versione radiofonica integrale del piccolo capolavoro noir

ReadBabyRead #75 del 31 maggio 2012

William Somerset Maugham: "La lettera" - versione integrale - (4/4)

31 Maggio 2012

William Somerset Maugham

La lettera (parte 4 di 4)

versione radiofonica integrale


per info su Franco Ventimiglia e Claudio Tesser:

www.letturaealtricrimini.it


Voci: Donatella Ventimiglia e Franco Ventimiglia


Ai molti scrittori di noir dei giorni nostri andrebbe imposto di leggere un breve racconto di William Somerset Maugham, La lettera, che Adelphi ha mandato in libreria qualche anno fa: un’azione di grande semplicità, personaggi scolpiti con maestria, finale assolutamente noir. In poche pagine strepitose Maugham ci restituisce il ritratto di un ambiente che, appartenendo in ogni dettaglio all'inizio del secolo scorso (il racconto è stato scritto nel 1926) potrebbe parimenti essere il nostro. Difatti, ancora oggi, La lettera di Maugham, a oltre ottant'anni da quando nacque, resta un capolavoro, un perfetto gioiello di equilibrio narrativo.



Nella colonia inglese di Singapore, un caso giudiziario è sulla bocca di tutti: quello che vede coinvolta Leslie Crosbie, moglie di un importante proprietario terriero della zona, nell’omicidio, a colpi di revolver, di un altro possidente, Geoffrey Hammond, il quale avrebbe cercato di abusare di lei, in assenza del marito. All’apparenza si tratta di un caso di legittima difesa, tanto che l’avvocato della signora Crosbie, Mr. Joyce, è convinto che la giuria non avrà bisogno di prove particolari e di molto tempo per pronunciare un verdetto di assoluzione. Tuttavia, rimane dubbioso circa un elemento: perché la sua assistita ha scaricato il revolver addosso al suo aggressore, sparando addirittura quattro colpi a distanza ravvicinata? I dubbi si trasformano poi in certezze quando compare una lettera, scritta la notte dell’omicidio e indirizzata da Leslie a Geoffrey.



La scrittura di Maugham ha il dono di trasformarsi immediatamente in immagine, in luce, in tutte le declinazioni del bianco e nero, in tutte le luci e le ombre che il cinema, in particolare, ha saputo riflettere sulla sua opera. L’ambiguità e lo squallore morale, la decadenza sociale e culturale si ripercuote sul vivere quotidiano, sulle scelte che, consapevolmente o meno, indotte spesso dagli altri ci conducono a patti con il proprio io. In questa analisi dai toni oscuri dell’animo femminile, come è tipico di tutti i personaggi creati dallo scrittore britannico, non si salvano neppure gli uomini, deboli, mediocri, privi di personalità, vacui. Si lasciano condurre giù a fondo e ne restano distrutti, annientati. Ne viene fuori un ritratto apparentemente misogino della donna, ma il cinismo dell’opera getta fango su qualsiasi tipologia di esseri umani, neppure gli “schiavizzati” indigeni del luogo risultano possedere un’indole superiore, ma anzi sfruttano tutti quei mezzucci tipici della sopravvivenza. Le delineazioni dei caratteri ci riportano alle psicologie umane della tragedia greca, in realtà Leslie Crosbie è tanto universale quanto moderna, contemporanea. Le sue contraddizioni sono così forti, i suoi desideri così umani che è difficile poter anche solo pensare che sia collocabile solamente nel contesto della sua triste vicenda. La lettera è un’opera priva di ipocrisie intellettuali, facile, diretta, quasi rozza nella semplicità con la quale non risparmia niente e nessuno, eppure incapace di procrastinare giudizi, ma semplicemente fotografare fatti, luoghi, azioni di un mondo dalle strutture sociali che all’apparenza sembra defunto.



È un meccanismo semplice: la lettura diviene ben presto rapida, quasi vorace e così, inavvertitamente, si entra in un mondo tanto immaginifico quanto palpabile, odoroso, ora frastornato dal calore ora immerso nella mitologia della natura esotica.

Per restituire questa parola così intensa si è preferito, nella nostra lettura teatrale, improntata ad un minimalismo lieve, quasi in bianco e nero, mettere in scena il racconto invece che il testo teatrale scritto poco dopo.



La lettera si colloca nella produzione di William Somerset Maugham (1874 – 1965), grande scrittore e drammaturgo inglese del XX secolo, tra gli scritti di ambientazione esotica. Prevale in questi la tendenza a descrivere la vita delle colonie britanniche dell’Asia, nell'ultima fase dell'impero inglese. Tra i romanzi, vanno ricordati La luna e i sei soldi, ispirato alla vita del pittore Paul Gauguin, Il filo del rasoio, in cui il protagonista, un veterano americano della Prima Guerra Mondiale, lascia il suo paese per recarsi in India e trovare l’illuminazione, e Il velo dipinto (adattato recentemente per il cinema), storia di un medico inglese che decide di combattere il colera in una regione sperduta della Cina, per dimenticare il tradimento della moglie e riuscire a innamorarsi di nuovo di lei.



Tra i racconti, oltre a La lettera, bisogna far riferimento a Pioggia, che narra di un missionario e del suo tentativo di convertire una prostituta in un’isola del Pacifico. Tuttavia, mentre nei romanzi prevale una dimensione spirituale, tale da portare a concepire nell’Oriente un luogo nel quale trovare o ritrovare se stessi, nei racconti è evidente il pessimismo di Maugham, dove la tematica centrale è quella dell’isolamento degli inglesi in terra straniera e della loro progressiva alienazione.



La fama de La Lettera è soprattutto legata alla suggestiva versione cinematografica (1941) di William Wyler, che vide protagonista Bette Davis, cui però fu imposto, in ossequio a un discutibile moralismo, secondo il dettato del codice Hays di autocensura, un finale differente; ma il testo letterario La Lettera è altra cosa, il racconto si insinua nella vita di tre persone, consegnate a un oriente ancora misterioso, incomprensibile e incompreso, e riesce a farci percepire, con una facilità stupefacente, di quegli animi tormentati, ogni sfumatura, ogni piccola incrinatura”.

Nel maggio 2010 "Lettura e altri crimini" mette in scena, all’Auditorium Candiani di Mestre, lo spettacolo teatrale “La lettera” di W. Somerset Maugham con Franco Ventimiglia, Roberta Borghi, Santosh Dolimano, Luca Ventimiglia. I brani suonati in scena sono eseguiti da Luca Ventimiglia, il filmato è di Danilo Gaiotto, le luci di Fabio Cavolo, le foto di Akiko Miyake, la regia di Claudio Tesser e Franco Ventimiglia.

Claudio Tesser


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser


David Sylvian, Alchemy: An index of Possibilities (David Sylvian)
Orchestre Des Concerts De Paris (Jean-Marie Auberson, direttore - Pierre Fournier, violoncello), Il carnevale degli animali, Il Cigno (Camille Saint-Saëns)
Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, Roma (Tullio Serafin, direttore), Cavalleria rusticana, Intermezzo (Pietro Mascagni)
Chris Garneau, The leaving song (Chris Garneau)
Chris Garneau, ghost track da El Radio (Chris Garneau)
Joy Division, She's lost control (Joy Division)
David Sylvian, The department of dead letters (Fennesz/Parker/Sylvian/Tilbury)
Sigur Rós, Festival (Sigur Rós)
José Feliciano, Light my fire (Morrison/Manzarek/Krieger/Densmore)


 
 

Logo di articolo:

Bette Davis in una scena del film "Ombre malesi" (The letter) di William Wyler (1941).

 
 

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