Uscito, per espressa volontà dell'autore, il giorno della sua morte, questo piccolo capolavoro è l'ultimo romanzo di Sciascia e il suo testamento civile conto la mafia

ReadBabyRead #135 del 25 luglio 2013

Leonardo Sciascia: "Una storia semplice" (1/3)

25 Luglio 2013


Leonardo Sciascia

Una storia semplice (parte 1 di 3)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast

Legge: Franco Ventimiglia


Il magistrato si era intanto alzato ad accogliere il suo vecchio professore. «Con quale piacere la rivedo, dopo tanti anni!».
«Tanti: e mi pesano» convenne il professore.
«Ma che ne dice? Lei non è mutato per nulla, nell'aspetto».
«Lei sì» disse il professore con la solita franchezza.
«Questo maledetto lavoro… Ma perché mi dà del lei?».
«Come allora» disse il professore.
«Ma ormai…».
«No».
«Ma si ricorda di me?».
«Certo che mi ricordo».
«Posso permettermi di farle una domanda?… Poi gliene farò altre, di altre natura… Nei componimenti di italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?».
«Perché aveva copiato da un autore più intelligente».
Il magistrato scoppiò a ridere. «L'italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica…».
«L'italiano non è l'italiano: è il ragionare» disse il professore. «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto».
La battuta era feroce. Il magistrato impallidì. E passò a un duro interrogatorio.


Sciascia, anche la verità può essere ingiusta

Un brigadiere, un omicidio mascherato da suicidio e una doppia soluzione.
Lo scetticismo dell'autore nelle parole di Dürrenmatt

Il 20 novembre 1989, secondo quanto prescritto nel testamento dell’autore, morto quel giorno, fu pubblicato il breve romanzo di Leonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989) dal titolo "Una storia semplice". Ispirato ad un fatto di cronaca, questo breve romanzo si può considerare il testamento morale e politico di Sciascia, che mostra per una volta ancora, l'ultima, la sua passione dolente per la terra siciliana, malauguratamente infestata dal cancro della criminalità mafiosa.
 
Oltre che romanzo breve o racconto lungo, «giallo» o «noir all' italiana», "Una storia semplice" può definirsi un rapporto. Un rapporto di polizia, seppure redatto - al contrario dei documenti giudiziari che tanto appassionavano Leonardo Sciascia - con la cura e la levità che solo lo scrittore di Racalmuto e pochi altri sapevano o sanno garantire ai loro lettori. Il suggerimento viene dallo stesso autore in una delle prime pagine del libro, quando descrive l' ansia con cui il brigadiere torna in ufficio per stendere il primo rapporto su ciò che gli è appena capitato di vedere: un cadavere, una pistola e un biglietto che suggeriscono un omicidio mascherato da suicidio. «Compito piuttosto ingrato sempre - annota Sciascia riferendosi a quello cui si appresta il brigadiere - i suoi anni di scuola e le sue non frequenti letture non bastando a metterlo in confidenza con l' italiano. Ma, curiosamente, il fatto di dover scrivere delle cose che vedeva, la preoccupazione, l' angoscia quasi, dava alla sua mente una capacità di selezione, di scelta, di essenzialità per cui sensato e acuto finiva con l' essere quel che poi nella rete dello scrivere restava. Così è forse degli scrittori italiani del Meridione, siciliani in specie: nonostante il liceo, l' università e le tante letture».
Così era, probabilmente, per Sciascia e così è, certamente, per l' essenziale, sensato e acuto Una storia semplice, opera ultima che lo scrittore siciliano consegnò alle stampe poche settimane prima di morire, nell' autunno del 1989. Un rapporto ai lettori su un intreccio di accadimenti in un paese della Sicilia nel quale sono mirabilmente descritti, oltre ai fatti, i personaggi dietro ai quali si nasconde la soluzione del caso. Soluzione che viene svelata ai lettori, ma non trova sbocchi in quel lembo di terra siciliana: giacché chi arriva ad afferrare un pezzo di verità decide di nasconderla per non compromettere le istituzioni locali e chi se ne trova davanti un altro pezzo - il testimone che ha dovuto subire un trattamento da delinquente - decide di tenerlo per sé al fine di evitare conseguenze peggiori di quelle in cui è già incappato.
In mezzo, le figure del brigadiere che fra ostacoli, amarezze e pianti scopre il marcio in mezzo al quale è costretto a lavorare e di un professore (che a tratti ricorda lo stesso Sciascia, non fosse che per l' accenno alle fastidiose cure cui è costretto, come lo era lo scrittore negli ultimi mesi di vita) che sferza i protagonisti con le sue razionali considerazioni e raccomanda al brigadiere di mescolare sempre qualche dubbio alle sue ricostruzioni.
Anche quando appaiono «aritmeticamente» plausibili e conseguenti una all' altra. La storia solo apparentemente semplice - come questore e procuratore tentano di farla passare, ché così conviene a tutti - è quella di un diplomatico in pensione, Giorgio Roccella, che torna nella sua vecchia casa siciliana dopo quindici anni di assenza, per recuperare alcune lettere che Garibaldi e Pirandello avevano inviato, rispettivamente, al bisnonno e al nonno.
Una sera Roccella telefona alla polizia per segnalare una scoperta che vuole comunicare al più presto. E' l' inizio del libro e del «giallo», poiché l' indomani il brigadiere Antonio Lagandara, figlio di contadini che s'è arruolato in polizia dopo il diploma in assenza di altre opportunità di lavoro, va a casa di Roccella e lo trova morto: un colpo di pistola alla tempia, l'arma a terra e un enigmatico biglietto davanti al cadavere. Il suicidio sembrerebbe la soluzione più immediata, la più semplice appunto, ma alcuni indizi e altre morti misteriose svelano in pochi giorni che in realtà si tratta di un omicidio teso a proteggere un traffico di droga e di opere d' arte in cui sono coinvolti personaggi insospettabili. Solo alcuni dei responsabili, però, rimarranno impigliati nella rete delle indagini.
E alla fine della storia in cui non mancano i colpi di scena non è certo la giustizia a trionfare, nel senso dell' accertamento della verità e della sanzione per i colpevoli comminata attraverso giuste regole. Come del resto accade in numerosi romanzi di Sciascia, dal "Giorno della civetta" (1961) in poi.
L' epigrafe scelta dall' autore per introdurre il racconto è tratta da "Giustizia" dello svizzero Friedrich Dürrenmatt (1921-1990), altro autore che ha amato e utilizzato il genere poliziesco per raccontare i mali e le ambiguità del mondo in cui gli è toccato vivere: «Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia».
Un «forse» e due «ancora» per sottolineare lo scetticismo e però anche la caparbietà con cui Sciascia ha guardato a certi problemi del suo tempo, che non sembra così passato. Ma anche in "Una storia semplice" la frase presa in prestito da Dürrenmatt resta un' illusione. E una speranza, che pure si rintraccia nelle pagine di quest' ultimo romanzo-racconto-rapporto.
Un altro dei protagonisti infatti, il figlio di Roccella accorso dalla Scozia dopo la morte dell' ex ambasciatore, alla madre che vorrebbe vendere tutto e andar via al più presto da quel posto in cui le persone «ormai da anni, chi sa perché, si ammazzano tra loro», risponde secco: «Non vendo: forse resto qui... Con mio padre spesso pensavamo di tornare di far vita qui». In altro contesto, ventotto anni più tardi, riemergono le parole del capitano Bellodi, quello del "Giorno della civetta", il quale dopo essersi imbattuto nella mafia che l' aveva costretto ad abbandonare l' isola, dalla rassicurante Parma promette di tornare in quella terra bellissima e misteriosa, a costo di rompercisi la testa.
Erano gli anni Cinquanta, ma le cose non apparivano tanto diverse sul finire degli anni Ottanta e forse non lo sono nemmeno oggi. Perché la Sicilia svelata da Leonardo Sciascia, metafora dell' Italia e di molte altre realtà, sembra offrire ancora tanti dubbi da coltivare e tante storie da raccontare. Solo apparentemente semplici.

Bianconi Giovanni
Corriere della Sera (14 aprile 2003)


Nel breve giro di sessanta pagine l’autore ci ha lasciato l’ultima sua testimonianza sulla corruzione dilagante alla fine degli anni Ottanta. Come in altri romanzi e racconti di Sciascia, la Sicilia diventa l’emblema dell’intero nostro Paese, marcio fin nelle più alte sfere sia laiche che religiose. Lo sguardo dello scrittore si è fatto irrimediabilmente cupo: il giovane brigadiere, che delle sue origini contadine ha conservato un istinto infallibile e una preziosa diffidenza, rappresenta un amore per la cultura, la verità e la giustizia destinato ad essere sconfitto.  Trionfano invece l’inettitudine, la paura, il crimine.

L'amaro epilogo della storia, vuol, forse, fare riflettere che in quest'isola insanguinata dagli innumerevoli fatti cruenti di mafia, tutto è permeato da un cancro che erode la società alle fondamenta. Le istituzioni, o perlomeno una buona parte di esse, che contro la "longa mano" dovrebbero lottare, della medesima sono parte integrante. Non solo la polizia, nella persona del commissario, ne rimane invischiata ma anche e soprattutto la Chiesa; partecipe attiva dell'organizzazione mafiosa. Il prete, padre Cricco, è anzi colui che, pur essendo parte integrante del macroscopico meccanismo disgregatore della società sicula, resta impunito. L'unica luce che s’intravede in un universo così buio è l'attività pulita, per certi versi ingenua, di un semplice e scrupoloso brigadiere di provincia che da solo contro tutti sfida e sconfigge, almeno in questa battaglia, il mostro; anche se in ogni caso la verità oggettiva rimarrà sicuramente ed inevitabilmente sconosciuta all'opinione pubblica.

Nel 1991 il regista Emidio Greco ha ricavato da Una storia semplice un film che è una delle migliori trasposizioni cinematografiche delle opere di Sciascia. L’intrigo è riproposto creando un’atmosfera asfittica molto fedele a quella del libro e Ricky Tognazzi e Gian Maria Volonté, rispettivamente nei ruoli del brigadiere e del professor Franzò, danno un’ottima interpretazione, credibile e sofferta, di una storia che è ancora tristemente attuale e che invece dovremmo tutti impegnarci affinché non si ripeta mai più.

La Libreria Immaginaria
20 marzo 2012


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

Tom Waits, Alice [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Everything You Can Think [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Los Angeles Mood (Chromium Descensions) [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Los Angeles Theme (Another Private Dick) [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Shore Leave [Tom Waits]
Tom Waits, Gospel Train [Tom Waits]
Tom Waits, We're All Mad Here [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Dave The Butcher [Tom Waits]
Tom Waits, Helsinki Mood [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Just Another Sucker On The Vine [Tom Waits]
Tom Waits, On The Other Side Of The World (Instrumental) [Kathleen Brennan/Tom Waits]
Tom Waits, Carnival [Tom Waits]
Tom Waits, Please Wake Me Up [Kathleen Brennan]
Tom Waits, More Than Rain [Tom Waits]
Tom Waits, Flash Pan Hunter (Intro) [Tom Waits]
Tom Waits, Black Box Theme [Tom Waits]
Tom Waits, Good Old World (Waltz Instrumental) [Kathleen Brennan/Tom Waits]

 
 

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La copertina del libro "Una storia semplice" di Leonardo Sciascia (1989, 30ª edizione, Adelphi, Piccola Biblioteca Adelphi)

 
 

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