Lo spazio che è diventato il fulcro di una risposta alla crisi che ha coinvolto tutta la città

La Palestra Carlos Puel: uniti contro la crisi

Un luogo di riferimento per gli sportivi argentini

19 Febbraio 2013

La Plata
@ivangrozny3

La Palestra Sociale Carlos Puel è esattamente come la possiamo immaginare. Un ring, sacchi appesi qua e la, gente che ci da dentro di brutto. Diversi ragazzi si stanno allenando in vista del week end che li vedrà affrontare atleti di altre città. Il Kick Boxing è molto praticato, anche se non c'è solo quello.

Lo spazio è rallegrato da diversi murales che rendono il posto più colorato. Nel 2001, anno in cui in Argentina è esplosa la crisi in maniera violenta e irreversibile, questo luogo che oggi è un punto di riferimento per gli sportivi de La Plata in quel periodo assunse una valenza fondamentale per la gente di qui.

"Prima del 2001 non era una palestra. O meglio, cominciava ad esserlo ma non era così frequentata. Era un luogo in affitto dove chi praticava certi sport si trovava. Ma solo loro e tra loro. Esplosa la crisi - racconta Dario, quarantenne di chiare origini italiane, come molti qui - è diventata il fulcro di una certa reazione che ha coinvolto tutta la città. I pochi ragazzi che la gestivano l'hanno messa a disposizione di tutta la comunità, e così, coloro che volevano potevano usare questo spazio. Così chi era parrucchiere ma non aveva più un negozio, o i falegnami, i carpentieri, si ritrovavano in questo posto e scambiavano le loro performance lavorative con signore che in cambio cucinavano o rammendavano vestiti, e così via. Di li a poco tutte le persone di La Plata presero spunto da questa esperienza e si crearono altre situazioni come queste. La gente scambiava ciò che aveva e ciò che sapeva fare. Una sorta di baratto, tanto per farci capire".

Già, tornare indietro per andare avanti.

Mentre Dario parla giovani e anziani che frequentano il posto si fanno tradurre ciò che lui, in perfetto italiano, sta raccontando, e aggiungono esperienze. Ad esempio Xavier, un anziano che gestisce il piccolo bar situato all'interno dello spazio, dice che prima faceva tutt'altro. Lavorava in imprese edili come operaio. Ora prepara empanadas per tutti e versa birra o ottimo vino a chi capita da queste parti. E' inutile dire che i prezzi sono molto popolari. Qui anziani giocano a carte mentre giovani si allenano duramente. I più anziani sono la memoria storica di questa città e questi luoghi, ma parlano di quegli anni non come coloro che hanno da insegnare, ma con la felicità di chi ha visto i propri figli reagire e concretamente rispondere alla catastrofe che stava investendo il Paese e la sua gente.

"I politici sono degli irresponsabili. Vedere i miei figli di trent'anni rimasti senza lavoro reagire in questo modo mi ha fatto capire cosa e chi è il Paese. L'Argentina siamo noi, non quei… (termine intraducibile e forse è meglio così, ma credo che possiate intuire) che occupano la Casa Rosada. Siamo noi l'Argentina. E' grazie a noi che sta ancora in piedi. A noi - è commosso Miguel mentre parla - cui hanno tolto tutto e nonostante questo abbiamo avuto la forza di trovare una risposta alla drammatica situazione. Andare avanti. La mattina si andava alla capitale a manifestare, poi si rientrava e ci si dava da fare. Questa palestra era in affitto alla municipalità. Credi che qualcuno di quei (lascio ancora a voi immaginare..) … sia mai venuto qui a chiedere i soldi dell'affitto? Hai un'idea di come risponderemmo?"

C'è sempre più gente qui attorno. Ognuno vuole raccontare la propria esperienza. Ed è bellissimo, credetemi, questo alternarsi di rabbia e indignazione mescolato alla voglia di rispondere insieme ai problemi. Una voglia che è concreta. Che qui è stato possibile si realizzasse. La Plata, la città delle diagonali in cui queste strade si contraddistinguono con dei numeri, è la capitale dello Stato di Buenos Aires. E' stato un faro per coloro che non volevano piegarsi alla crisi. Situazione che ancora oggi è davvero critica. Chi crede che il peggio sia passato fa finta di non vedere le migliaia di persone che vivono senza una casa, senza un tetto sopra la testa. Se ne contano quasi quindicimila (!!!) nella sola Buenos Aires. Sono quelle persone che, quando passa un turista vengono indicate come pericoli. Ma è la miseria a doverci far paura, o qualcos'altro?

Tra le tante cose che sto imparando in Sudamerica è che non devi temere coloro che vengono indicati come pericoli, ma coloro che li indicano come tali. E questo lo sa bene anche il popolo argentino, vessato e ridotto alla fame. Ma non per questo meno lucido e senza capacità di reazione.

 
 

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