Alanis Morissette Live @ Hydrogen Festival

Padova, Martedì 17 Luglio 2012

21 Luglio 2012

Lo scenario è quello della favolosa Piazzola Sul Brenta, sullo sfondo la fascinosa Villa Contarini; una location che già da sola crea il clima giusto per un concerto. Mai sazio di live raggiungo questo luogo incantevole solo in fondo per togliermi un dubbio. Dal Paese da dove arrivano due dei progetti musicali che hanno segnato maggiormente il mio percorso musicale, God Speed You Balck Emperor e Arcade Fire, l’artista di cui maggiormente si è parlato a fine anni Novanta è stata di sicuro Alanis Morissette. I suoi dischi hanno venduto milioni di copie, e bisogna riconoscere che non sono progetti studiati a tavolino per raccogliere consensi. Quindi la mia curiosità come sempre ha la meglio e vado a verificare. Sono da poco passate le 21, l’Hydrogen Festival è partito da qualche giorno e questa è una delle serate più attese, dopo Sting che come era prevedibile ha fatto il pienone. Sting che ha detta di chi ci lavora a questo Festival, è stato di una umanità e di una disponibilità eccezionali. Ma dopo tutto è sempre così. Chi grande già è non ha bisogno di fare la star. Il contrario invece accade sempre. Guardate il cartellone e provate a indovinare chi invece ha assunto i comportamenti da divo. Dai, è facile..
Il festival è davvero ben organizzato, due schermi che con una qualità pazzesca mostrano ogni istante di quanto accade sul palco e sugli spalti.
Chiusa questa parentesi, cerchiamo di raccontare questa ora e un quarto di live (!!!) dell’artista canadese. Avendo premesso che è la curiosità che mi ha spinto fino qui e la voglia di sentire se è come dicono coloro che hanno visto le sue performance live. Sono quasi le 22 e la Morissette sale sul palco. Attacca con I remain un pezzo che crea un’atmosfera quasi ipnotica, ma dura poco. Resterà un episodio isolato.
In realtà la Morissette sceglie di presentare qualche inedito qui e la, ma salta in blocco i due ultimi lavori e si tuffa quasi completamente nel suo disco di maggiore successo, Jagged Little Pill. Una scelta che in qualche modo ci segnala una difficoltà. Quella di uscire dalla gabbia che un grande successo provoca, e quindi rinnovarsi. Il suono e gli arrangiamenti vanno in una direzione che è tutto fuori che una rielaborazione. Un concerto costruito senza rischi, sui successi più amati. E il pubblico bisogna dire che risponde. Non proprio caldissimo, ma partecipa. E ascolta.
La voce è innegabile, c’è. Eccome se c’è. Ma sarà che forse mi aspettavo qualcosa di più, qualche azzardo, qualche rischio, a me è parso tutto uguale.
Ironic la canta quasi praticamente solo il pubblico. Sarò un po’ difficile, ma è una cosa che non perdono neppure all’adorato Manuel Agnelli, quindi… Io capisco il coinvolgimento, ma è una cosa che non ho mai apprezzato. Non credo sia quello il modo di omaggiare il pubblico, ma al contrario cercare di dare tutto se stessi per coloro che pagano il biglietto.
You Oughta Know un pezzo rabbioso che a suo tempo aveva quasi spiazzato i suoi fan, è forse l’unico momento che ricorderò, che ha avuto una certa intensità. Forse perché appunto suona diverso dal resto, forse perché il testo è così graffiante che o lo si canta convinti o non funziona. E lei lo esegue molto convinta. Sarà che è una ferita ancora aperta? Le ferite del cuore non si rimarginano mai completamente, quindi chi lo sa..
Arrivano i bis. Hand in my pocket altro successo di tempo fa, e chiusura con Thank U. Ma a quel punto ero già lontano.

 
 
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