Peter Hook si presenta all’Estragon di Bologna

Peter Hook Live Report

Estragon, Bologna - 9 Dicembre 2011

13 Dicembre 2011

E’ il 1977, l' anno che ricorda uno degli eventi più importanti della storia della musica rock: la nascita del punk. Mentre i Sex Pistols giravano l’Inghilterra con la loro musica, nella contea di Great Manchester tre ragazzini appena diplomati, Bernard Sumner, Terry Mason e Peter Hook facevano sentire la loro voce, attraverso quella di Ian Curtis,carismatico poeta e cantante che esordì proprio l’ anno precedente a un concerto dei Sex Pistols, con il nome di Warsaw (da una canzone di David Bowie). Nel ’78 la band cambiò il nome in Joy Division, nel ’79 venne pubblicato il loro primo disco (Unknow Plaesure), nell’80 il loro secondo e ultimo (Closer), fino al suicidio del giovane cantante che concluse la tragica avventura del gruppo inglese.
Poi il buio.
Così, Peter Hook si presenta all’Estragon di Bologna, con un video proiettato su un’ enorme schermo, che racconta la storia della band, la sua storia, del paese in cui è cresciuto e di chi, con lui, ha costruito la sua eredità.
E' tardissimo, sono quasi le undici e il live non è ancora iniziato. La sala, intanto, straripa di giovani e vecchi fans quarantenni che per gioco o per nostalgia vogliono tornare per un’ora ad essere ventenni.

Quando l’atteso bassista, ora anche cantante della sua nuova band, fa il suo ingresso sul palco è un’esplosione. Indossa la maglia dei Joy Division, un po’ stretta sulla vita, ma sembra essere a proprio agio sul palco e saluta con un po’ di diffidenza la folla. La gente urla più forte che può per salutarlo.
I primi pezzi sono piacevoli: Dead souls e These days sono eseguiti con il giusto tono. Poi Isolation, Passover, Colony, Eternal, Decades e quasi tutto il resto della discografia viene suonato nel giro di un’ora.
La band di supporto a Peter è eccezionale: il chitarrista improvvisa dei giri di chitarra utilizzando una bottiglietta di birra, mentre il batterista cambia rulli e bacchette quasi per ogni pezzo, quasi per ogni ritmo. Peter Hook pare uno zio che gioca a fare la rockstar davanti ai suoi nipoti e la folla sembra apprezzare e condividere la volontà di chi, come lui, pensa che sia ancora importante credere in qualcosa.
Fa addirittura tre encore scatenandosi sempre di più con No Love Lost, Disorder, She’s lost control e quando è il momento del ventitreesimo pezzo, il più atteso, il più conosciuto, Love Will Tear Us Apart Again, Peter ne approfitta per dedicare la canzone a un bambino, che sta appoggiato alle transenne poco distante da lui. Probabilmente è accompagnato dalla madre, una qualsiasi fan che quando sentì per la prima volta i Joy Division, ancora in crisi adolescenziale e  già devota al punk, si riprometteva che non avrebbe mai avuto figli. Forse lo è ancora un po’ bambino, Peter (Pan che non s’ arrende a Capitan) Hook!

Quando Ian Curtis s’uccise i Joy Division morirono con lui. Dalle ceneri nacquero i New Order, costituiti dalla vecchia e originaria formazione dei tre compagni inglesi. Ma la vita volle, o meglio, i New Order vollero, che per il tour di quest’anno il bassista non fosse Peter Hook. “Fuck, Bastards!” : il bassista, ormai solista, introduce così l’ ultima canzone, Ceremony, che non a caso, fu una delle ultime scritte dai Joy Division e il pezzo d’ esordio dei New Order.
Molti fan potrebbero aver odiato questo live e le performance che Peter Hook si propone di fare.
I Joy Division sono morti con Ian Curtis, sono morti con il punk e con il rock ed è ridicolo imitare qualsiasi cosa ci somigli, ma non può forse essere un ricordo un altro buon motivo per  fare musica? Non c’ è forse la stessa voglia di raccontare di un tempo, non c’ è la stessa voglia di arrabbiarsi e denunciare una malattia di cui siamo vittima e forse non lo sappiamo? Ma quale malattia? La diffidenza? L’ indifferenza? Quale volto ha oggi l’alternativa?
Io non ho la risposta ma forse, se ci fosse qualche quarantenne in più ad urlare, si farebbe la rivoluzione!

 
 

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