Rober Capa, dalla Val di Susa a Lampedusa

A 100 anni dalla nascita del fotografo considerato il padre del fotogiornalismo moderno

26 Ottobre 2013

Robert Capa

(Budapest, 22 ottobre 1913 - Provincia di Thai Binh, 25 maggio 1954)

Mi piace immaginare Robert Capa in un negozio di fotografia ai giorni nostri, alle prese con macchine fotografiche digitali, pixel, automatismi, autofocus e programmi di sviluppo e stampa digitale, mi piacerebbe vedere l'espressione del suo viso difronte a tanta tecnologia, mi piacerebbe leggere il suo pensiero nel vederlo prendere confidenza con l'ultimo modello Nikon a 24milioni di pixel.

Secondo me, dopo un naturale stupore, per tanta grazia tecnologica, avrebbe irradiato il suo volto di un malinconico sorriso e sicuramente si sarebbe buttato a capofitto nell'impossessarsi di questa nuova tecnologia. In fondo la vita di Robert Capa fu proprio questa una continua sfida alla vita.

Oggi, avrebbe compiuto 100 anni se a 47 non fosse saltato su una mina in Vietnam, allora Indocina. Quel che è stato in vita ("Il più grande fotografo di guerra" titola un giornale già nel '39) e in morte parte da una premessa: era un profugo politico e razziale a partire da 18 anni.

Robert Capa si chiamava Endre ErnÅ‘ Friedmann: nacque in Ungheria nel 1913 e si trasferì in Germania a 18 anni. Militava nel partito comunista, era ebreo, scriveva, lavorò in uno studio fotografico di Berlino ma fu costretto a scappare nel 1933 a causa dell’ascesa del nazismo. Arrivò in Francia, dove lavorò qualche anno come freelance - insieme con la compagna Gerda Taro, anche lei fotografa. È negli anni di Parigi che decise di darsi un nome d'arte, cosa che secondo il suo punto di vista avrebbe reso le sue fotografie più accattivanti. Scelse "Robert Capa", che suonava come un nome americano allora molto di moda.

La sua carriera passa attraverso i principali conflitti del Novecento, soprattutto cinque: la Guerra civile spagnola (1936-1939), la Seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938), la Seconda guerra mondiale (1941-1945), la Guerra arabo-israeliana (1948) e la Prima guerra d’Indocina (1954).

Considerato come uno dei massimi rappresentanti della fotografia di reportage, pur non essendo il primo a scegliere la guerra come soggetto, Rober Capa ci ha lasciato numerose testimonianze dell'idiozia della guerra; come la foto della morte del miliziano nella guerra civile in Spagna.

Friedmann Endre, questo il suo vero nome, aveva 23 anni ed era alla sua prima guerra, quella in Spagna, tra i soldati repubblicani che combattevano contro Francisco Franco nel 1936. Lui era in trincea insieme ad altri soldati, armato della sua sola macchina fotografica.  Al "Vamonos" del capitano tutti uscirono fuori correndo. Capa alzò la macchina e scattò al buio senza neanche vedere cosa stava inquadrando, poi spedì tutto al suo giornale, le pellicole erano ancora da sviluppare.

Per i successivi tre mesi non ha mai saputo cosa ci fosse in quegli scatti ma rientrato in America trovò la gloria, era diventato una star. La sua foto, che ritraeva un soldato nel momento in cui veniva colpito dal fuoco nemico, aveva fatto il giro del mondo.
Robert Capa, un giovane incosciente amante del pericolo ed inconsapevole di quello che era "diventato" grazie a quell’immagine.

E d'incoscienza ne deve aver avuto da vendere, un'incoscienza nutrita dalla curiosità dal bisogno continuo di guardare, capire e testimoniare. Si é vero Robert Capa attraversò i principali conflitti del novecento, mai nessuno é riuscito a raccontare la morte come Robert Capa.

Richard Whelan disse nonostante realizzasse le sue fotografie per sostenere le cause di coloro nei quali egli credeva fermamente, come gli antifascisti spagnoli, i cinesi, gli alleati della econda guerra mondiale, gli ebrei durante la guerra di indipendenza israeliana, paradossalmente testimoniava la propria simpatia ad entrambe le parti in conflitto. Sebbene, alcuni di questi soldati rappresentassero «il nemico», essi erano anche vittime, in quanto esseri umani, delle orrende strategie della guerra”.

Egli fu sempre in prima fila, celebre é una sua frase: Se la foto non è buona, vuol dire che non eri abbastanza vicino.
Perché solo il fotografo che é dentro la scena riesce a carpire l'essenza dell'immagine, a catturare la profondità dell'espressione. Tutto il resto é carta stampata.

Capa, inseguì l’utopia di poter catturare il famoso "momento decisivo", quell’istante unico che diventa racconto utilizzando la fotografia al massimo delle sue potenzialità come strumento di documentazione e registrazione.

Se penso a Robert Capa oggi, lo immagino nelle spiagge di Lampedusa per raccontare il dramma dei profughi a riprendere la morte da vicino, tanto vicino da vedere nelle immagini la disperazione di chi non ha più niente da perdere.

Immagino Robert Capa in Val di Susa nelle prime file dei cortei dove le popolazioni resistono in difesa del territorio.

Lo immagino ovunque ci sia un uomo che dice "No".

L'Angelo Viaggiatore

 
 

Links utili:
www.magnumphotos.com
Robert Capa: retrospettiva fino al 19 gennaio 2014 a Villa Manin (UD)
Capa, in intervista del ’47 la ‘difesa’ della sua foto più famosa

 
 
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