In scena con: Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio , Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea regia Andrea De Rosa

Macbeth - Teatro Goldoni di Venezia

Regia di Andrea De Rosa, con Giuseppe Battiston

12 Marzo 2013

Avete presente il disagio? Ve lo descrivo: ti presenti sobrio ad una festa alto-borghese con ore di ritardo, l'alcol è finito, gli invitati sono già ubriachi fradici, ridono tutti come idiote scimmie adolescenti e a te non resta altro che galleggiare tra l'imbarazzo e l'odio di classe. Tutti che strillano e non c'è nulla da strillare. Ecco, il Macbeth di Andrea De Rosa inizia così, in un frivolo festino per riccastri scemi, e l'ancestrale decadenza scozzese del testo originale non potrebbe essere aggiornata in modo migliore: nella prima mezz'ora vorresti vedere gli sguaiati protagonisti in scena tutti morti e coperti di sangue. E il bello è che sai benissimo che verrai accontentato.

Su un grande divano siedono tre curiosi ciccio-belli, tre bambole orrende che ricordano i giorni più atroci della tua infanzia, i pomeriggi di noia, i regali sbagliati, scusi signora credevo fosse una bambina, ma va là che si divertirà lo stesso, e adesso gioca con queste e non fare il viziato. Non appena entrano in scena Macbeth e la sua Lady, ebbri e insostenibili, i ciccio-belli si trasformano in adorabili epigoni di Chucky – La bambola assassina, snocciolando con voci metalliche le mefitiche profezie delle streghe shakespeariane.

Si comincia a (s)ragionare: il disagio-party si rivela essere la festa per la vittoria di Macbeth e Banquo e dalla stanza fumatori entrano tutti ilari Seyton, Malcolm, Macduff... La prima profezia delle nipotine di Chucky tosto si realizza: Macbeth è nominato barone di Cawdor, quindi di lì a poco anche il trono di Scozia sarà suo.
I sogni son desideri, ma i desideri realizzati sono gli incubi peggiori”, diceva Chiasmo da Rotterdam: passata la sbornia, il pover'uomo si trova così schiacciato dalla propria ambizione e dal disegno del Destino, dall'inconfessabile volontà di potere e dalla moglie più infernale del teatro moderno. L'assassinio di re Duncan inaugurerà la festa crudele del sangue e del rimorso.

Ora, io di sangue e crudeltà un po' me ne intendo, quindi per accontentarmi a questo punto devi alzare di molto l'asticella: diciamo che se non appendi feti grondanti di vernice rossa io non sono felice, se non mi rimbambisci con musica iper-violenta e luci epilettiche ti considero un chierichetto. Voglio il vomito e la paura. È chiedere troppo che Decadenza e Disagio rendano il disumano tangibile, disturbante, schizzante plasma? No, e infatti il buon regista mi asseconda in tutto e per tutto, mettendo in scena un parto orripilante che nemmeno in Brood - La covata malefica, e musiche e voci industriali degne di un album dei NIN. Macbeth e la Lady sprofondano nel più contemporaneo ed abissale degli incubi: quello della frenesia feroce, della megalomania del tiranno, dell'intima tenebra, malati di una fame insaziabile prima, e di una sazietà inconsolabile poi.

Non a caso parlo di fame e pance satolle: il dominatore assoluto della scena è ovviamente un Giuseppe Battiston ENORME, per stazza e per talento, che continua ad inseguire e perseguire in tutto e per tutto quel genio esasperato di Orson Welles (ricordiamo che lo ha interpretato nel 2010 in “Orson Welles Roast”, e che la trasposizione cinematografica più celebre e riuscita della tragedia shakespeariana è proprio del regista di Quarto Potere). Ma anche Frédérique Loliée è una meravigliosa Lady Macbeth, insopportabile e spietata come è giusto che sia, e il resto del cast ha il merito di non rovinare la piazza a questa coppia in stato di inquietante grazia.

Due ore di sogni che conducono uomini alla rovina, di Male in serata di Gala, ma soprattutto di idee e coraggio, finalmente. Nel circuito teatrale tradizionale difficile chiedere di più.

 

 
 

Fondazione del 
Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni"


MACBETH

di William Shakespeare
regia di Andrea De Rosa
traduzione Nadia Fusini

con
Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio , Marco Vergani, 
Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea
regia Andrea De Rosa


Note di regia

Una domanda sembra attraversare il Macbeth di William Shakespeare: chi siamo noi veramente? Una domanda che, posta in questo modo, ha certamente un respiro troppo vago e universale, tanto che si potrebbe applicarla a quasi tutte le opere del Bardo. Ma qui essa sembra come presa di petto e investire tutti i personaggi della tragedia.
Macbeth e sua moglie, prima di tutto. Dal momento in cui ricevono la profezia dalle tre streghe (“tu sarai Re”) quel futuro, solo suggerito, solo sussurrato, solo possibile, diventa per loro la via della necessità dalla quale non riescono più a sottrarsi. L’entrare in rapporto con i desideri più nascosti e proibiti sconvolge le loro esistenze. Dal quel momento, infatti, essi non sono più quelli che erano, non sanno più chi saranno. I desideri sono sempre destabilizzanti. Rimescolano e stravolgono le nostre vite, spazzando via tutti gli sforzi che sempre facciamo per renderle tranquilli e normali. Il desiderio di diventare Re, per Macbeth, si intreccia a doppio filo con il desiderio di morte (prima l’omicidio del vero Re, Duncan, poi a seguire tutti gli altri; una lunga catena che non si può spezzare perché l’obiettivo è spostato sempre in avanti, fino a che egli non si rende conto di essere in un vicolo cieco: quel desiderio non sarà mai appagato, i delitti non saranno mai sufficienti; egli non sarà mai più lo stesso di prima e quello che è diventato è solo “un’ombra che cammina”).
Quel desiderio di morte, credo, ancora più del desiderio di potere, è ciò che attira Macbeth e sua moglie dentro la spirale dalla quale verranno entrambi schiacciati. Ma la domanda sull’identità si pone con forza anche per altri personaggi. Per esempio per quelli che prenderanno il posto di Macbeth, una volta che l’avranno sconfitto.
Che uomini diventeranno? Siamo sicuri che instaureranno un regime migliore? Dopo tutto il sangue versato da Macbeth potrebbe venire altro sangue. Malcolm, il futuro Re, si chiede come facciamo a sapere che saremo meglio di Macbeth che si è appena rivelato essere un tiranno. Di nuovo: come facciamo a sapere chi siamo veramente? La domanda a questo punto diventa politica. Si può percorrere una strada insanguinata senza cedere alla tentazione del sangue? Si può attraversare una strada corrotta senza cedere al desiderio di corruzione? Si può dire veramente chi siamo? Questo discorso sul potere ci porta molto più in là e ci dice anche che, al di là dell’efferatezza a cui si può arrivare, c’è una tentazione, un desiderio pericoloso e inconfessabile in ciascuno di noi. Guardiamo Macbeth… e tiriamo un respiro di sollievo, perché speriamo che esso non venga mai fuori a sconvolgere la nostra vita.

Andrea De Rosa

Le foto sono di Bepi Caroli tratte da www.teatrostabileveneto.it

 
 
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