Guida per riconoscere i tuoi classici.

Recensione a The Big Bus Stop Station

22 Gennaio 2013

Da qualche parte ho letto che sarebbe stato impossibile affermare trecento anni fa che l'umanità avrebbe prodotto il jazz o il dadaismo, o praticato la dissoluzione della famiglia tradizionale, poiché l'etica e l'estetica se ne vanno per conto loro e non vige la necessità in quei rami dell'esistente.

Però ci sono luoghi in cui ci si sente subito a casa - non è un già visto, ma una certa familiarità. Insomma delle sicurezze, un certo dna acquisito sul quale cercare appiglio. Anche di certe sonorità non possiamo più fare a meno, tuttavia è altrettanto bizzarro che queste abbiamo avuto la loro origine nei luoghi dove si rincorreva l'oro e, oggi, le possiamo trovare a due passi da casa.

Così i brani dei The Big Bus Stop Station sono pezzi di rock-blues, con venature di psichedelia.
Pezzi ben costruiti, con una struttura ritmica solida, gli assoli di chitarra nei momenti giusti e le opportune strizzate d'occhio ai Doors. Con il giusto piglio questi quattro ragazzi della provincia di Treviso (Erre, voce e chitarra; Luca Poloni alla batteria; Giorgio Spadotto, chitarra solista e Nicola Buso al basso) ci portano nella tempesta del deserto di una puntata di C.S.I. Las Vegas senza però farci pensare ai Ris di Parma - il che non è poco, in un panorama che tende ad appiattirsi; sorseggiano bevande al limite della legalità con una professionista non a Conie Island, senza sembrare fuori cast con un impermeabile alla tenente Colombo.
Insomma, v'è dell'immaginario, e anche corposo.

Dunque attendiamo l'uscita di un lavoro organico, dopo le collaborazioni con il CheapStudio (uno dei loro brani è presente nella compilation natalizia dello studio) e i brani diffusi in rete. Con curiosità e garanzia di una certa familiarità strutturale.

 
 

Links utili:
The Big Bus Stop Station su FB
www.reverbnation.com

 
 
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