releases cantierizzate per i prossimi mesi per quanto riguarda Oak Editions e non dirlo in giro ma a breve avremo il primo Festival che coniugherà paesaggi sonori e video vintage in Super 8 dal nome estremamente simbolico e del quale vi racconteremo di più nellesettimane a venire sui nostri canali web. Seguiteci.

 
 

Link Aips:

http://www.archivioitalianopaesaggisonori.it

 
 
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