La Tempesta al Rivolta, ovvero Dei Fantasmi

22 Dicembre 2012

Sono passate ormai due settimane ma pubblichiamo con molto piacere questa recensione scritta da Piergiorgio Svaluto per Sherwood.it.

La Tempesta al Rivolta, seconda edizione. L'anno scorso si celebrava il decennale dell'etichetta - o meglio del collettivo di artisti e lo abbiamo chiamato un mezzo ventennio. Quest'anno siamo invischiati in una risacca di putrefazione. Lo stato delle cose che ci tocca abitare è quello della decomposizione, ma allora chi fabbrica arte e cultura deve anticipare i tempi e farsi ciò che viene dopo il cadavere: spettro, fantasma.

Così questa edizione è stata piena di fantasmi: quelli del giardino dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che hanno presentato il loro nuovo lavoro, giustamente definito un disco etnico di un'etnia che non esiste.

Sono fantasmi i Ninos du Brasil che sbagliano la grammatica ma allestiscono una performance delirante, colorata, esplorativi di nuovi mondi- una sorta di cartografi a venire.

Sono fantasmi gli Hardcore tamburo che aprono la serata e fanno del rumore uno strumento di critica.

Fantasma sopravvissuto a Moltheni è Umberto Maria Giardini che passeggia su un tappeto di hammond e da lì sviluppa fraseggi di chitarre post-rock e le consuete venature di cantautorato in un live davvero interessante.

Fantasmi seppellitori di una tradizione musicale che ha guardato all'armonia come fine sono gli Aucan e il loro contraltare d'oltralpe Niveu Zero - con un dj set della saldezza del marmo, ma inciso con la precisione degna del “rovinismo piranesiano”.

I Mellow Mood, che oltre al reggae un po' adolescenziale mostrano la capacità suonare un dub fondamentalmente etereo e extra-terreno.

Poi ci sono le certezze: I Pan del Diavolo, ancora una volta “Elvis redivivi”, ma con più cupezza - una cupezza da ultimi giorni, che già si ascolta in controluce in Piombo, polvere e carbone.

E il Teatro degli orrori, con Capovilla che sembra sempre di più lo spettro che si aggirava per l'Europa nella seconda metà dell'Ottocento secondo Marx, una scaletta della consueta potenza e la conclusione con il pezzo strumentale intitolato Rivolta: un programma di intenti.

Tutto questo sullo sfondo essenziale di un'organizzazione, ancora una volta, impeccabile da parte dei ragazzi del Rivolta.

 
 

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