Cesare, Bruto & Cassio

"Mi interessava osservare il comportamento degli esseri umani di fronte a questioni etiche". George Clooney

9 Gennaio 2012

di Marco Rigamo

Vale chiedersi perché all'inizio della sua ultima regia Le idi di marzo George Clooney faccia dire al governatore democratico Mike Morris, da lui stesso interpretato, mentre si sta giocando le primarie in Ohio contro un avversario schierato più a destra, una frase come “non sono ne ateo ne cristiano, l'unica religione in cui credo è la Costituzione degli Stati Uniti d'America”. Nessun uomo politico  uscirebbe con un'affermazione del genere in piena campagna elettorale, soprattutto in un Paese dove nessun uomo politico può permettersi di dirsi laico. Forse questo esclude categoricamente ogni possibile accostamento a personaggi reali: è solo un film. E non è un film politico, ebbe a precisare Clooney in conferenza stampa a Venezia, anche se forse intendeva che non è un film schierato politicamente. In realtà la frase l'abbiamo già sentita in apertura, con tutt'altro tono ed enfasi, durante una prova microfoni prima di un incontro pubblico dal giovane, ambizioso, idealista, rampante Stephen Myers, prima di far alzare con un pretesto lo scranno da cui parlerà il suo capo, perché “questo farà sembrare il suo avversario uno Hobbit”. Un'asserzione perentoria confezionata su misura e un colpo basso subito, dopo nemmeno cinque minuti di film. Perché così stanno le cose. Nella realtà della politica, non solo degli Stati Uniti. Non è questione di truccare la partita: non ci sono regole, non c'è esclusione di colpi, l'etica non esiste. La lealtà perde. Lo sappiamo bene tutti.

Il punto di forza di questo lavoro tratto da un dramma di Beau Willmond sta qui: lo sappiamo, ma ogni tanto è opportuno ricordarcelo. Per farlo Clooney sceglie il passo antico di Shakespeare, iniziando dal titolo. Ma non è una congiura quella cui assistiamo, è un thriller che affronta scelte di moralità in un contesto in cui è la moralità stessa a non avere diritto di cittadinanza. E' un intrecciarsi di relazioni occulte in cui nessuno è ciò che sembra, snodato in una confezione solo apparentemente convenzionale, senza scarti o impennate, seguendo le vecchie regole della drammaturgia. Svelando per successive approssimazioni le effettive personalità dei personaggi, calibrandone con attenzione i tempi e  i toni potendo contare su interpreti in grandissima forma: i due giovani Gosling e Wood, i più collaudati Hoffman e Giamatti, menzione speciale per Tomei. Addetti stampa scafati e giornaliste spietate, squadre di giovani idealisti volontari e stagiste al primo gradino della scalata, strategie della comunicazione e veline consapevolmente false, mogli perfette e scheletri nell'armadio, ideali e compromessi, dette cose di sinistra e voti comprati a destra. La competizione è un' arena da combattimento, i comportamenti comuni. Questo è il sistema.

Il titolo ci ricorda che la politica è uguale da sempre. In questa reiterazione si colloca il bivio cui approda il protagonista: il corto circuito tra idealismo e ambizione. Il suo percorso di formazione  vira decisamente in un passaggio chiave delle primarie del partito democratico, di Obama, del regista attore produttore (Di Caprio è tra i produttori esecutivi). Il luogo dove chi vince diventa con ogni probabilità presidente per quattro, otto anni. Le rese dei conti non avvengono al cospetto di quelli che saranno chiamati a votare: “se non sono all'altezza non votatemi”. Si svolgono nelle cabine telefoniche, in anonime camere d'albergo, in livide cucine sotterranee, sulle panchine di un parco. Distruggono vite e ne cambiano altre, anche se c'è chi da sconfitto guadagnerà comunque un milione di dollari l'anno. La componente noir funziona alla perfezione, il taglio asciutto non sottrae nulla a tensione e concentrazione, niente pleonasmi, niente tempi morti, nessuna indulgenza per l'iconografia. Solido e compatto il film lascia sullo sfondo il mitico sorriso dell'autore davanti alla macchina del caffè, non cerca pezzi di bravura e scene madri proponendo una lezione di cinema che mette a massimo valore i suoi fondamentali. Trasparenza, linearità, regolarità di passo, limpidezza di stile possono ancora veicolare un messaggio forte ed evidente. Forse non è un film politico, ma la sceneggiatura era già pronta all'epoca della vittoria di Obama nel 2008 e Clooney racconta che in quel momento uscire con un film cinico sulla politica sembrava fuori luogo tali erano la speranza e l'ottimismo, salvo un anno dopo tornare cinici e ritrovare la voglia di farlo. Chiaro.  

 
 
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