Se evocazione dev’essere sia, ma con trionfante serendipità

Ronin - Fenice

Tannen, 2012

27 Febbraio 2012

Per quanto ribelli possiamo essere in gioventù, saremo destinati a morire tutti democristiani. O forse no. Bruno Dorella, ad esempio.
Nemmeno quarant’anni e già un curriculum specialistico così folto e vasto da non poterci veramente credere. Proprietario dell’appena defunta Bar La Muerte, allora batterista dei Wolfango, poi batterista nei Bachi Da Pietra – pausa, un respiro – ancora alla batteria (alla violenza giustificata sui tom, meglio dire) negli OvO, collaboratore del progetto Legno.
E poi i Ronin, dove non s’intravvede la sua imponente stazza dietro le pelli solo perché, in concomitanza, è stato recentemente ingaggiato un altro signore come Paolo Mongardi (Il Genio, Jennifer Gentle, Zeus!).
Niente paura, Bruno coccola una chitarra. L’altra chitarra è in mano a Nicola Ratti. In silenzio, con eleganza, tra bagliori di rosso vermiglio, “Fenice” rispetta il carattere dei suoi padroni: se evocazione dev’essere sia, ma con trionfante serendipità.

Difficilmente, molto difficilmente si può giudicare il valore di un disco dal peso specifico degli ospiti in esso contenuto. Questo è uno di quei rari casi. Punto primo. Non definirei vip Umberto Dorella che, come il cognome insegna, di Bruno è padre, ma certo la solenne apertura per organetto elettrico che dà il via all’epitaffio immobilistico di It Was A Very Good Year – voce lamentosa di Emma Tricca, testo di Ervin Drake – è da manuale.
Nicola Manzan aka Bologna Violenta, superstar per davvero e pure con gli attributi, regala preziose stille di tetro espressionismo cinematografico con un sontuoso, palpitante arrangiamento d’archi in coda alla title-track, malinconico post rock d’altri tempi.
Enrico Gabrielli, per il quale le parole onestamente non servono più, mette a disposizione una raggiera terrificante di fiati nella danza esotica di Conjure Men e stritola con furia iconoclasta il piano distonico del boogie-surf di Jambiya (il sottotitolo lo mettiamo noi: per un pugno di scheletri).

Il resto lo aggiungono i Ronin, e che aggiunte. Mentre in sottofondo continuano a discutere sul fatto di rock strumentale nel 2012 sì-rock strumentale nel 2012 no, resta un dato oggettivo: “Fenice” trabocca di invenzioni felicissime e canzoni, molto semplicemente, belle.

Punto secondo. Lo sbarazzino swing di Gentlemen Only si annulla nella staticità di Selce, lentissimo fluire chitarristico dall’impalcatura granitica, e trova la quadratura del cerchio in Benevento, che assale montante e si ritira nella fissità della canicola jodorowskiana. Con il jolly nell’orlo della manica, quando l’iniziale Spade trafigge l’ascoltatore con immane forza evocativa e le chitarre di Dorella e Ratti si fronteggiano in un pigro testa a testa slow-core, dove l’armonia è completata dalla dissonanza e la lotta produce un dolcissimo scartavetramento.

Bruno, un consiglio spassionato: l’Italia musicale non ti merita.

 
 

Artista: Ronin
Album: Fenice
Etichetta: Tannen
Anno: 2012

Tracklist:
01. Spade
02. Benevento
03. Selce
04. Jambiya
05. Fenice
06. It Was A Very Good Year
07. Gentlemen Only
08. Nord
09. Conjure Men

Links utili:
www.ronintheband.com
www.myspace.com/ronintheband

 
 
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