Un racconto della Resistenza

ReadBabyRead #22 del 26 maggio 2011

Mario Rigoni Stern: "Che magro che sei fratello" (3/3)

26 Maggio 2011

Mario Rigoni Stern

Che magro che sei fratello (parte 3 di 3)



per info su Franco Ventimiglia e Claudio Tesser:

www.letturaealtricrimini.it



Legge: Franco Ventimiglia



MARIO RIGONI STERN


Il narratore dell'altipiano



Il legame tra Memoria e Natura, è questa l'essenza delle opere dello scrittore asiaghese Mario Rigoni Stern (Asiago, 1921-2008). In quasi cinquant'anni di produzione narrativa ritroviamo sempre questi due elementi, a volte uno prevalente sull'altro a volte tra loro intimamente intrecciati, sempre comunque presenti in ogni sua opera. Credo si debba partire da questa considerazione di fondo se si vuole cercare di riassumere, per quanto possibile, un cammino letterario cominciato con un rotolo di fogli dentro uno zaino poggiato a fianco di un giaciglio, all'interno di un lager tedesco in Masuria. Il giovane proprietario dell'involto è il sergente maggiore Mario Rigoni Stern, alpino scampato alla tragica ritirata di Russia dell'esercito italiano tra la fine del 1942 e l'inizio del 1943, che era stato capace di guidare un gruppo di soldati ormai allo sbando fuori dalle linee di fuoco. Quei giorni, lui semplice sergente divenuto improvvisamente responsabile delle vite di molti uomini, li racconterà con misurato orgoglio come essere stati i giorni più importanti della sua vita. Catturato dai tedeschi sulla strada del ritorno, è costretto a sopravvivere per più di due anni nei lager di Lituania, Slesia e Stiria. La prigionia diventa oltre che il tempo della sofferenza e della fame, anche il tempo della scrittura, del ricordo e della memoria di tutti i compagni uccisi, di coloro che ha visto cadere al suo fianco sulla neve, cedere di schianto sotto i colpi dell'inverno russo nella più tragica insipienza e inadeguatezza dei vertici militari.

Definito da Vittorini nei sui proverbiali risvolti di copertina scrittore non di vocazione, Mario Rigoni Stern saprà invece smentire questa impressione, riuscendo nel tempo ad esprimere con la sua scrittura un mondo poetico che era andato maturando dentro di lui prima ancora della drammatica esperienza di guerra raccontata in quel primo libro, quando leggeva gli amati classici russi trovati nello scaffale del padre, dal Tolstoj dei Racconti di Sebastopoli, I due ussari, I cosacchi, alle opere di Gorki, Cechov e Puškin.

Dovranno trascorrere però quasi dieci anni prima di ritrovare quel genuino talento di narratore: è il 1962 quando viene dato alle stampe Il bosco degli urogalli, testimonianza dell'altro elemento fondante dell'opera di Mario Rigoni Stern. Sono racconti che parlano di boschi, cacciatori, animali e montagne quelli raccolti in un libro che può considerarsi un nuovo esordio per la diversità del tema affrontato, quello dell'amore di un uomo per la propria terra. L'appunto di Vittorini che era parsa allora quasi una "condanna" letteraria, quella cioè di avere a che fare con uno scrittore che non avrebbe mai saputo scrivere di qualcosa che non fosse frutto di esperienza personale, diventa una profezia critica. Noi che abbiamo il privilegio di poter conoscere l'intera opera dello scrittore asiaghese non possiamo non constatare quanto di personale ed insieme universale vi sia nelle sue opere.

Storia di Tönle (1978) è l'espressione di una raggiunta maturità artistica nella quale la capacità evocativa della scrittura limpida e concreta di Rigoni Stern dona forma ad un racconto di grande efficacia narrativa. La vicenda di Tönle Bintarn, contadino, pastore e contrabbandiere, è il racconto della vita di un uomo vissuto tra la fine dell'Ottocento e la Grande Guerra che ha sconvolto l'Altipiano, un destino che si incrocia dunque con i grandi eventi della storia.

E' il ritratto di un italiano legato alla terra, alla sua piccola patria, all'alternarsi delle stagioni della natura e della vita, costretto ad affrontare la travolgente violenza degli eventi. Il testo trae linfa dai ricordi personali dello scrittore, dai racconti d'infanzia ascoltati dal padre e dai nonni piccoli commercianti con la pianura, dai pastori incontrati nel lavoro alle malghe, un sottofondo di storie orali che emergono dalle pagine del libro nella loro semplice, scarna e sofferta verità.

Questa chiara e semplice rievocazione storico-personale continuerà con L'anno della vittoria (1985) e con Le Stagioni di Giacomo (1995), racconto del ritorno alla vita di una comunità di montagna sconvolta e distrutta da una guerra i cui segni ancora oggi si scorgono tra boschi dell'Altipiano. Le parole di Rigoni Stern chiariscono le ragioni di quello che si può considerare un vero e proprio ciclo narrativo: "Come ho scritto Il sergente nella neve quale testimonianza per quelli che non sono ritornati a baita; come ho scritto la Storia di Tönle per recuperare quelle memorie che altrimenti si perdevano e per dimostrare il coraggio e lo spirito dei nostri nonni; e L'anno della vittoria per non dimenticare le sofferenze dei profughi e l'amore per il proprio paese; ho scritto Le Stagioni di Giacomo per uomini generosi che dopo tanta guerra e dopo aver lottato per liberare l'Italia da fascisti e tedeschi, negli anni cinquanta sono dovuti emigrare per trovare lavoro in terre lontane".

Oltre ai libri fin qui ricordati vi sono moltissime altre storie, un mosaico di racconti pubblicato in raccolte nate sempre dal dominio della memoria e della natura: Amore di confine (1986), Arboreto salvatico (1991, dedicato alla consonanza di vicende e destini tra alberi e uomini), Aspettando l'alba (1994), e i più recenti Sentieri sotto la neve (1998), Inverni lontani (1999), Tra le due guerre e altre storie (2000), quest'ultimo quasi un compendio dei temi affrontati da Rigoni Stern. In “ Sentieri sotto la neve” vogliamo ricordare in particolare “Che magro sei fratello”, racconto di una trentina di pagine che ne fanno uno dei capitoli di maggiore pregnanza dello scrittore di Asiago, per la limpidezza della scrittura unita ad una capacità notevole di raccontare la drammaticità del ritorno.

Risulta difficile dare un giudizio d'insieme su tali e tanti scritti, alcuni dei quali vedono lo scrittore ritornare forse con troppa insistenza su argomenti particolari già approfonditi e resi già pienamente nel corso della sua lunga vicenda letteraria. Tra questi racconti risulta comunque indimenticabile Che magro che sei, fratello!, (contenuto in Sentieri sotto la neve) per la naturale limpidezza della scrittura e per la drammatica capacità di Rigoni Stern di affrontare il tema del ritorno, andando a scrivere una trentina di pagine che fanno di questo racconto uno dei capitoli più significativi dell'opera dello scrittore di Asiago (e nella stessa raccolta troviamo L'altra mattina sugli sci con Primo Levi, un ricordo commosso dell'amicizia con lo scrittore torinese).

La collaborazione con il quotidiano La Stampa ha consentito inoltre a Rigoni Stern di scrivere brevi racconti di viaggio, esperienze che hanno poi trovato pubblicazione in volume prima nel 1989 con Il magico Kolobok (e poi in Tra le due guerre e altre storie). Nello scorrere alcuni dei titoli più significativi si può avere un'idea del taglio quasi letterario dato a questa sorta di minireportage: I giovani sapienti di Coimbra (Portogallo), La foresta degli ultimi bisonti (Polonia), Sui sette laghi di re urogallo (Slovenia) e Fate e veleni della selva boema.

Davide Squarcina


Le Musiche
, scelte da Claudio Tesser


Enrico Rava
, L'Opéra Va (Enrico Rava, Battista Lena, Palle Danielsson, Jon Chistensen, Richard Galliano, Bruno Tommaso, Insieme Strumentale di Roma), Tosca (Giacomo Puccini)

Enrico Rava, L'Opéra Va, La fanciulla del West (Giacomo Puccini)

Enrico Rava, L'Opéra Va, Stabat Mater (Giovanni Battista Pergolesi)

Enrico Rava, L'Opéra Va, Chanson d'amour (Georges Bizet)

Enrico Rava/Roberto Sellani, Munasterio 'e Santa Chiara (Michele Galdieri, Alberto Barberis)

Enrico Rava/Roberto Sellani, Donna (Gorni Kramer)

Enrico Rava/Roberto Sellani, Parlami d'amore Mariù (Ennio Neri, Cesare Andrea Bixio)

 
 

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