Intervista ad Ascanio Celestini

Pro patria - Senza prigioni, senza processi

1 Marzo 2012

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Il Teatro Verdi di Padova, Venerdì 24 Febbraio, è gremito e lo sarà anche Sabato e Domenica per le tre date consecutive del nuovo spettacolo di Ascanio Celestini: “Pro Patria – Senza prigioni, senza processi”.

Sono cento minuti di una intensità indescrivibile. Un monologo in cui il frastuono della velocità oratoria di Ascanio, nei primi minuti, ha un effetto spiazzante. Poi le immagini si incasellano sulle parole e tutto comincia a filare. Bisogna rimanere concentrati, non c'è spazio per le distrazioni perché la trama narrativa è contorta e le tematiche affrontate sono pesanti.

Ascanio è solo sul palco, la scena è minimale e claustrofobica. Due metri per due, uno sgabello e pochi manifesti attacchinati sullo sfondo di un pannello.
Il sottotitolo dello spettacolo dice già tutto. E' la prigione ad essere piazzata al centro della narrazione, il succo del discorso che viene sviluppato attraverso cinque personaggi che si muovono nel tempo. La galera è una costante nei personaggi che hanno attraversato e fatto la Storia del nostro paese.
Ascanio Celestini, immaginando di preparare un discorso di difesa ad un processo, si rivolge ad un altro famoso “galeotto”: Mazzini. Le parole evocano e portano immediatamente a quella straordinaria avventura, durata un battito d'ali, che fu la Repubblica Romana del 3 Luglio 1849. Da qui si parte per raccontare quella che è a tutti gli effetti un'autobiografia della Repubblica Italiana.

Celestini è arrabbiato, poetico, favolistico.
Fatti reali rincorrono personaggi e situazioni immaginarie che, usando come perno un carcere che diventa “cuore dello Stato” e trasforma il paese in post penitenziario, narrano la storia di un'Italia che tenta di diventare unita. C'è Pisacane finito per la prima volta in carcere per questione di donne e ci sono i vari Orsini, Mazzini, Garibaldi che con il carcere hanno tutti avuto a che fare. Gli intellettuali devono stare in galera. Punto.

Si va oltre all'usuale concezione di un Risorgimento unitario. Perchè, secondo Celestini, i Risorgimenti sono tre: il primo è quello dei libri di storia del liceo, quello dell'Unità; il secondo è la Resistenza al nazifascismo; il terzo è il nostro tempo, in cui siamo sotto attacco, in un perenne stato di guerra, senza un nemico preciso, senza saperlo. Sono tutte storie di rivoluzioni, sono storie di ribellioni e di galera.

In maniera magistrale alla Storia si mescolano gli elementi attualissimi della condizione dei carceri in Italia: in Germania il rapporto carcerati/posti è di 92 a 100, mentre da noi è di 144 a 100. Qualcuno ha il coraggio di affrontare anche questo spread? Qualcuno ha il coraggio di dire che è disumano scrivere quella fantasiosa data di fine pena: giorno 99 del mese 99 dell'anno 9999?

Davanti a tutto questo e davanti ad un'Italia piccola fatta di battaglie intestine, violata e bastonata dagli innumerevoli poteri forti che hanno tentato di governarla, Celestini alza la voce per raccontarcene una che, pur nascondendo i trascorsi sanguinosi e crudeli, è desiderosa di affermare scenari diversi.

Intervista

 

Parte prima - Il discorso sulla controvertigine

Parte seconda - No Tav e Val di Susa

Parte terza - La petizione di Melting Pot per il titolo di soggiorno

 
 

Links utili:
www.ascaniocelestini.it

 
 
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